12 | Alaska

1749 Words
«Lo stiamo davvero per fare?» Maeve mi guarda dalla sedia della scrivania. «Cioè, non è la prima cosa folle che facciamo, ma stiamo davvero per intrufolarci nella casa degli Escobar?» Seduta sul letto, finisco di caricare l'ultima pistola. «A quanto pare...» Maeve si alza e inizia a camminare per la stanza. «Mio Dio, questa vita diventa sempre più assurda.» Scoppia a ridere, ma è più quel genere di risata che fugge agli psicopatici quando stanno per perdere il controllo. Sorrido anch'io. «Non è quello che desideravamo da adolescenti?» Mi alzo in piedi, iniziando a prendere delle pistole, le armi che so usare meglio, e mettendomele addosso. Maeve mi imita, prendendo due pistole e nascondendosi pugnali ovunque, la sua specialità. Ne inserisce quattro in ogni stivale, tre sulla gamba destra nella giarrettiera apposita, e gli altri in posti impensabili. Una volta pronte, mi giro verso l'amica che ormai considero mia sorella. «Pronta per questa follia?» «Non credo.» Si morde il labbro inferiore, mentre controlla un'ultima volta le istruzioni di Miguel. La vedo turbata e mi preoccupo. Maeve non si mostra mai turbata. Ansiosa si, turbata no. Mi avvicino a lei, toccandole il braccio per fare in modo che guardi me e non i fogli. «Cosa c'è che non va?» «È che... Non ho la certezza che ne usciremo entrambe vive, Alaska.» La guardo sorpresa. Sorpresa perché, anche se comprendo e condivido i suoi timori, non è da Maeve dire cose del genere. «Oh, stai dicendo che ti mancherei?» Maeve alza un sopracciglio. «Sto dicendo che paghiamo insieme l'abbonamento di Netflix. Se tu dovessi morire, lo dovrei pagare da sola.» Si avvicina alla porta della stanza e prima di uscire si gira a guardarmi. «Ti muovi o no? Stasera vorrei andare a mangiare di nuovo tacos.» Esce definitivamente dalla stanza. Sorrido e la seguo. Spero che quei tacos li mangeremo insieme. In salotto troviamo Chris e Henry, seri. Vedo Chris che abbraccia la mia amica mentre mormora un «Stai attenta» e le lascia un bacio sulla fronte. Henry si avvicina a me. Sembra irrequieto. «Vedi di non morire. Mi servi viva. E tieni d'occhio la tua amica.» «Te lo prometto.» Mi avvicino e gli lascio un bacio sulla guancia. Dopodiché io e Maeve ci dirigiamo alla macchina. Ci vogliono circa tre quarti d'ora per arrivare, e tra un'ora Miguel e Alejandro dovrebbero essere già fuori città per affari, quindi dovremmo avere via libera, seguendo le istruzioni del fratello più piccolo. Quando arriviamo, non troviamo nessuno nei pressi della casa. «Una casa di narcotrafficanti me la immaginavo super piena di criminali.» Maeve si guarda in giro. «Eppure qua non c'è nessuno.» Alzo le spalle. «Probabilmente perché tutta la roba ce l'hanno in un capannone lontano da qua, quindi non hanno paura che qualcuno entri in casa e rubi la loro merce. E poi Miguel aveva detto che Alejandro ultimamente non si fida di nessuno e vuole meno persone possibili intorno.» Maeve tira fuori la piantina della casa e la osserviamo. Andiamo sul retro della casa ed entriamo da un ingresso secondario. La porta è aperta, proprio come c'è scritto nei fogli che ci ha dato Miguel. Davanti a noi troviamo un lungo corridoio pieno di porte. Lo percorriamo tutto fino ad arrivare alle scale che ci sono sulla destra. Saliamo, stando ben attente a non fare rumore. Maeve sale per prima, tenendo un pugnale da lancio nella mano destra e la piantina in quella sinistra. Io tengo una pistola, che ho già caricato, e mi guardo costantemente indietro