2.

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2. Quella parte era stata imbarazzante. Si era tirata su slip e collant, giù la gonna. Aveva cercato di riassestare tutto. Aveva la fica fradicia, semplicemente. Era scomodo, non si sentiva a posto. Wright tornò alla sua scrivania, tranquillo come se non fosse successo niente. Candace si chiese che cosa provasse, ma non trovò una risposta. Non si avvicinò nemmeno a una risposta. Che cos’era lei, per lui? Probabilmente era come una tazza di tè o una bottiglietta di acqua minerale. Qualcosa che gli veniva portato se lo chiedeva. Uscì dall’ufficio senza dire una parola, senza salutare. Non ci sarebbe riuscita per tutto l’oro del mondo. Ora che tutto era finito, si vergognava da morire. Aveva lasciato che il suo capo le dicesse tranquillamente “mettiti sul divano, a quattro zampe” e la infiocinasse. Così. Come una prostituta. Anzi, veramente no. Una prostituta si sarebbe fatta pagare. E avrebbe fatto qualcosa. Lei era stata... una sega. Una sega un po’ elaborata, tutto qua. Mentre tornava a casa in metro continuò a pensarci. Come diavolo le era venuto in mente? Be’, era curiosa, certo. E poi, in tutta onestà, non era stato sgradevole. A livello fisico era stato piacevole. Come... be’, più o meno come un ditalino. Un ditalino un po’ elaborato e senza orgasmo, diciamo. La faccenda dell’orgasmo, in realtà, un po’ le scocciava. Del resto no, doveva ammetterlo. Una volta passata la vergogna, e accantonando l’idea che comunque non fosse un comportamento professionalmente ineccepibile da parte di Wright, l’atto in sé era stato gradevole. Cristo, era ancora tutta bagnata. Tornò nel suo appartamento da single a Dulwich, si stese sul letto, si abbassò di nuovo collant e slip e finì il lavoro. Si chiese se sarebbe successo di nuovo o se fosse stata una fantasia di una volta, per Wright. Poi rifletté su quello che aveva appena pensato e si chiese se avrebbe voluto che non fosse un’esperienza isolata. Non lo sapeva. Se glielo avesse chiesto di nuovo, non sapeva che cosa avrebbe risposto. Per qualche motivo gli aveva creduto, quando le aveva detto che un suo rifiuto non avrebbe comportato alcun rischio a livello lavorativo. Non perché pensasse che Wright fosse un capo “sempre così gentile” come quell’imbecille della Stout, ma perché capiva che per lui davvero portarsela a letto era come farsi servire un tè. Se non te lo portano non è poi così grave, puoi sempre farti portare un caffè. Ci pensò un po’. Non si sentiva male, ora. Non le sembrava di aver fatto chissà quale porcheria. L’unica cosa che le scocciava era non essere venuta. Pensò che se mai fosse successo di nuovo avrebbe insistito per venire. In ogni caso non successe proprio niente. Non il giorno dopo, né quelli seguenti. Alla mattina Wright entrava senza salutare nessuno a parte Mrs. Stout, alla sera usciva senza degnarle di uno sguardo. Candace rispondeva al telefono e accompagnava gli ospiti in una delle sale d’attesa. Rispondeva alle lettere, inoltrava le email. Più o meno quindici giorni dopo vide la famosa figlia, Sandra. Era una bella ragazzina con i capelli lucidi e castani, un po’ troppo magra, aristocraticamente pallida, ma con un sorriso accattivante. Doveva avere una quindicina d’anni. Entrò nell’atrio con addosso la divisa scolastica di qualche istituto privato: pullover blu e gonna a pieghe scozzese. Al contrario del padre, salutò allegramente tutte le segretarie. «Ehi, tu sei nuova, è vero?» disse, inquadrandola. Candace annuì. «Sì, signorina. Sono qua da meno di quattro mesi». L’altra rise. Una bella risata di pancia, contagiosa. «Noo... chiamami Sandra, non signorina. Mio papà c’è?» Candace annuì di nuovo, con un lieve sorriso. «È in ufficio, sign- Sandra». Sandra saltellò via, spensierata come solo gli adolescenti. Candace si chiese come Wright fosse riuscito a produrre una creatura come quella, aggraziata e dagli