La sera passava. Prima che Albertina andasse a letto, non c’era più molto tempo da perdere se volevamo far la pace e tornare a baciarci. Alcuno dei due non ne aveva ancor preso l’iniziativa. Sentendo ch’era arrabbiata sul serio, ne profittai per parlarle d’Esther Lévy. — Bloch m’ha detta (cosa che non era vera) che avevate assai conosciuta la sua cugina Esther. — Non la riconoscerei neppure! – rispose Albertina con un’aria vaga. — Ho visto la sua fotografia, ripresi incollerito. Così dicendo non guardai Albertina: e non vidi che faccia facesse, cioè la sua sola risposta, poichè non articolò parola. Quel che provavo in quelle sere con Albertina non era più l’assopimento nel bacio di mia madre a Combray: ma, al contrario, l’angoscia di quelle in cui mia madre mi diceva appena «buona sera