07 | Maeve

1924 Words
Guardo Chris, seduto alla sua scrivania, concentrato a guardare i tre monitor davanti a lui, alternando costantemente lo sguardo da uno schermo all’altro. Ormai sono diverse ore che sta facendo delle ricerche, e non ha trovato molto altro rispetto agli incontri di cui aveva già stampato le foto. Nemmeno per pranzare si è staccato da quella scrivania. Sto aspettando che si facciano le tre del pomeriggio per fare l’ultima chiamata della giornata. Grace Scanlan accetta chiamate solo dalle sette alle otto del mattino, e considerando che in Australia sono sedici ore più avanti rispetto a noi, spero vivamente di essere la prima a chiamarla, considerata l’urgenza. Stamattina, appena arrivata a casa di Chris, ho fatto subito tre chiamate. La prima persona che ho chiamato è stata Jaqueline Drummond, una donna francese di trentasei anni. Alaska e io la conosciamo perché, circa due anni fa, Àlvaro Benito Escobar ci aveva chiesto di portare un grosso carico di m*******a in Francia, dove ci saremmo incontrate con una donna che lavorava per lui. Jaqueline era il contatto in Francia degli Escobar. Da allora ci siamo mantenute in contatto, e una volta io e Alaska l’abbiamo portata con noi a New York per farle fare da stripper. Lei non aveva mai provato a ballare su un palo e io credo sia un’esperienza che tutti debbano fare nella propria vita. La seconda chiamata l’ha ricevuta Rustan Korovin, l’aggancio in Polonia degli Escobar. Un uomo di cinquant’anni che per i trafficanti messicani fa da sicario. Circa mezz’ora fa ho finito di parlare con Martino Camacho Ortiz, un brasiliano di ventun’anni. Questo ragazzo lo considero come un fratello minore. Era presente quando io e Alaska siamo state catturate in Messico, ed è stato lui a insegnarci molti segreti del mestiere. Fisso l’orologio e appena scattano le quindici premo il dito sullo schermo del telefono e mi alzo dal letto di Chris, andando in salotto per non disturbarlo. «Pronto?» Il forte accento australiano mi fa sorridere. «Grace Scanlan» esordisco. «Maeve. Come mai non ho questo tuo numero salvato?» «Perché è un telefono protetto e con un programma che eliminerà ogni traccia di questa chiamata dal tuo telefono.» Nel frattempo cerco qualcosa da mangiare nella cucina di Chris. Visto che le prime volte in cui venivo in questa casa mi lamentavo perché c’era solo cibo salutare, il poliziotto ha ben deciso di lasciarmi mezza credenza per poter mettere cibo spazzatura. «Vuoi minacciarmi o sei nei guai?» La voce di Grace si è fatta più dura, più tagliente. «Nessuno dei due Grace, puoi smetterla di stare sulla difensiva con me. Devo parlarti di una cosa importante. Sei da sola?» Aspetto una sua risposta affermativa prima di continuare. Sento il rumore di diverse porte chiudersi prima che Grace mi risponda. «Ora si.» Prendo un pacco di biscotti e mi siedo sul tavolo della cucina. «Per caso ultimamente hai notato dei movimenti sospetti?» Ci sono dei secondi di silenzio. «Spiegati meglio.» Dal suo tono capisco che Grace Scanlan sa qualcosa. «Hai notato qualcuno seguirti?» «Un uomo sulla trentina. Inizialmente non me n’ero accorta, poi ho iniziato a vederlo fin troppo e ho capito che mi pedinava. L’ho fatto uccidere, perché non vedevo l’utilità di interrogarlo. Spesso mi seguono uomini che cercano il momento migliore per minacciarmi. Ma se mi hai chiamata, significa che è successo anche a voi.» «Più o meno è successo lo stesso. Ce ne siamo accorte con delle foto, perciò l’abbiamo preso e ora è a casa nostra mentre Alaska cerca di interrogarlo. Abbiamo fatto indagare su di lui e si è scoperto che più volte si è incontrato con Alejandro Escobar, per questo ho chiamato gli agganci degli Escobar che conosco.» «Per abbiamo fatto indagare intendi che avete coinvolto i