occhi ridenti, lui che parlava appena e aveva lo sguardo di un alligatore. Anche se poco dopo, quando uscì con la ragazzina, che lo teneva a braccetto e rideva, lo sguardo da alligatore non lo aveva più. Ma fu una visione fuggevole. Al suo ritorno occhi imperscrutabili e mascella contratta erano di nuovo al loro posto. E c’era un’altra donna, nella vita di Wright, Candace lo scoprì pochi giorni più tardi. Una bionda molto alta, molto magra, molto elegante e piuttosto bella. Il tipo di bellezza che deriva dalle migliori estetiste e dai migliori vestiti, certo, una bellezza patinata, da modella di intimo. Arrivò in ufficio subito prima della pausa pranzo. Candace la andò ad accogliere e si accorse subito che avrebbe dovuto sapere chi era e che Mrs. Stout aveva commesso un errore a non dirglielo. O forse l’aveva fatto apposta, per mettere in imbarazzo la bionda per interposta persona. «Buongiorno» salutò Candace, senza aggiungere altro. Ma sorrise in modo disponibile. La bionda la guardò da capo a piedi con un’espressione tra l’ostile e lo sprezzante. «Russ c’è?» «Sì, signora, la accompagno subito» rispose lei. Il suo intuito aveva avuto ragione. Precedette la bionda fino alla seconda sala d’attesa, dove intercettò lo sguardo di Mrs. Stout. «Oh, signorina Merrit. Entri pure, il signor Wright la attende» flautò la segretaria personale. In cambio ricevette anche lei un’espressione tra l’ostile e lo sprezzante. Candace aspettò che fosse entrata per inarcare un sopracciglio nei confronti di Mrs. Stout. «Lo ammetto, mi ero dimenticata di lei» sospirò la segretaria personale. «Quella è Harri Merritt, la... bah. La ragazza del signor Wright, diciamo». Candace sorrise. «Ha qualcosa che non va?» Mrs. Stout scosse appena le spalle. «No. Oh, no, non direi. A parte essere una puttanella arrivista e volgare non ha proprio niente di sbagliato». Più tardi fu Astrid a spiegarle che Miss Merritt lavorava in un ufficio di public relations e che tutti pensavano che fosse una raccomandata, visto che il padre aveva un’azienda di calzature. Candace si guardò le scarpe e pensò che avrebbe proprio voluto essere la figlia di uno con un’azienda di calzature. Più tardi li vide uscire insieme, piuttosto eleganti tutti e due (chissà dove andavano). Lei rideva e civettava, lui aveva il suo solito sguardo da alligatore e sorrideva solo con la bocca. In poche parole non successe più niente. Candace si convinse che fosse stata una specie di una-tantum. Chissà, forse dipendeva soltanto dal fatto che era quella nuova. Forse l’aveva fatto anche con tutte le altre, ripensandoci. Era possibile. Quel genere di posizione ti portava a essere come un re nel tuo castello. Niente di strano se Wright avesse avuto anche una sorta di ius primae noctis. Candace continuò a rispondere al telefono eccetera. Alle riunioni di programmazione era invisibile come al solito e solo un paio di volte Wright le chiese un tè alla menta. Candace aveva comprato una confezione, quindi non fu un problema. Finché una sera, quasi all’ora di chiusura, Mrs. Stout non venne da lei con l’espressione agitata che aveva sempre quando Wright le faceva una richiesta che lei non riusciva a soddisfare immediatamente. «Vuole una tisana allo zenzero» le disse, in un sussurro. «Non ce l’abbiamo». «Be’, no» ammise Candace. «Lo sa anche lui. Ha detto che tu avresti saputo dove procurargliela». Candace sospirò. «Deve avermi presa per un’esperta di tisane. Senta, gli dica che esco subito, ma che non è vero che so dove procurargliela, quindi potrei metterci un po’ di tempo. Dato l’orario...» Mrs. Stout tornò poco dopo. «Dice che ti aspetterà per un po’, poi, se si fa troppo tardi, se ne va. Dai, sbrigati!» Candace si sbrigò. Indossò il cappottino primaverile e si scapicollò fuori sulle sue decolté tacco dieci senza plateau. Cercò con il cellulare un’erboristeria sufficientemente vicina, ma quella era la City, le erboristerie