Capitolo IV-1

2005 Words
Capitolo IVChe c’è? La cavalla di chi è morta? Che è successo? Falstaff Una grande slitta da carico, tirata da quattro cavalli, fu vista trasvolare fra i cespugli che costeggiavano la strada. I due cavalli davanti erano grigi, e gli altri due di un nero lucente. Innumerevoli campanelli erano appesi a ogni parte dei finimenti, dovunque potesse esser attaccata una tintinnante pallina, e la velocità del veicolo, nonostante la ripida ascesa, denotava il desiderio del guidatore di farli squillare a più non posso. Il giudice riconobbe al primo sguardo i componenti di quel singolare equipaggio. La slitta conteneva quattro uomini. Su uno di quegli sgabelli che si adoperano per le scrivanie, saldamente legato ai lati del veicolo, sedeva un ometto, così avviluppato in un pastrano orlato di pelliccia, che non si scorgeva di lui che un viso di un bel colore uniforme. Il portamento della testa di questo gentiluomo aveva sempre un che di altezzoso, quasi fosse scontento della sua naturale vicinanza alla terra, e sul suo viso si leggeva senza posa un’aria d’affaccendata preoccupazione. Il guidatore era lui, e teneva i cavalli all’orlo del precipizio con occhio intrepido e mano sicura. Proprio alle sue spalle, rivolto verso gli altri due, si vedeva un’alta figura a cui nemmeno i due pastrani che indossava oltre a una coperta da cavallo riuscivano a dare un aspetto di robustezza. Il suo viso sporgeva da sotto un berretto da notte di lana, e quando lo voltò verso Marmaduke, all’avvicinarsi delle due slitte, sembrò fatto dalla natura per tagliar l’aria con la minima resistenza possibile. Soltanto gli occhi parevano creare un ostacolo, tanto sporgevano ai lati dalla fronte i loro grossi globi di un vitreo celeste. Il pallore del viso era così inveterato da non sentire nemmeno il morso dell’aria gelida della sera. Dinanzi a lui sedeva un individuo robusto, basso e tarchiato, di cui non si scorgeva, sotto i numerosi panni che lo avviluppavano, altro che un volto illuminato da un paio di vivaci occhi neri che smentivano qualunque pretesa di serietà da parte dei lineamenti, e incorniciato da una bella e ordinata parrucca. Anche lui, come gli altri due, portava un berretto di martora. Il quarto era un uomo dal viso lungo e mite, mal protetto dal freddo da un paltoncino nero, tagliato con una certa cura ma piuttosto lucido e logoro, e da un cappello dignitoso ma consunto da troppo frequenti spazzolature. Su quel pallido viso che l’aria aveva acceso di un rossore febbrile, si leggeva una lieve malinconia, o per lo meno un’inclinazione alla vita raccolta dello studioso: e tutto il suo aspetto, specialmente a contrasto con l’allegro vicino, denotava l’abitudine alla meditazione e al pensiero. Appena le due slitte si furono avvicinate tanto che i viaggiatori potessero intendersi, il guidatore di quel fantastico equipaggio gridò: «Fatti verso la cava, o re dei re! Fatti verso la cava, Agamennone, o non potrò passare! Bentornato a casa, cugino Duke, bentornato, bentornata Bess dagli occhi neri! Vedi bene, Marmaduke, che sono sceso in campo con una scelta compagnia, per farti onore. Monsieur Le Quoi è venuto con un berretto solo, il vecchio Fritz non ha nemmeno aspettato di vuotar la bottiglia, e il reverendo Grant ha dovuto mettere finalmente la parola fine al suo sermone. Anche i cavalli sono voluti venire tutti... a proposito, giudice, devo venderti i neri immediatamente: vogliono fare a modo loro e quello là, da quella parte, non va per un tiro a quattro; non riesco a…». «Vendi quello che ti pare, Dickon», lo interruppe il giudice allegramente, «basta che mi lasci mia figlia e le mie terre. Ah, Fritz, caro amico, è un vero complimento, che i settant’anni vengano incontro ai cinquantaquattro! Monsieur Le Quoi, servo vostro. Reverendo», e qui il giudice si levò il berretto, «vi sono molto grato della vostra cortesia. Signori, vi presento mia figlia. I vostri nomi le sono tutti familiari». «Penfenuto, ciutice, penfenuto», disse il più vecchio della comitiva con forte accento tedesco. «La signorina Pess mi teve un pacio». «Con molto