06 | Alaska

1551 Words
Parcheggio la mia macchina nel garage e sia io che Henry scendiamo. Un senso di curiosità mi pervade. Ho sempre odiato questo fare di Maeve: dirmi di avere qualcosa di importante e urgente da dirmi per poi dire che me l'avrebbe detta più tardi. La cosa che più mi infastidisce è che molte volte non è vero che ha qualcosa da dirmi, o almeno qualcosa di importante. Spesso lo fa solo per il gusto di farlo. A detta sua "me le cerco le sue vendette" visto che, quando eravamo adolescenti, avevo questo vizio di scriverle la sera prima di andare a dormire. Su w******p le dicevo che le dovevo dire una cosa e di ricordarmelo la mattina seguente. L'ha sempre odiata come cosa. In mia difesa posso dire che preferivo parlarle di persona che per messaggio. Ma Maeve è piuttosto rancorosa e vendicativa. Sono passati anni dal liceo, io ho smesso di scriverle quei messaggi - anche perché ora che siamo coinquiline posso parlarle di persona anche in piena notte - ma lei non ne vuole sapere di smetterla. In realtà non penso che quello che deve dirmi non sia importante, però credo abbia enfatizzato un po' troppo solo per mettermi curiosità. Henry mi precede nel tragitto tra il garage e la casa - ormai è venuto qua, in tutti i sensi, così tante volte che potrebbe orientarsi anche a occhi chiusi o al buio. Si ferma solamente davanti alla porta d'ingresso, in attesa che io prenda le chiavi e apra. Il familiare clic indica che la serratura è stata aperta. Quando entro noto che il salotto è a posto: i libri sparsi in giro sono dove li abbiamo lasciati, sia quelli di Maeve sia i miei azzurri che metto durante il periodo estivo, mentre in inverno metto in salotto libri con le copertine rosse. Questo è una cosa che ho preso da mia madre. A volte frego i libri a Maeve e lei si incazza tantissimo perché le scombino l'ordine nella sua libreria. Anche le candele e i cuscini azzurri sono tranquillamente al loro posto, e non c'è nessun mobile rotto o qualche traccia di sangue in giro. Tutto questo mi fa tirare un sospiro di sollievo. Significa che non c'è stata nessuna lotta e le novità non riguardano la fuga del nostro prigioniero. Henry si siede tranquillamente sul divano, mentre io vado verso la camera di Maeve, cercandola. «Maeve? Perché mi devi far venire qua in fretta quando non ti fai nemmeno trova-» Mi interrompo subito quando, aprendo la porta della sua camera, noto Chris addormentato nel letto, ma della mia amica nessuna traccia. Sento la doccia del bagno in camera accesa e allora capisco che Maeve si sta lavando. Sbuffo, pensando alla scopata mattutina fantastica che mi ha fatto perdere, ed esco dalla stanza cercando di non fare rumore. Prima di tornare in salotto passo dalla mia stanza per controllare il nostro ospite e lo noto addormentato sulla sedia con la testa appoggiata sulla sua spalla destra. La posizione non è per nulla comoda e probabilmente si sveglierà con il torcicollo, ma la cosa non mi interessa particolarmente perché, tanto, io e Maeve lo uccideremo nel giro di pochi giorni. Torno in salotto e tolgo le scarpe prima di mettermi comoda sul divano. Henry mi guarda stranito. «Ma non avevi detto che era urgente?» Alzo gli occhi al cielo. «Così mi aveva detto Maeve, ma sai come fa.» Io la ammazzo. Henry si sporge in avanti fino a quando le nostre bocche non si sfiorano. «Potremmo, nell'attesa, andare in camera tua e continuare con la nostra intensa sessione di sesso iniziata ieri...» Il suo respiro sulle labbra mi fa venire la pelle d'oca. «Mi piacerebbe ma, a meno che tu non abbia la perversione di far sesso mentre nella stessa stanza c'è un uomo legato a una sedia, non credo sia una buona idea.» «Possiamo sempre rimanere sul divano.» Henry fa a malapena in tempo a baciarmi a stampo che qualcuno si schiarisce la voce. Entrambi ci giriamo verso il corridoio. Chris è appoggiato alla parete con una spalla. Le braccia incrociate davanti al petto fanno risaltare i muscoli, resi molto evidenti dalla mancanza di una maglietta. Addosso ha solamente dei pantaloni della tuta grigi ed è scalzo. Mi godo la vista e mentalmente mi congratulo con Maeve per i suoi meravigliosi gusti. La mia amica è accanto a lui e ci guarda con un sorrisetto che riconosco subito: è quel sorriso in cui solleva solo un angolo della bocca, a metà tra l'ironico e lo sfacciato, e che precede una battuta. Praticamente è il sorriso che ha sempre in volto. «Il porno è gratuito o dobbiamo pagare?» In risposta le faccio il dito medio. «Menomale che era urgente e dovevo venire qua subito.» Fa spallucce. «La doccia ha priorità su tutto.» «Anche