Conoscendo parecchie Albertine in una sola, mi pareva vederne ancor altre riposare accanto a me. Quelle sopracciglia arcuate come non le avevo mai viste circondavano i globi delle palpebre come un dolce nido d’alcione. Razze, atavismi, vizi, riposavano su quel volto. Ogni volta che spostava la testa, creava una donna nuova, sovente insospettata da me. Mi pareva di possedere non una ma più ragazze insieme. La respirazione, sempre più profonda, sollevava ora regolarmente il petto e, al disopra di quello, le mani incrociate, le perle, spostate in maniere differenti dallo stesso movimento, come quelle barche, quelle catene d’ammaraggio, che fa oscillare il movimento dell’onda. Allora, sentendo che il suo sonno era perfetto e non avrei incontrato altri scogli di coscienza, ormai tutti coperti d