01 | Maeve

574 Words
Dopo aver bruciato e seppellito il corpo in un bosco fuori città, io e Alaska siamo tornate a dormire. Il nostro lavoro… Non è facile, ma si guadagna bene. Ci siamo conosciute a quattordici anni. I primi mesi la nostra amicizia era normale, poi… poi abbiamo scoperto di avere parecchie cose in comune. Un messaggio tira l’altro, un sogno tira l’altro, e siamo finite ad appassionarci all’illegalità. Una cosa da tutti i giorni, insomma. Finito il college, abbiamo girato un po’ il mondo. Prima tappa: Messico. Il giorno dopo al nostro arrivo, ad una festa, abbiamo conosciuto due ragazzi. Erano belli e simpatici, ma… Nel giro di una settimana abbiamo scoperto che erano due fratelli che di cognome facevano Escobar e che volevano venderci nel giro di prostituzione. Brutta storia, ma la parte dopo è davvero esilarante. Quando sono agitata, tendo a parlare davvero tanto e a dire ogni cosa che mi passa per la mente. Immaginatevi una persona che, già di suo, è parecchio logorroica. Ecco, ora avete in mente come sono realmente. Poi aggiungeteci delle minacce di morte, la possibilità di perdere la propria la libertà e il fatto di non rivedere più la vostra famiglia. Ora la situazione che mette agitazione è stata creata. Ora, che avrei dovuto fare? Una ragazza normale avrebbe tentato di scappare o si sarebbe messa a piangere implorando la persona che la teneva prigioniera di avere pietà di lei e lasciarla in pace. Invece io cosa ho fatto? Quando ci hanno portato del cibo, ho commentato le tortillas, dicendo che quelle erano insipide e senza sapore. Così ho iniziato un lungo monologo su come si cucinano le tortillas, conoscenza che ho appreso con Giallo Zafferano, e poi ho iniziato a parlare della cucina italiana. Alaska nel frattempo scuoteva la testa, sconsolata. Gli uomini che ci facevano da guardia avevano l’ordine di non doverci minimamente toccare, perché dovevamo essere perfette per la vendita. Così, li ho sfiniti con le mie chiacchiere. E non mi riferisco al cibo. Così il loro capo, ovvero il padre dei due ragazzi che io ed Alaska avevamo conosciuto, ci aveva proposto un patto. O diventavamo della merce o li aiutavamo a preparare il carico di droga che entro venti giorni dovevano consegnare. A quanto pare alcuni dei suoi uomini erano stati uccisi da un gruppo rivale. Alaska aveva accettato subito; per lei era un sogno che si realizzava. Breaking Bad l’ha proprio conquistata. E così abbiamo passato quasi un mese a raccogliere m*******a, a tritarla, ad estrarre la cocaina dalla pianta di coca – i loro laboratori erano più che forniti - e a sintetizzare metanfetamina. Ci siamo divertite, in realtà, nonostante le continue minacce di morte. Ormai erano routine. Siamo rimasti in buoni rapporti con il capo, un certo Àlvaro Benito Escobar. Ci siamo messe in affari con lui, e ora vendiamo la stessa merce in America. Abbiamo un laboratorio ben attrezzato nella periferia a est della città, mentre la piantagione di m*******a e di coca è a ovest. È un po’ scomoda la distanza, ma decisamente più sicuro. Io ed Alaska siamo sempre attente alla strada che facciamo – la cambiano ogni volta. Stiamo attente a non lasciare impronte, infatti usiamo sempre i guanti. La distanza tra la piantagione e il laboratorio è essenziale, perché se la polizia trovasse uno dei due, noi siamo già pronte a eliminare le tracce dell’altro. L’astuzia, nella nostra vita, è essenziale per la sopravvivenza.
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