09 | Maeve

1438 Words
«Posso appoggiarmi?» Chris indica la mia spalla. Siamo saliti sull'aereo, diretti in Messico. Io ho preso il posto vicino al finestrino, a cui sono appoggiata, Chris è accanto a me, mentre Alaska e Henry sono un paio di file più avanti nella parte opposta del corridoio. «Sono solo poche ore, è necessario?» Mi fingo scocciata, mentre osservo Chris che mi guarda indignato. È difficile non scoppiare a ridere mentre ha quell'espressione. «E dai, vorrei riposare. Sei tu che hai preso il posto vicino al finestrino, quindi come minimo mi fai da cuscino. Anche perché se mi dovessi appoggiare al sedile potrei avere il torcicollo per giorni. Vuoi davvero questo? Non eri tu che ti preoccupavi per me ieri?» Alzo gli occhi al cielo. «Per l'ennesima volta, io non mi stavo preoccupando per te, ma ero oggettiva.» «Come no» mi sfotte. Poi appoggia la testa sulla mia spalla destra senza più chiedermi niente. «Io non ti ho detto di sì.» «Ho deciso di appoggiarmi lo stesso per evitare che tu dicessi di no.» Trattengo a stento una risata davanti al suo comportamento infantile. Alla faccia delle daddy issues. Appoggio a mia volta la testa sulla sua, e seguo con lo sguardo la sua mano sinistra mentre mi accarezza il braccio, per poi far intrecciare le dita delle nostre mani. «Queste non sono cose che dovrebbero fare due scopamici» mormoro, ricordando cosa ci eravamo detti quando avevamo iniziato questa cosa, dopo che aveva scoperto chi sono davvero e cosa faccio nella vita. «Tu uccidi le persone come lavoro, Maeve!» Chris è sconvolto. Continua a passarsi una mano tra i capelli e cammina avanti e indietro per il salotto. Quando, questa mattina, mi è arrivato un messaggio in cui mi chiedeva di venire a casa sua il prima possibile, di certo non mi aspettavo che avesse scoperto chi sono. Non ho mai mentito sul nome, se avesse fatto ricerche su di me e non avesse trovato nulla, si sarebbe insospettito subito. Ma non mi aspettavo sicuramente che in un mese scoprisse tutto. «È un lavoro come un altro» alzo le spalle, indifferente. Meglio non dirgli che sognavo di vivere questa vita da quando ero adolescente. «E vendi m*******a!» La sua faccia sconvolta inizia a farmi sentire leggermente in colpa. «In questo caso non avevo molta scelta. O vendevo m*******a o vendevano me.» Quella vacanza in Messico era stata davvero... particolare. Continuo a fissare il poliziotto stando in silenzio, in attesa che si calmi. Diversi minuti dopo vedo che si siede sulla poltrona, fissando il pavimento. «Hai... Hai intenzione di arrestarmi o denunciarmi?» Chiedo, cauta. La cosa che mi preoccupa non è tanto questo, ma il fatto che dovrei eliminarlo se dovesse diventare una minaccia. E questo mi dispiacerebbe, perché inizio a esserne affezionata. «Dovrei. Sono un poliziotto, dannazione. Eppure non voglio.» Chris si copre il viso con le mani. Penso sia combattuto tra dovere e... piacere. Mi alzo dal divano e lo raggiungo, inginocchiandomi davanti a lui. Sospiro, mentre porto una mano a spostare le sue braccia. «Mi dispiace, Chris. Se avessi scoperto che sei un poliziotto quando ci hai provato con me, non avrei mai lasciato che succedesse qualcosa.» «Cosa dovrei fare?» Una lieve risata esce dalle mie labbra. «Su questo non posso darti un aiuto. Non sarei oggettiva.» «Io... Dovrei arrestarti o denunciarti. Sia te che la tua amica, però... Non voglio smettere di vederti, Maeve.» Mi mordo il labbro. «Chris, se hai intenzione di non dire nulla, deve essere così sempre. Perché se dovessi sentire di non potermi fidare di te, allora dovrò sparire. E se dovessi darmi la caccia, dovrò ucciderti.» «Non dirò nulla.» Chris porta una mano sul retro del mio collo e avvicina le nostre teste finché non poggia la sua fronte sulla mia. «Possiamo continuare a vederci, però?» «Va bene. Però non potremmo mai avere una relazione. Non posso permettermelo questo.» Chris apre gli occhi e si allontana per guardarmi. «D'accordo. Come facciamo allora?» «Scopamicizia?» Propongo. «Dovremmo definire bene le cose allora, prima che ci affezioniamo troppo.» Lo guardo, alzando un sopracciglio. «Possiamo definire tutto quello che vogliamo, ma tanto queste cose non funzionano mai.» Chris sorride. «Beh, possiamo fingere di provarci.» «Non mi importa» mi risponde Chris. «A me va bene così.» Mi lascia un bacio sul collo e poi si mette più comodo, appoggiando