non erano a tutti gli angoli. Dovette prendere un autobus per tre fermate. Tra andata e ritorno, salì di nuovo in ufficio quasi alle cinque e venti. Non c’era nessuno e le luci erano smorzate. O meglio, c’era Wright ed era seduto sulla scrivania di Candace. In fondo un po’ se lo aspettava. La richiesta bizzarra in tarda ora? Le ricordava qualcosa. In ogni caso decise di fare finta di niente. «Alla fine l’ho trovato, signore. Vuole che le prepari la tisana?» chiese, con uno dei suoi soliti sorrisi disponibili. Wright fece segno di no con la testa. «Vorrei che si togliesse il cappotto e si piegasse sulla sua scrivania. Subito, se non le dispiace, signorina Temple». Candace sentì un brivido caldo scivolare giù, verso il basso. «Molto bene» mormorò, compita e professionale, sfilandosi il cappotto e appendendolo all’appendiabiti. Wright scese dalla scrivania e lei appoggiò i gomiti sul ripiano, piegandosi a novanta gradi e inarcando una schiena. «Solo una cosa» aggiunse. «Sì?» fece lui, alle sue spalle. «Questa volta mi aspetti, se per lei non è un problema». Wright le tirò su la gonna. «Non è un problema, si figuri». Questa volta Candace sentì una nota divertita nella sua voce. Le mani di lui le abbassarono collant e slip subito sotto al sedere. Lei allargò leggermente le cosce. Si aspettava che la palpasse come la volta precedente, ma Wright andò al sodo subito. Forse era affamato. Forse non lo faceva da un po’. Candace sentì lo strappo della bustina del preservativo, il rumore del preservativo stesso che veniva srotolato e poi... lui. Le posò la punta sull’apertura della fica e premette. Candace era già piuttosto umida. Era anche già piuttosto eccitata. Anche se era una specie di luogo comune diventato reale, era comunque arrapante. Farsi sbattere sulla scrivania, okay... Lui la infilzò fino in fondo, facendole emettere un piccolo gemito simile a un singhiozzo. La afferrò tra fianchi e cosce e iniziò a stantuffarle dentro. Candace spostò una delle mani per toccarsi mentre lui continuava. Il respiro di Wright si era fatto ansante. Le sue mani la stringevano forte. E la allargava tutta, con quell’attrezzo di dimensioni medio-grandi che si ritrovava. Capì che avrebbe fatto bene a sbrigarsi. D’altronde chiedere a una donna di mettersi al proprio servizio e poi scoparla senza una parola doveva essere piuttosto eccitante. Si strinse il clitoride tra indice e pollice. Era eretto e tutto scivoloso. Le mandava lampi di piacere fino alla fichetta, che Wright stava trapanando con notevole impegno, e fino al buco del culo, che pulsava lievemente. L’orgasmo le montò dentro in modo naturale e veloce. Si contrasse tutta ed emise una sorta di gemito lungo ed eccitato, di puro godimento. Aveva i seni doloranti dal piacere. Sobbalzò, stringendolo ancora più forte. Stava giusto finendo quando anche lui cambiò ritmo. Le sue spinte si fecero più rade e più profonde e dalla sua gola venne una specie di grugnito roco. Dopo essere venuto le restò dentro ancora un attimo, ancora passabilmente duro. «Ha finito, vero?» chiese. «Sì, signore» rispose lei, con il respiro ancora troppo veloce. Wright si sfilò. Si liberò del preservativo, si riallacciò e tornò verso il suo ufficio. Senza un’altra parola. Continuò così per un altro anno e mezzo. Candace compì trent’anni e si comprò delle nuove scarpe. Sua madre le chiese se non avesse ancora trovato un ragazzo a Londra, lei le rispose di no. Non era del tutto vero. Candace aveva un gruppo di amici. Uscivano, per lo più andavano al pub. Ogni tanto una scopata ci scappava, anche perché era una bella ragazza: trovare qualcuno non era difficile. Ma non aveva ancora trovato una persona con cui condividere un progetto più ampio. Forse era arida. Forse quello che stava cercando non esisteva nemmeno. E poi c’era Wright. Quando proprio Candace attraversava un periodo di magra si diceva che c’era pur sempre lui, che la scopava