poliziotti?» sibila. Si sente molto disappunto nella sua voce. «Grace, ci tornano molto utili. Che importa se sono poliziotti? Alaska e io ci facciamo sesso e ci pariamo il culo. Niente di più, niente di meno.» «Non approvo per nulla questa vostra decisione, ma non è un argomento che mi interessa al momento. Hai detto che hai chiamato gli agganci che conosci. Hai parlato al plurale, chi altro hai chiamato?» «L’aggancio della Francia è stato il primo. Ha detto di non aver notato nulla, ma che sarebbe stato attento e mi avrebbe avvisato in caso di movimenti sospetti. L’aggancio della Polonia ha agito come te: una donna lo seguiva e l’ha fatta uccidere. Infine conosco una persona che lavora principalmente in Messico. Ha detto che al momento sta finendo un incarico, ma appena torna mi avvisa se sta accadendo qualcosa direttamente dalla famiglia Escobar.» «Non mi fido dell’ultimo contatto. Nel caso gli Escobar stessero organizzando qualcosa contro noi sottoposti, allora quella persona potrebbe essere dalla loro parte. Per il resto, se l’uomo che seguiva te e Alaska si è incontrato con Alejandro Escobar, e sia io che il contatto della Polonia siamo stati pedinati, sta succedendo qualcosa di grosso. Manteniamoci in contatto, e aggiornami su qualunque novità, sia che riguardi l’uomo che Alaska sta interrogando sia che riguardi gli agganci che conosci. Visto che stai usando un telefono sicuro, scrivimi un giorno si e uno no alle nove della mattina, che per te sarebbero le cinque del pomeriggio. La parola in codice è si, veloce da scrivere e da ricordare. Se entro un’ora dalle nove non riceverò il tuo messaggio, allora saprò che ti è successo qualcosa e manderò qualcuno a indagare. Vediamo di uscirne vive da questa situazione.» «Va bene, Grace. Avvisami anche te se succede altro.» Chiudo la chiamata e sospiro. Sta decisamente succedendo qualcosa di grosso. Mi alzo da tavola e metto a posto i biscotti, sentendo lo stomaco chiuso, e mi giro, pronta a tornare in camera e aggiornare Chris sulle novità. Noto il poliziotto appoggiato allo stipite della porta della cucina che mi fissa, serio. «Oh, ehi, da quanto sei qui?» «Da abbastanza tempo per sentire che dicevi che non sono niente di più che sesso.» Incrocia le braccia al petto, e il solo movimento fa fremere i miei ormoni. Alzo un sopracciglio. «Tu come avresti tranquillizzato una narcotrafficante che non approva la tua decisione di farsi aiutare da un poliziotto?» «Avrei trovato un altro modo.» Chris si allontana dallo stipite della porta e si avvicina lentamente a me, mantenendo quello sguardo serio che mi fa impazzire. La sua mano sinistra finisce sul retro del collo. Mi tira i capelli alla basa della testa e mi sfugge un piccolo gemito mentre mi spinge fino a farmi sbattere contro la parete. Il suo corpo è premuto contro di me e sono obbligata a inclinare la testa verso l’alto per guardarlo negli occhi. La sua mano destra finisce sulla parete, vicino alla mia testa. «Che sia chiaro» inizia Chris, guardandomi fissa negli occhi e lasciando che le sue labbra sfiorino le mie mentre parla, «io non sono la tua puttana.» «Mai detto questo.» Con il pollice Chris accarezza il profilo della mia mascella, fino a premere il mio labbro inferiore. «Però hai detto che sono solo sesso.» Decido di provocarlo. «Perché, non lo sei?» Chris non dice nulla e mi bacia con irruenza. Nessuna delicatezza, nessuna lentezza. Solo labbra fameliche che si scontrano, saliva che viene scambiata, fiati che vengono spezzati. Entrambi cerchiamo di avere il dominio sul bacio, ma Chris ha la meglio. Si allontana da me solo quando ci manca il fiato, e nell’aria si sente lo schiocco prodotto dalle nostre labbra e i respiri affannosi. Chris mi afferra i polsi e mi porta le braccia in alto, contro la parete. Mi intrappola con