10 | Alaska

1009 Words
Stringo le mani sul volante, mentre i finestrini aperti dell'auto permettono al vento di scuotermi i capelli e di farmi sentire una diva di Hollywood. Io e Maeve ci stiamo dirigendo verso il ristorante in cui ci incontreremo con i fratelli Escobar, Alejandro e Miguel, e nel frattempo stiamo improvvisando un concerto, cercando di stemperare la tensione. Gimme! Gimme! Gimme! è a tutto volume mentre noi urliamo credendo di essere brave. «Riuscirai a essere il più disinvolta possibile al pranzo di oggi?» Maeve ha abbassato il volume della musica così da poter parlare. Le scocco un'occhiata veloce, per poi tornare a concentrarmi sulla strada. «Ma sì, ovvio, stiamo solo andando a mangiare con i discendenti di Pablito, che probabilmente ci vogliono morte. Cosa sarà mai.» La mia risata isterica esprime il mio reale stato d'animo. Maeve si fa seria. «Alaska, ho ansia anch'io. Cavolo, io stessa sono l'ansia. Ma ricordiamoci che non siamo sotto copertura. Questo è il nostro mondo, noi stesse siamo criminali. Tecnicamente sono nostri amici, quindi mangeremo tacos e chiacchiereremo come se nulla fosse, sperando che si lascino sfuggire qualcosa.» Annuisco, senza dire nulla. «Andrà tutto bene.» Sentire Maeve che mi rassicura è strano. «Tanto il testamento l'abbiamo già fatto, quindi non c'è bisogno di temere la morte.» Scoppio a ridere, apprezzando la sua pessima battuta. Maeve è così: non è la persona migliore da cui farsi consolare se si desidera un abbraccio, ma è la persona giusta con cui staccare la spina per un po'. Non è una persona da "ti voglio bene", ma è più quel tipo di persona da "ti insulto fino a risultare esasperante perché è il mio modo di dimostrare che ci tengo". Arriviamo al parcheggio del posto in cui ci incontriamo sempre, ovvero Taqueria Los Cocuyos, uno dei migliori posti in cui mangiare tacos in Città del Messico. Quando scendiamo dall'auto noto che Alejandro e Miguel sono già arrivati. Sono appoggiati alla loro auto e stanno confabulando tra loro. «¡Hola!» Maeve rispolvera lo spagnolo solo quando veniamo qua. In realtà si limita a frasi sporadiche, perché non si ricorda molto. Alejandro apre le braccia, accogliendoci. «Ecco le americane!» Maeve sorride di sbieco, apparentemente tranquilla. Nonostante sia una persona ansiosa, nel tempo ha imparato bene a dissimulare. «Alejandro. Com'è che ti sei rasato i capelli e te li sei tinti di biondo? Vuoi iniziare una carriera da rapper?» Miguel scoppia a ridere, mentre suo fratello gli scocca un'occhiataccia. «Davvero simpatica.» Alejandro incrocia le braccia davanti al petto. Nel frattempo Miguel mi si avvicina per abbracciarmi. È sempre stato il fratello tranquillo, per quanto possa essere tranquillo un narcotrafficante, ed era questo che mi aveva conquistata quando l'avevo conosciuto durante la vacanza in Messico che avevamo fatto io e Maeve. Poi ciò che è successo dopo è storia. «Come va, missita.» Alzo gli occhi al cielo, staccandomi da lui. «Ancora con questo soprannome? Voi messicani non riuscite proprio a non usare nomignoli.» «Senti, tu non sai parlare lo spagnolo a parte parole sporadiche. Da queste parti si usa missita per le ragazze che non parlano la nostra lingua. È come usare miss ma spagnolizzato.» Poi Miguel passa ad abbracciare Maeve. «Sei tornata rossa!» «Eh già. Mi mancava.» Maeve ricambia velocemente l'abbraccio e poi si stacca, odiando qualsiasi dimostrazione d'affetto. «Allora, andiamo a mangiare qualcosa?» Alejandro sorride. Osservo il suo sorriso, e noto che mi sembra piuttosto falso. Forse prima di scoprire che ha mandato un uomo a seguire me e la mia amica non ci avrei mai fatto troppo caso, ma oggi sto notando piccoli dettagli che finora mi erano sconosciuti. Il suo sorriso forzato, il suo osservare di sottecchi me e Maeve ogni volta che non siamo nel suo campo visivo, il suo modo di controllare in modo maniacale il suo telefono, accertandosi che nessuno riesca a vedere lo schermo... «L'ultima volta che hai detto questa frase siamo quasi finite nel traffico di umani.» Maeve gli sorride, cercando di sembrare la solita. «Ci rinfaccerai questa storia ancora per molto?» Miguel le scompiglia i capelli. Maeve gli dà una spinta giocosa per farlo allontanare, sistemandosi le ciocche finite davanti agli occhi. «Penso fino alla mia morte.» «Allora non sarà ancora per molto.» Alejandro si incammina verso l'entrata del ristorante. «Ma come siamo simpatici oggi.» Maeve cerca di usare il sarcasmo per dissimulare il turbamento. Io invece sento un brivido lungo la schiena. «Quei due non smetteranno mai di punzecchiarsi, vero?» Cerco di apparire tranquilla mentre mi incammino accanto a Miguel. Ride. «Direi di no.» «Comunque,» inizio, guardandomi attorno, «non aspettiamo Àlvaro Benito Escobar qua fuori?» Miguel si irrigidisce. «Oh, mio padre è impegnato, oggi non ci sarà.» Aggrotto le sopracciglia, confusa. «Ma come, di solito non rinuncia mai ai tacos, nemmeno se è sommerso dagli affari.» «Questa volta sono stati più importanti gli affari. Però vi saluta.» Miguel poi cambia velocemente discorso, chiedendomi come procede con il lavoro da stripper. C'è qualcosa che non va... Io e Maeve stiamo tornando a casa. Questa volta è lei alla guida, e nel tragitto stiamo analizzando il pranzo. «Non si sono fatti sfuggire niente, niente!» L'esasperazione di Maeve è percepibile. «Non hanno fatto o detto nulla che ci possa far intendere che stanno tramando qualcosa contro di noi! Insomma, l'unica cosa strana è stata l'assenza di Àlvaro, ma questo non c'entra direttamente con noi.» La guardo, riflettendo sulle ore appena trascorse. «Beh, c'è da dire che Alejandro ha fatto molte allusioni sulla nostra morte...» Maeve sbuffa. «Beh, sì, questo l'ho notato anch'io. Peccato che sono allusioni che fa sempre, in mia presenza. Quindi non le ho considerate particolarmente.» «Un buco nell'acqua. Non abbiamo idee su come proseguire, e nemmeno una pista» mormoro, appoggiando la testa contro il finestrino. «Beh, potremmo sempre provare a parlare con Àlvaro. È l'unica idea che mi viene in mente.» Maeve alza le spalle. Sento il mio telefono vibrare, così lo recupero dalla tasca e leggo il messaggio che mi è arrivato, sentendo il mio cuore saltare un battito. «Maeve, forse potremmo avere una pista...»
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