una volta ogni tanto, sempre di spalle, sempre senza toccarla quasi. Ma aspettava coscienziosamente che venisse e a Candace stava bene così. Era pur sempre qualcosa. Succedeva più o meno una volta al mese, forse anche meno spesso. E dopo non si scambiavano mai più di una o due parole. Cortesi e distaccati. «Grazie per l’amplesso, signorina Temple». «Di niente, signor Wright». Non che avessero mai avuto un dialogo del genere, ma il succo era quello. In quel periodo di tempo Astrid adottò un bambino e andò in maternità, Cora aprì una cartoleria. Curiosa scelta, conoscendo il tipo, ma contenta lei... Arrivarono due nuove ragazze, Grace e Maggie. Entrambe giovani e belle, una più estroversa, l’altra più timida. Grace, poi, era proprio una bellezza, così Candace si preparò a sentire Wright farle qualche richiesta insolita. Ma non avvenne nulla del genere. Candace passò a occuparsi dell’organizzazione delle riunioni e degli appuntamenti. Wright continuò a sbatterla una volta ogni tanto, tutto vestito e senza quasi toccarla. In un certo senso, Candace l’aveva ormai capito, l’avrebbe considerato maleducato. Poi, quando ormai lavorava alla Campbell Optimum da quasi due anni, Wright la convocò nel suo ufficio. Erano più o meno le tre del pomeriggio e fuori dalle vetrate la pioggia cadeva fitta. Wright era seduto dietro alla sua scrivania, con uno dei suoi completi eleganti e i capelli spuntati da poco. Lo sguardo era sempre quello di un alligatore albino, ma la mascella non era contratta. «Prego, si accomodi» le disse, indicandole la sedia davanti alla scrivania. Candace si sedette e accavallò le gambe. Non in modo provocante, le accavallò e basta, ma Wright seguì comunque il movimento con lo sguardo. «Forse saprà che Mrs. Stout ha deciso di andare in pensione» continuò, una volta che lei fu seduta. «Non ha ancora l’età, ma sua figlia ha avuto un bambino e le serve il suo aiuto. In teoria, per anzianità dovrei sostituirla con Mrs. Calvert» ossia Pam «ma Mrs. Stout e io siamo concordi nel ritenere che il suo profilo non sia il più adatto. Inoltre Mrs. Calvert stessa non sembra entusiasta della prospettiva». Candace sgranò gli occhi, ma non disse niente. Stava per offrirle il posto della Stout? «Ora, come sa la posizione di segretaria personale è impegnativa. Sono due ore di lavoro in più ogni giorno, come minimo. C’è anche un aumento di salario, è ovvio, ma suppongo che dovrà valutare i pro e i contro con calma». «Cioè...» fece Candace, giusto per andare sul sicuro. Wright annuì. «È naturale. Lei è di poco più giovane di Mrs. Calvert – lavorativamente parlando, intendo – ma Mrs. Stout e io crediamo che sia la candidata più ovvia. Come sa ogni giorno ricevo le... pressioni di diverse persone. La mia segretaria deve essere decisa, se necessario anche respingente, senza mai diventare sgradevole o maleducata. Sono sicuro che lei se la caverebbe benissimo». Il sorriso di Candace si allargò. «Spero proprio di sì, signore!» Sorrise anche lui. Un sorriso distaccato, ma non privo di un certo calore. «Molto bene. Le serve qualche giorno per pensarci?» «No. No, non ne ho bisogno, signor Wright». Il sorriso di lui si allargò. «Molto bene» ripeté, alzandosi. Si alzò anche Candace. Lui la accompagnò verso la porta posandole una mano sulla schiena. «In questo caso da domani potrà affiancare Mrs. Stout, in modo da familiarizzare con il suo nuovo incarico». Candace deglutì. La mano di lui la sfiorava appena. Ed era in alto, più o meno in mezzo alla schiena, nel posto meno erotico che ci sia. Eppure... rabbrividì, scrollandoselo di dosso. «Oh, mi scusi, non...» borbottò Wright. Candace gli lanciò uno sguardo piuttosto disperato. «Mi dispiace. È stato...» «Non è necessario che me lo spieghi» la interruppe lui, in tono piuttosto freddo. «Sì invece, visto che mi ha appena offerto un posto da segretaria personale. Non sono abituata a venire toccata da lei. Se lo