piacere, caro signore!», gridò la dolce voce di Elizabeth che risuonò nell’aria limpida dei monti come uno squillo d’argento, fra le grida di Richard. «Ho sempre pronto un bacio per il mio vecchio amico, il maggiore Hartmann». Frattanto il signore del sedile di fronte, interpellato come Monsieur Le Quoi, si era alzato con una certa fatica, dato l’impaccio di tutte le coperte, poi, appoggiandosi con una mano allo sgabello del guidatore, si levò con l’altra il berretto, e inchinandosi cortesemente al giudice, e profondamente a Elizabeth, sciorinò un complimentoso saluto. «Copritevi la zucca, Gallo, copritevi la zucca!», gridò il guidatore, che era il signor Richard Jones, «o il freddo vi porterà via gli ultimi capelli che vi rimangono. Se la chioma di Assalonne fosse stata come la vostra, a quest’ora quello sarebbe ancora vivo». Le barzellette di Richard non mancavano mai di suscitare le risa, perché era sempre lui il primo a render omaggio al suo spirito; sicché anche quella volta ci si godette una bella risata, mentre il signor Le Quoi tornava a sedersi facendogli cortesemente eco. L’ecclesiastico, perché tale era il signor Grant, scambiò anche lui i saluti con i viaggiatori, in tono modesto ma sincero, e Richard si preparò a voltare i cavalli per tornare indietro. Ciò era fattibile soltanto in quel punto, a meno di non ascendere fino alla sommità della montagna. Nel fianco di questa, proprio dove Richard era riuscito a fermare la slitta, era stata aperta un’ampia cava da cui venivano tratte le pietre necessarie alla costruzione del villaggio. Solo passarvi era già un compito difficile e spesso pericoloso, data la strettezza della strada, ma a questo Richard doveva aggiungere il rischio di girare con un tiro a quattro. Il nero si offrì gentilmente di reggere i due cavalli di testa, e il giudice si affrettò ad assecondare con molto calore la proposta; ma Richard la respinse con gran disdegno. «Ohibò! E perché, cugino Duke?», esclamò un po’ stizzito. «I cavalli sono docili come agnellini. Sai che ho domato proprio io i due di testa, e quanto a quelli di stanga sono troppo vicini alla mia frusta per fare scherzi. Ecco qua il signor Le Quoi che se ne dovrebbe intendere, perché ha scorrazzato tante volte con me; lascio a lui decidere se c’è pericolo o no». Non era nella natura del francese di deludere tanta confidente attesa, benché, quando Richard voltò i cavalli, il galantuomo fissasse il precipizio che gli si spalancava davanti con un paio d’occhi che gli schizzavano dalle orbite come quelli di un’aragosta. Il vecchio tedesco non batté ciglio, ma non perdeva di vista ogni mossa del guidatore. Il reverendo Grant si afferrò con ambo le mani all’orlo della slitta, pronto a buttarsi giù, ma la timidezza morale lo trattenne dal fare il salto che la paura fisica lo spingeva a tentare. Con un’improvvisa applicazione della frusta Richard riuscì a spingere i due cavalli davanti nel mucchio di neve che copriva la cava; ma appena i due focosi animali sentirono la crosta di ghiaccio su cui scivolavano a ogni passo, rifiutarono senz’altro di proseguire in quella direzione; anzi, poiché le grida e i colpi del guidatore aumentavano in quel frangente, indietreggiarono sugli altri due e questi a loro volta indietreggiarono sulla slitta. Dal rinforzo che sosteneva la strada dalla parte della valle sporgeva in quel punto soltanto un tronco, ed era coperto dalla neve. La slitta fu spinta violentemente verso quell’insufficiente riparo, e prima che Richard se ne accorgesse metà del veicolo fu proiettata sul precipizio che cadeva a picco per più di trenta metri. Monsieur Le Quoi, che dal posto che occupava aveva una visione completa del volo minacciato, si buttò istintivamente indietro più che poteva e gridò: «Ah! Monsieur d**k! Mon Dieu! Que faites-vous!»2. «Donner und blitzen3, Richard!», esclamò il vecchio tedesco guardando oltre il bordo con insolita emozione, «ma voi rompete la slitta e uccidete i cavalli!». «Caro signor Jones», balbettava l’ecclesiastico, «prudenza, mio buon signore, prudenza…». «Avanti, demoni bastardi!», gridò Richard gettando alla