l'altra mano sulla mia coscia. Faccio vagare lo sguardo per l'aereo fino a quando non mi imbatto in quello di Henry. Lui indica con un cenno le mani mie e di Chris unite e ghigna, consapevole del fatto che noi diciamo sempre di essere solo scopamici. Alzo gli occhi al cielo e gli faccio il dito medio, mimando un vaffanculo in contemporanea. Henry poi si gira verso Alaska e noto il suo sguardo triste. È palese che il poliziotto sia cotto della mia amica, però Alaska non se la sente di avere una relazione. Non con la vita che abbiamo. Fisicamente avrà anche smesso di essere una vulva de madera, ma sentimentalmente lo è ancora. Senza muovermi troppo recupero il mio quaderno dalla borsa e una penna, e faccio il punto della situazione, segnandomi quello che è successo e appuntandomi tutto quello che mi viene in mente. Finita questa storia brucerò il quaderno, ovviamente, ma la mia memoria è simile a quella di Dory e al momento non mi posso permettere di dimenticare alcun dettaglio. Passo così il volo, osservando di tanto in tanto Chris con la coda dell'occhio. Quando annunciano l'atterraggio, inizio a svegliarlo. «Chris» mormoro vicino al suo orecchio. Ripeto la cosa un paio di volte, finché non mi scoccio e decido di spostarmi, così che si sbilanci di lato e sbatta contro il bracciolo del sedile. Non resisto e scoppio a ridere, rammaricandomi di non aver fatto un video. Chris si sveglia sussultando e inizia a borbottare insulti rivolti alla mia persona. Scendiamo dall'aereo e ci ritroviamo all'aeroporto di Città del Messico, il Juárez International. Recuperiamo le nostre valigie e usciamo fuori. Abbiamo prenotato un appartamento qua vicino, così fermiamo un taxi e saliamo. Quando arriviamo, ci dividiamo nelle due camere da letto. Io e Chris in una stanza, Alaska e Henry nell'altra. Appena Chris chiude la porta, mi avvicino alla finestra e guardo fuori, assicurandomi che non ci sia nessuno di sospetto. Poi abbasso la tapparella e chiudo le tende. «Ci sai fare» commenta Chris, mentre mette il telefono sotto carica. «Te l'avevo detto.» Apro l'armadio e con la mano tasto il fondo, fino a quando non sento nell'angolo un piccolo buco. Sollevo il fondo, rivelando uno scompartimento con un borsone nero. Lo prendo e lo metto sul letto, aprendolo. Dentro ci sono diversi armi. Principalmente sono pistole con proiettili di scorta e pugnali. Chris alterna lo sguardo dal borsone a me diverse volte. «Ehm... Potrei avere qualche spiegazione?» Richiudo il borsone e lo rimetto nell'armadio, richiudendo il fondo. «Io e Alaska siamo venute in questo appartamento già diverse volte. Abbiamo nascosto delle armi in modo che nessuno le trovasse a parte noi, così da avercele sempre quando veniamo qua.» Sorrido guardando Chris. «E voi che dicevate fosse una pessima idea... Come se non fossimo organizzate.» Chris fa per dire qualcosa, ma Alaska entra dentro la camera. «Venite in salotto.» Recupero il telefono sicuro ed esco dalla stanza, seguita da Chris. «Allora, dobbiamo decidere come muoverci.» Henry ha preso diversi fogli e li ha attaccati alla parete. Si vede che è un poliziotto. «Propongo di incontrare direttamente i fratelli Escobar e loro padre con la scusa di una rimpatriata. Non è la prima volta che lo facciamo, quindi non desterà troppi sospetti.» Alaska mi guarda. «E poi Heckart è morto, di certo non può riferire loro che l'abbiamo scoperto.» Ghigno. «Maeve, potresti non parlare con così tanta gioia degli omicidi che commettete? Mi è più facile ignorare la cosa se non ne sento parlare.» Chris fa una smorfia. «Melodrammatico.» Alzo gli occhi al cielo. «Beh, possiamo iniziare da questo. Poi, in base all'esito, decidiamo come proseguire.» Henry è d'accordo con l'idea di Alaska. «Ma com'è che se sono io a proporre di andare dal nemico dite che è una pessima idea, ma se lo dice Alaska allora siete d'accordo?» Incrocio le braccia davanti al petto. «Perché tanto ormai siamo già nel territorio nemico?» Mi chiede in modo ironico Chris. Non dico nulla, limitandomi a guardarlo male e basta. «Beh, allora... Decollo tra mezz'ora?» Tenta Henry. Io e Alaska lo guardiamo indignate. «Non nominare la frase di Hotchner invano.» Lo fulmino con lo sguardo. «Non puoi dirlo se non ne conosci il significato» infierisce Alaska. Henry alza le braccia in aria. «Chiedo scusa giudici.»
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