per vedere se c'è qualcuno. Il silenzio che c'è in questa villa gigantesca è assordante. Saliamo le scale fino al terzo e ultimo piano della casa, per poi proseguire fino all'ultima porta sulla sinistra, come da istruzione. Troviamo anche questa porta aperta, ed entriamo. Siamo nell'ufficio di Alejandro, e Miguel ci ha chiesto di cercare in giro una qualsiasi prova che dimostri che ha ucciso loro padre. «Allora, Miguel ha detto che Àlvaro è stato avvelenato, quindi direi di partire cercando il veleno.» Maeve si avvicina alla libreria che occupa tre pareti. La quarta parete è una vetrata che si affaccia sul cortile interno della villa. Davanti c'è la scrivania di Alejandro, posizionata in modo da dare le spalle alla vetrata una volta che ci si è seduti. Io mi avvicino a essa, iniziando a scassinare le serrature dei cassetti per guardare al loro interno. Abbiamo due ore. «Che veleno era stato usato?» Maeve smette di cercare tra gli scaffali della libreria e si gira a guardarmi. «Veleno di serpente corallo» rispondo distratta. Vedo che prende il telefono e cerca qualcosa. Mentre io vedo i vari documenti nei cassetti, sento una presenza dietro di me e qualcosa puntato alla testa. Mi irrigidisco, capendo che si tratta di una pistola. Né io né Maeve abbiamo un'arma tra le mani, e la mia amica non si è ancora accorta di nulla. «Allora... Secondo Google il serpente corallo è un serpente che si trova principalmente nel New Mexico. Inoltre il suo veleno viene venduto nel mercato nero e solo in monodosi, quindi dubito che troveremo qualcosa.» «Infatti non troverete niente.» Sentendo la voce della persona dietro di me capisco subito di chi si tratta. Alejandro. Maeve alza di scatto la testa, ma un'altra persona entra nella stanza, puntandole contro una pistola. «Prova a muoverti e siete morte entrambe.» «Miguel...» mormoro. «Sei uno stronzo.» Alejandro mi spinge in avanti. «Raggiungi la tua amica vicino alla libreria.» I due fratelli Escobar chiamano alcuni dei loro uomini che entrano e ci tolgono tutte le armi che io e Maeve abbiamo addosso. Rimaniamo ferme solo perché siamo sotto tiro. Gli uomini escono dalla stanza e rimaniamo solo noi quattro. Maeve si siede per terra e si mette a gambe incrociate. «Comoda?» le chiede Alejandro, la voce pregna di sarcasmo. «Abbastanza. Sembra una cosa lunga tutto questo e non ho voglia di stare in piedi.» Maeve alza le spalle. Io rimango in piedi e fisso Miguel, che a sua volta mi guarda. «Meritiamo delle spiegazioni, non pensi?» gli dico. «E poi siete i cattivi della storia. Tutti i cattivi non vedono l'ora di spiegare il loro piano malvagio alle loro povere vittime» aggiunge Maeve, usando un tono ironico e rendendo la scena molto teatrale. A fatica trattengo un sorriso vedendola alzare gli occhi al cielo. «Beh, partiamo dall'inizio.» Alejandro si siede alla scrivania, incrociando le caviglie sopra il mogano. La pistola sempre puntata verso di me, mentre Miguel tiene sotto tiro Maeve. «Per chiarire ogni dubbio, nostro padre è davvero morto per il veleno del serpente corallo, ma le dinamiche sono state un po' diverse da come ha raccontato Miguel. Innanzitutto l'abbiamo ucciso insieme. Il motivo? Da tempo la polizia ci stava col fiato sul collo in attesa di trovare un qualsiasi espediente per arrestarci e darci l'ergastolo. E nostro padre non voleva fare nulla per risolvere la questione. Così l'abbiamo ucciso e siamo saliti noi al potere. E per levarci dalle palle la polizia, abbiamo deciso di mandare alcuni nostri uomini a