il sesso.» «Sei sopravvissuta vent'anni senza sesso, non sarà una mattinata a cambiarti la vita» mi sfotte. E dopo questo non ho nulla da ribattere. «Allora... Posso sapere anch'io qualcosa sull'uomo che vi seguiva?» Henry interrompe il nostro battibecco. Maeve si siede sull'altro divano. «Per fartela breve: io e la tua scopamica stavamo guardando la nostra compilation di foto imbarazzanti, quando abbiamo notato un tizio ancora più imbarazzante di noi sullo sfondo della maggior parte delle ultime foto scattate. Così, ogni volta che uscivamo insieme, facevamo finta di farci delle foto per vedere dove stava il tizio che ci seguiva. Un giorno, dopo averlo individuato con la fotocamera, ci siamo grate di scatto e abbiamo iniziato a inseguirlo. L'abbiamo catturato e legato. Ora è in camera di Alaska.» «E l'hai torturato» precisa Henry. «A proposito, che gli hai fatto? Spero tu non abbia sporcato di sangue la mia camera» mi intrometto. Maeve mi guarda come per chiedermi ma sei diventata deficiente o ci sei nata? e agita una mano in aria. «Ma va. Gli ho fatto vedere tutti i film di Twilight e di Cinquanta sfumature.» Non resisto e scoppio a ridere. Questo è così da Maeve... «Comunque» riprende Maeve, «torniamo un attimo seri.» Si gira e recupera qualcosa dal tavolo della cucina. Mi allunga un foglio e noto che sono tutti i dati dell'uomo, un certo James P. Heckart. Leggo velocemente e poi guardo la mia amica confusa, mentre passo il foglio a Henry. Maeve allora mi passa tre foto, in tutte viene ritratto il signor Heckart con un uomo, ma solo nell'ultima si capisce l'identità dell'altro: Alejandro Escobar. Guardo Maeve confusa. «Non capisco...» mormoro. «Perché Alejandro Escobar ci ha fatto seguire? Lavoriamo per suo padre e non abbiamo mai fatto nulla per farli dubitare di noi, quindi non riesco proprio a capire.» Maeve mi sta guardando con espressione seria, una cosa talmente rara da farmi preoccupare. «Non abbiamo la certezza che sia stato Alejandro a mandare Heckart a seguirci. Sappiamo solo che loro due si conoscono.» «Sei riuscita a farti dire qualcosa?» Maeve scuote la testa. «Non ci ho nemmeno provato. Nel senso, l'ho portato all'esasperazione, poi Chris è venuto qui e quelle foto mi hanno mandata in confusione, così fino a tarda mattinata abbiamo provato a scoprire qualcosa di più sul rapporto che hanno Alejandro e Heckart. Speravo di scoprire qualcosa in più da lui oggi.» «Potevi chiamarmi ieri sera, sarei venuta subito qua e vi avrei dato una mano.» A quel punto Henry interviene. «Avresti preferito cercare delle informazioni al posto di passare la fantastica nottata che hai passato?» Mi guarda con un sopracciglio inarcato. Gli schiocco un'occhiataccia. «Quando uno dei figli del signore della droga del Messico, erede di Juan Pablo Emilio Escobar Gaviria, manda un uomo a seguirti senza un apparente motivo nonostante lavori per il padre, è ovvio che il sesso passa in secondo piano.» Certe volte credo si dimentichi che noi non ci stiamo frequentando, ma io lo sto solo usando per non finire in prigione. L'arancione non è in palette. «Non quando parliamo di te, vulva de madera. Non devi mai e dico mai mettere il sesso in secondo piano» interviene Maeve. Alzo gli occhi al cielo. «Questo soprannome non mi abbandonerà mai, vero?» chiedo retoricamente. Poi torno seria. «Dobbiamo indagare.» «Io posso fare una ricerca incrociata usando il riconoscimento facciale di Heckart per vedere se delle telecamere lo hanno ripreso in altri momenti con Alejandro Escobar. Però per farlo ho bisogno dei computer a casa mia che sono molto più adatti per queste cose.» Interviene Chris. «Vengo con te, nel frattempo posso fare un paio di chiamate e vedere se anche altre persone che lavorano per Àlvaro Benito Escobar hanno notato movimenti strani» dice Maeve, dirigendosi verso l'ingresso per prendere le scarpe. Annuisco, alzandomi dal divano. «Io penso a Heckart. Se non parlerà con le buone, passerò alle cattive.» Henry si sdraia sul divano. «Io recupero un paio di ore di sonno. Interverrò se dovesse succedere qualcosa» mi dice. Mi giro a guardare Maeve. «Per qualsiasi cosa ci aggiorniamo.» La mia amica annuisce. «Usiamo la chat protetta, però. C'è qualcosa che non va e dobbiamo essere più caute possibili.» «Beh, in questo caso...» inizio. «Decollo tra mezz'ora» finiamo insieme, ridendo subito dopo. Chris ci guarda confuso. «Che?» «È un riferimento alla serie Criminal Minds. Dovremmo vederla.» Maeve gli sorride. Loro due escono, mentre io vado verso la mia camera. A ognuno il suo compito.
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