Uno, altero, irraggiungibile, era quello che si imponeva allo sguardo. La sua altezza, rivestita di lusso, la sua pelle bianca, quegli stupefacenti capelli bluastri e, specialmente, gli occhi di rubino, che sembravano sempre vedere oltre di te. Il primo Marte era un simbolo, una divinità, così lontano, separato dal resto, alieno, impenetrabile. L’altro Marte, quello che iniziavi a vedere solo quando il primo svaniva, al contrario era così umano da farti male. Si rivelava nei dettagli. Il tendine che guizzava sul dorso della sua mano quando scriveva, un ciglio blu scuro caduto sulla sua guancia dopo che si era stropicciato gli occhi, il gesto con cui spostava i capelli dietro all’orecchio e se li appoggiava sulla schiena. In quei momenti, quando Julie scorgeva il secondo Marte nascosto