03 | ᴍᴀᴍᴍᴀ, ᴛɪ sᴇɪ ғᴜᴍᴀᴛᴀ ᴜɴᴀ ᴄᴀɴɴᴀ?

1061 Words
«Svegliati mio piccolo bocciolo di rosa!» Sento mia madre urlare, e sono costretta ad aprire gli occhi. Grugnisco infastidita, sbadiglio senza preoccuparmi di coprire la mia bocca con la mano e alzo leggermente la testa dal cuscino per vedere mia madre sulla soglia della porta della mia stanza. «Ma che ore sono?» chiedo, vedendo che dalla finestra c'è una solo una lieve luce. Mi guarda ovvia. «È l'alba, tesoro. Ed è tardi. Devi alzarti dal letto per poter fare qualcosa di utile nella tua vita. Devi iniziare a gettare le basi per il tuo futuro. La vita è imprevedibile, non sai mai se vivrai per altri dieci anni o se morirai la prossima volta che attraverserai la strada, quindi devi vivere appieno la tua vita. Vuoi passare il resto dei tuoi giorni a dormire?» Sbatto le palpebre più volte, spaesata e confusa dal discorso che mia mamma ha appena fatto. All'alba. Mentre sono sveglia da pochi secondi. «Ehm... si?» dico, non troppo convinta, per rispondere alla domanda di mia madre. Poi la osservo meglio: ha un sorriso che parte da un orecchio e finisce all'altro, gli occhi arrossati, e fa discorsi schifosamente filosofici e schifosamente strani, e così capisco. «Mamma, ti sei fumata una canna?» Il suo sorriso si allarga. «E allora? Hai idea degli enormi benefici terapeutici che ha la c******s sul nostro organismo? Dovresti provarla.» Se ne esce dalla stanza. Ma certo. I genitori degli altri consigliano ai loro figli di non cadere in brutti giri, di pensare al futuro e di tenere la testa sulle spalle. E poi c'è mia madre, che consiglia alla sua unica figlia di fumare una canna, divertirsi perché si vive una volta sola e di non preoccuparsi di niente. Famiglia nella norma la mia. Lascio ricadere la mia testa sul cuscino con l'intenzione di rimettermi subito a dormire, e non ci vuole molto prima che Morfeo mi riprenda con sé. ***** «Stupida palla di pelo da quattro soldi! Se ti becco sulla strada mentre esco dal garage giuro che ti metto sotto la mia auto!» Mi sveglio a causa delle urla di mio padre - perché sì, in questa famiglia non si fa altro che urlare - e mi affaccio alla finestra della mia camera per vedere la scena che fa parte della mia quotidianità. Puntualmente, ogni mattina, mio padre urla contro il chihuahua del vicino, e puntualmente lo prendo in giro. La mia camera si affaccia sul piccolo giardino frontale della casa, circondato da una siepe e con un piccolo portico dove si trova un comodissimo dondolo in legno agganciato alla parte superiore, mentre sul retro della casa di trova un giardino più grande, con un angolo barbecue e una piccola coltivazione di m*******a generosamente curata da mia madre. Apro la finestra e guardo verso il portico, dove mio padre è appoggiato mentre guarda il cane. «Andiamo papà, che ti ha fatto di male quel povero animale?» Lui alza la testa verso di me e mi guarda come io ho guardato mia madre prima quando mi ha detto che era l'alba. «Cosa ha fatto di male? Cosa ha fatto di male?» strilla, rosso in viso. «Questa bestia di Satana ha fatto pipì sulla mia siepe. Di nuovo! E mi ha mangiato il giornale. Il giornale, capisci? Ora non posso leggerlo mentre bevo il mio adorato caffè!» Attirati dalle urla, Malory, Andrew e William escono di casa per vedere cosa sta succedendo. Mio padre si gira verso di loro, e così non si accorge del chihuahua che salta la siepe e corre verso mio padre, saltandogli addosso. Così la tazza di caffè che mio padre teneva tra le mani cade a terra, rovesciando la bevanda. Uh uh. Prevedo guai. Molti guai. Provare a togliere il caffè a mio padre è come provare a convincere mia madre a non fumare più l'erba. Mio padre trasalisce e si gira di scatto, alternando lo sguardo tra le sue mani e la tazza per terra, per poi guardare il cane, che lo fissa abbaiando e scodinzolando. Decido di scendere di corsa e uscire, prima che il chihuahua diventi una ciabatta, e quando apro la porta di ingresso faccio in tempo a vedere mio padre che si butta oltre la siepe per seguire il cane, cadendo con un tonfo dall'altra parte. Mi mordo il labbro, ma non resisto e scoppio a ridere, stessa cosa fanno i vicini. Smetto quando una ciabatta mi colpisce sul braccio, e vedo mio padre guardarmi male. «Razza di figlia ingrata...» inizia a dire, ma non finisce la frase che il proprietario del cane esce di casa. Il signor Dowson è un uomo sulla cinquantina che vive da solo, beh, con il suo cane, e mi fa morire dal ridere. Il signor Dowson di avvicina a noi camminando come se fosse qualcuno sul red carpet, mentre indossa una vestaglia leopardata, delle ciabatte zebrate e... è un boa piumato quello?! Quando arriva davanti a mio padre lo saluta. «Buongiorno signor Jane. Si trova bene sul mio prato?» chiede, fintamente tranquillo. «Buongiorno a lei, signor Dowson. Perché me lo chiede?» «Lei sta commettendo una violazione di proprietà privata. La potrei denunciare.» Sto cercando di non ridere, ma è praticamente impossibile. Il signor Dowson ha fatto l'avvocato per qualche anno, ma poi si è reso conto che non era la sua vera passione e ha deciso di fondare un'associazione per proteggere gli animali. Ogni volta minaccia mio padre di denunciarlo per cose che secondo me non esistono nemmeno, e ogni volta ci divertiamo a vedere la faccia di mio padre. Mio padre a quel punto trasalisce. «Io starei invadendo una proprietà privata? Io?! E che mi dice del suo cane, eh? Che ogni mattina mi rovina la siepe e viene nel mio giardino?» A quel punto il signor Dowson sorride. «Io non ho mai visto il mio cane fare una cosa del genere.» Poi si gira verso di me. «E tu, Ivy cara, l'hai mai visto?» Faccio un sorriso d'intesa al mio vicino. «No. Mai. Non so di cosa stia parlando mio padre.» Quest'ultimo si gira quasi a rallentatore verso di me, e ha una faccia oltraggiata. Si porta una mano al cuore e mi guarda. «Giuro che te la farò pagare, razza di figlia disgraziata!» A quel punto scavalca di nuovo la siepe, cadendo per terra come prima, ed io scoppio di nuovo a ridere.
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