situazione un’occhiata a volo d’uccello e prendendo a calci lo sgabello su cui sedeva, nell’ansia di procedere. «Avanti, dico… Cugino Duke, dovrò vendere anche i grigi; sono i cavalli più malavvezzi… Monsieur Le Quaw!». Richard era troppo agitato per curare la pronuncia di cui normalmente era un po’ vano. «Monsieur Le Quaw, fate il piacere, toglietevi dalla mia gamba, me la tenete così stretta che non fa meraviglia che i cavalli indietreggino!». «Misericordia!», esclamò il giudice. «Si ammazzeranno tutti!». Elizabeth lanciò un grido acuto e il nero viso di Agamennone diventò di un bianco sporco. In quel momento critico il giovane cacciatore che, durante i saluti scambiati dalle due parti, era rimasto seduto in silenzio, balzò dalla slitta di Marmaduke alla testa dei cavalli recalcitranti che sotto gli imprudenti colpi di Richard, scagliati un po’ a caso, scalpitavano con quel sinistro movimento che minaccia uno scarto improvviso, continuando a indietreggiare. Il giovane dette un vigoroso strattone ai due cavalli davanti che si buttarono da parte e rientrarono nella strada, nella posizione in cui erano stati precedentemente fermati; ma la slitta, sganciata di colpo dalla sua pericolosa posizione, si rovesciò con tutti i viaggiatori. Il tedesco e l’ecclesiastico furono scaraventati sulla strada, senza tanti complimenti ma senza danno alle loro ossa. Richard fu visto descrivere in aria un semicerchio di cui le redini erano il raggio e approdare alla distanza di una quindicina di piedi proprio sul banco di neve che i suoi cavalli avevano paventato; e lì, afferrandosi alle redini come chi annega si afferra a una pagliuzza, servì meravigliosamente a funzionare da àncora. Il francese, che già in piedi stava per buttarsi dalla slitta, fece un bel volo anche lui, nella posizione dei ragazzi quando giocano a salta la quaglia, e schizzando via secondo una tangente al corso dei cavalli piombò a capofitto sulla neve e vi rimase, presentando due scarne gambe che springavano furiosamente, come due cornacchie saltellanti in un campo di grano. Il maggiore Hartmann, che aveva conservato un ammirevole sangue freddo, fu il primo a rimettersi in piedi e a ritrovare la voce. «Tiavolo, Richard!», esclamò, un po’ per scherzo un po’ sul serio. «Come avete scaricato pene la vostra slitta». Se l’atteggiamento in cui il reverendo Grant rimase ancora un momento era effetto del capitombolo o uno spontaneo omaggio alla Provvidenza, non si sa; certo che, appena rialzatosi, girò intorno uno sguardo ansioso per assicurarsi dell’incolumità dei compagni, tremando ancora a verga a verga. Anche le facoltà del signor Jones erano alquanto confuse, ma a mano a mano che la nebbia si dissipava dinanzi ai suoi occhi, visto che tutti erano sani e salvi, si mise a gridare con grande compiacimento: «Ebbene, me la sono cavata a perfezione, a ogni modo! Fortuna che ho pensato a tener strette le redini, o quei demoni adesso sarebbero in cima alla montagna! Come mi sono ripreso, eh, Duke? Ancora un momento e sarebbe stato troppo tardi. Ma sapevo dove toccare il cavallo di testa; una frustata sotto il fianco e una strappata alle redini lo hanno rimesso in sesto, lo devo riconoscere io stesso»4. «Scherzi, Dickon!», rispose il giudice. «Ti sei ripreso!… Ma se non fosse stato per questo bravo ragazzo, tu e i tuoi cavalli, o meglio i miei, sareste a pezzi in fondo a quel precipizio… Ma dov’è Monsieur Le Quoi?». «Oh! Mon cher juge! Mon ami!» gridò una voce soffocata, «Dio sia lodato, son vivo; per favore, signor Agamennone, vuol venire qui ad aiutarmi a rimettermi in piedi?». Il reverendo Grant e il nero afferrarono per le gambe il Gallo imprigionato e lo cavarono fuori da un mucchio di neve alto un metro da cui la sua voce saliva come da una tomba. I pensieri di Monsieur Le Quoi, subito dopo la liberazione, non erano molto a posto, e appena riemerso alla luce egli allungò lo sguardo per vedere dove era caduto. Il suo buonumore tornò, tuttavia, con la certezza dell’incolumità, benché gli ci volesse un po’ di tempo per riordinare le idee.
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