seguire i corrieri di nostro padre. Il loro compito era prendere delle impronte, dei capelli, delle unghie se le avessero trovate. L'idea è quella di usare il vostro DNA per incastrarvi per gli omicidi che abbiamo commesso noi, così che la polizia smettesse di darci la caccia.» Ci sono degli attimi di silenzio. «Però, è un buon piano!» Mi giro verso Maeve. «Fai sul serio, ti stai complimentando con loro?» sibilo. La mia amica fa un'espressione innocente. «Un buon piano va sempre lodato, anche se contro di noi.» Faccio per ribattere, ma Miguel mi interrompe. «Ma ora arriva il pezzo forte.» Io e Maeve torniamo ad ascoltare, curiose. «Sapevamo che sarebbe stato difficile trovare il vostro DNA, visto che voi avete ucciso davvero delle persone, e non siete solo delle narcotrafficanti. E soprattutto perché siete sempre attente a non lasciare tracce. Perciò abbiamo trovato un altro modo.» «Ovvero noi.» Altri due uomini entrano nella stanza e, cavolo, sento il mio cuore fermarsi per qualche decimo di secondo. Questo... beh, questo non me l'aspettavo proprio. «Porca puttana.» Maeve è incredula. Ci credo, sono appena entrati Chris e Henry. «Questo è stato inaspettato.» Dal tono della mia voce si può percepire l'incredulità. «Quando ci siamo conosciuti nel bar, io e Henry non lavoravamo ancora per i fratelli Escobar. Così per i primi due mesi in cui ci siamo "frequentati"» inizia Chris. A continuare questo teatrino del cazzo è Henry. «Però noi siamo sempre stati dei poliziotti corrotti, loro ci hanno offerto un sacco di soldi e noi abbiamo iniziato a tenervi d'occhio, raccogliendo del DNA. Il piano era di farvi credere che provavamo dei sentimenti per voi, così non avreste avuto dei dubbi sul perché non avessimo problemi a coprirvi con la polizia.» «Effettivamente i soldi sono un motivo molto più valido del sesso per farsi corrompere» lo interrompe Maeve. «Già. Poi voi siete volute venire in Messico e abbiamo colto tutti la palla al balzo.» «Ogni volta ci vediamo per mangiare tacos. Stavamo aspettando l'uscita solo per poi prendere in disparte una di voi e farle credere di aiutarmi a eliminare mio fratello.» Miguel continua a tenere la pistola puntata verso la mia amica. «E in realtà siamo state noi a essere eliminate da voi.» Il mio tono è rassegnato. «Nulla di personale, avete sempre lavorato bene. Ma dobbiamo prima pensare a noi.» Alejandro fa un cenno ai due poliziotti, che si avvicinano a noi per ammanettarci. «Con la polizia sono mesi che "indaghiamo" su di voi. Non sospettano nulla sul fatto che siamo corrotti. Stiamo collaborando con la polizia messicana e avevamo detto loro che avevamo un piano per arrestarvi, e ci aspettano a qualche chilometro da qui.» Ci portano fuori dalla villa, ammanettate e non con delle manette pelose, e ci mettono in una volante della polizia. «Chris, ho solo un rimpianto» dice Maeve. «Non essermi vendicata per quel fottutissimo orgasmo mancato. Questa è una questione che ho preso sul personale.» Chris guida per mezz'ora, mentre io e Maeve ci guardiamo rassegnate. Ci siamo fatte fregare alla grande. Quando arriviamo, una pattuglia della polizia ci aspetta con le armi puntate verso di noi. Veniamo fatte scendere dall'auto e l'unica cosa che ci viene detta è la frase che si sente sempre in questi casi. «Vi dichiaro in arresto. Ogni cosa che direte verrà usata contro di voi in tribunale. Avete diritto a un avvocato, e se non ne avete uno ve ne sarà assegnato uno d'ufficio.»
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