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La precauzione inutile

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La precauzione inutile è la versione abbreviata de La prigioniera di Marcel Proust inviata dall'autore alla rivista letteraria francese, diretta da Henri Duvernois, "Les Oeuvres libres", dove apparve postuma nel numero 20 (20 febbraio 1923). La prigioniera (La Prisonnière) è il quinto volume dell'opera di Marcel Proust Alla ricerca del tempo perduto (À la recherce du temps perdu).«Ogni lettore, quando legge, legge se stesso. L'opera dello scrittore è soltanto una specie di strumento ottico che egli offre al lettore per permettergli di discernere quello che, senza libro, non avrebbe forse visto in se stesso.»(M. Proust, da Il tempo ritrovato)Marcel Proust (Parigi, 10 luglio 1871 – Parigi, 18 novembre 1922), è stato uno scrittore, saggista e critico letterario francese, la cui opera più nota è il monumentale romanzo Alla ricerca del tempo perduto (À la recherche du temps perdu) pubblicato in sette volumi tra il 1913 e il 1927.Traduzione di Eugenio Giovannetti.

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PREFAZIONE
PREFAZIONE Il lettore ha qui il più bel romanzo d’amore di Marcello Proust, o, più precisamente, il più significativo episodio della lunga autobiografia romanzata (quindici volumi) cui lo scrittore ha dato il titolo: «Alla ricerca del tempo perduto». Questo tempo non è affatto il perduto nel senso ordinario, è lo «psicologicamente vissuto»: quello cioè non dei fatti quotidiani, comunissimi nella vita mondana e malaticcia e umbratile del Proust, ma delle loro ripercussioni interiori, profonde, tortuose, mutevoli. Nulla mai è fermo in cotesta ombrosa boscaglia interna di sensazioni e riflessioni tra memoria e volontà: non c’è mai nulla di quel definitivo per eccellenza ch’è «il carattere»; e tutto, invece, di giorno in giorno, ondeggia, si trasforma, diviene. Il lettore può avere così l’impressione che, come motivo centrale d’interni affetti e di trasformazioni infinite nel caleidoscopio sociale, la vita di Marcello Proust si concludesse e s’esaurisse tra le due bagnature alla spiaggia di Balbec, che sono l’eterno presupposto di questo racconto e che parrebbero perfettamente volgari e insignificanti nella vita d’un qualsiasi ricco figlio di famiglia. Il lettore pensi che, per lo scrittore, il veramente vissuto non è affatto nella superficie esterna dell’esperienza, ma proprio in cotesta eco interna che continua quell’esperienza in lui e l’ombreggia e la riplasma senza fine. Quest’uomo vuol mostrarvi che cosa ci sia sotto il tessuto sociale dell’esperienza. Se v’ostinate a guardare sopra, non potete intendervi con lui. Lui vi mostra il risvolto dell’impermeabile: i sorprendenti, coloriti meandri di quella gommata fodera scozzese, che deve restar sempre al buio. Ma a voi preme l’altra stoffa, quella che si vede, quella che sola vi pare «reale». E allora non andate da lui: perchè lui è al mondo soltanto per dimostrarvi che la fodera è non meno reale, non meno essenziale per l’impermeabile. Preparatevi dunque a veder qui un amore, un grande e strano amore, nel suo risvolto scozzese. E troverete proprio in questo racconto alcune pagine, quelle su Albertina dormente, che, a parte la morbidità d’un culto troppo estetico per la donna, sono forse il capolavoro dell’analisi psicologica proustiana, in quanto almeno hanno una chiarezza, una musicalità, un’elevazione persino, assolutamente inconsuete in uno scrittore dal periodo sempre intricato e circonvoluto, a chiocciola, così anti-classico, così anti-francese. Quando avrete letto questo racconto, potrete onestamente dire di conoscere il Proust più vero e maggiore, nel più vivo e delicato nocciuolo dell’opera sua, o, direi addirittura, nella sua mandorla amara. Capisco che non si vive di mandorle, e che il pane bruno ha ben altro sapore e dà ben altro nutrimento; ma l’amaro c’è per qualche cosa al mondo, ed è prudente assaggiare anche quello. Ripeto: qui avete il sociale analizzatore maturo e completo, anche nelle sue storture, cioè anche nel suo morbido troppo adesivo, troppo da mollusco. Anche in queste pagine elette avvertite infatti quel sottil puzzo di chiuso ch’è in tutta l’opera proustiana; e pare anzi qui un gesto squisitamente simbolico ed umano quello di Albertina ribelle, che, nella notte, spalanca finalmente una finestra in casa Proust. In quel gesto è forse anticipata la protesta, o almeno la riserva, delle generazioni intellettuali venture. Il curricolo della vita di Marcello Proust è breve (1871-1922) e l’opera in quindici volumi, A la recherche du temps perdu (1913) fu intrapresa da un valetudinario che non usciva più di casa. Il padre di Marcello Proust era un professore di medicina; e la madre era di famiglia ebraica. Una prima parte della Recherche du temps perdu apparve nello stesso 1913, e fu il Du côté de chez Swann , che attrasse l’attenzione dei letterati; ma l’autore era ancora quasi ignoto e aveva pubblicato il libro a proprie spese. Il secondo, apparso poco dopo, A l’ombre des jeunes filles en fleur , fu quello che gli dette d’improvviso la fama. Seguirono, ancor vivo l’autore, Du côté de Guermantes (1921) e Sodome et Gomorrhe (1921) , e poi La prisonnière (1924) , Albertine disparue , Le temps retrouvé e gli altri. La più preziosa fonte sulla vita e le opere del Proust è il famoso Hommage à M. Proust , edito dalla «Nouvelle Revue française» ed oggi, nell’edizione originale, assai raro. Eugenio Giovannetti

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