la sua figura imponente e non mi lamento. «Sai, Maeve, penso che dovresti essere punita. Se mi devi definire solo sesso, dovresti almeno dire che sono il miglior sesso della tua vita.» Mi gira di colpo e mi preme contro la parete. Tiene i miei polsi con una mano, mentre con l’altra inizia a percorrere il mio corpo. Stringe sul fianco destro, per poi infilare la mano sotto il tessuto della maglietta, che al momento sento di troppo. Mi afferra un seno e a me sfugge un gemito. Porca puttana. Mi lascia un morso sul collo e poi si allontana da me per togliermi la maglietta. Mi slaccia anche il reggiseno e lo lascia sul pavimento. Mi lascia i polsi e mi rigira, in modo da avere la faccia rivolta verso di lui. Lo bacio, mentre lui mi afferra per i fianchi e mi sposta verso il tavolo della cucina. Mi ci fa sedere sopra, mentre si stacca per prendere un mio capezzolo tra le labbra. Succhia, mentre io gli afferro i capelli e li tiro. Gemiamo entrambi, poi mi trascina giù dal tavolo. Mi rigira nuovamente, per poi spingere la sua erezione contro il mio sedere. Sento una mano di Chris tra le scapole che mi spinge la schiena, fino ad avere il seno premuto contro il tavolo. Chris mi tira giù i pantaloni e le mutande insieme, fino a lasciarmi nuda nella sua cucina. Mi accarezza il sedere con una mano, mentre con l'altra stringe il bordo del tavolo. «Direi che è ora della punizione.» Arriva la prima sberla sulla natica destra, per poi sentire una carezza subito dopo nello stesso punto. Mi sfugge un gemito di sorpresa. «Ma cos'è, uno si chiama Chris e allora in automatico è uno a cui piace dominare?» «Non mi pare che ti sia dispiaciuto le altre volte.» «E chi si lamenta di una cosa così.» Decisamente non io. Mi arriva una seconda sberla, questa volta sulla natica sinistra. Questa era più forte, e al posto di accarezzarmi sulla zona colpita, Chris passa le dita tra le mie gambe. «Sei già fradicia per me.» Sorrido, anche se la mia fronte è appoggiata sul tavolo. «Beh, ho iniziato a bagnarmi quando ti ho visto appoggiato allo stipite della porta con le braccia incrociate.» Chris mi colpisce di nuovo, più volte. I miei fianchi scattano in avanti, così usa una mano per tenermi ferma, premuta contro al tavolo. Mi accarezza di nuovo tra le gambe, mentre io ansimo. Sento due dita entrare dentro di me. Inizialmente le muove lentamente, per poi prendere un ritmo più veloce. Sento le sue dita penetrarmi a fondo, per poi uscire e affondare ancora di più tra i miei umori. Chris aggiunge un altro dito, e alterna affondi lenti ad affondi veloci. «Chris…» gemo, sentendomi vicino all'orgasmo. Sento i miei umori colare lungo le cosce. Chris toglie la sua mano, mentre io gemo in protesta. Si inginocchia sul pavimento e con la mani mi allarga le gambe. Sento la sua lingua scorrere sulla mia coscia, raccogliendo i miei umori, per poi leccare lungo le mie labbra. Mi sento vicino al limite, quando Chris si stacca da me e si rialza in piedi. «Direi che come punizione può bastare.» Giro la testa, sconvolta ed eccitata. «Cosa?» Chris ghigna. «La mia punizione non era di certo sculacciarti. So che quello ti piace. Direi che fermarmi mentre stavo per farti venire è una punizione adeguata.» «Lo stai facendo davvero?» Sono seriamente sconvolta, soprattutto perché vedo, e ho sentito, la sua erezione, e Chris non è uno a cui piace rimanere insoddisfatto. Si piega su di me, facendo aderire i nostri corpi, fino a quando le sue labbra non si trovano vicino al mio orecchio. «Sarò anche il sesso migliore della tua vita, ma non lo sarò oggi» mormora, per poi staccarsi da me e uscire dalla cucina. «Torno a fare ricerche.» Rimango lì, insoddisfatta e terribilmente eccitata, mentre lo faccio fuori mentalmente. Ti odio, Chris.
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