fa... ehm... come dire?» Wright inclinò la testa da un lato, perplesso. «Come dire?» ripeté. Era in alto mare e Candace sospirò. «Lo trovo molto piacevole, signore. Un po’ troppo piacevole, durante un colloquio come questo». Lui sbatté le palpebre. «Davvero?» Candace annuì, poi guardò a terra. «Farò in modo che non influisca con il lavoro» assicurò. «Non l’avrei detta un tipo che si fa coinvolgere». Lei emise una risata un po’ amara. «Che bello, se n’è accorto anche lei. No, non mi faccio coinvolgere, da quel punto di vista può stare tranquillo. È una cosa... fisica». Per un istante Wright sembrò tentennare. Era piuttosto strano, perché in genere il CRO non tentennava, al massimo fingeva di tentennare per educazione. Ma in quel momento tentennò sul serio. «Vorrei metterglielo in bocca, signorina Temple» disse, alla fine. Quella frase volgare si mescolò con la formalità un po’ distaccata di lui in modo sorprendente. Sembrò più forte di quanto non sarebbe sembrata nella maggior parte dei contesti. Più sconcia. Più carica di sesso. Candace annuì una volta, seccamente, e deglutì. Sì, anche lei aveva voglia di prenderglielo in bocca. E poi di farsi scopare forte, con le mani addosso, i denti a mordersi, le lingue a leccarsi. Wright tornò alla scrivania e si sedette. Candace si inginocchiò tra le sue gambe, docile e tranquilla, ma anche vigile. «Faccia lei, Temple» disse lui, guardandola. Candace ci rifletté per un paio di secondi. Poi gli slacciò il bottone dei pantaloni grigi e lucenti e tirò giù la zip. Ne intuì la forma, a quel punto. Era già duro e si capiva. Glielo tirò delicatamente fuori dai boxer. Era la prima volta che lo vedeva, anche se negli ultimi due anni l’aveva sentito a più riprese. Era come lo immaginava: scuro e ben proporzionato, con le vene in rilievo e una peluria castana alla base e sui testicoli. Iniziò leccando quelli. Mentre lo faceva, ne annusò l’odore. Era un buon odore, pulito e virile nello stesso tempo. Strofinò una guancia sull’asta, sospirando, e Wright ansimò leggermente. Poi ansimò ancora quando lei iniziò a leccarlo su tutti i lati. Era duro, la pelle era tesa. Candace chiuse la bocca attorno alla punta, lo riempì di saliva e gli abbassò il prepuzio usando le labbra. Wright fece “ah” a bassa voce. Alzò una mano fin sopra alla testa di Candace, ma poi la riabbassò. «Può farlo, se vuole» disse lei, mentre continuava a leccarlo. Wright le posò una mano sulla testa. Poi anche l’altra. La guidò sul proprio uccello, facendogliene ingoiare quanto riusciva. Candace lo succhiò e lo leccò. Lo sentì diventare sempre più duro. Iniziò ad aiutarsi con una mano e Wright emise un altro “ah”, questa volta più profondo. Ormai era sul punto di esplodere, Candace lo sapeva benissimo. Succhiarglielo l’aveva fatta bagnare e avrebbe voluto massaggiarsi i capezzoli da sola per quanto si erano induriti. Mentre lo leccava ansimava ed emetteva piccoli suoni vogliosi. Wright non durò ancora molto. A un certo punto lasciò la sua testa e le circondò la mano con la mano, dandole il ritmo. Lei lo leccò e se lo strofinò in faccia, per poi riprendere a succhiarlo mentre veniva. Il suo sperma sul palato. Il suo sapore. Un altro getto e poi un altro. Candace deglutì e ripulì tutto con la lingua. Piano-piano. Lo tenne in bocca finché non ritornò morbido, poi scostò la testa. Guardò Wright in viso. Lui la guardò a sua volta, gli occhi ancora velati. Le posò due dita sulla bocca e lei le leccò. Era ancora eccitata. Wright la lasciò fare. «Quando sto venendo, solo in quel momento, penso a lei come Candy» mormorò. Lei continuò a leccargli le dita. «Lo so, è banale. Immagino che sia insoddisfatta». Lei annuì. Wright allontanò la mano. «Più tardi. Adesso vada». Socchiuse gli occhi. «Il suo rossetto è stupefacente». Candace si rialzò e si spianò la gonna con le mani. «È solo no-transfer» rise.
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