CAPITOLO DUE
Riley si sedette sulla sedia più vicina, con la mente in subbuglio, mentre le parole della donna riecheggiavano nella sua mente.
“Ho ucciso il bastardo.”
Morgan lo aveva detto davvero?
Poi Morgan chiese: “Agente Paige, è ancora lì?”
“Sono ancora qui” Riley rispose. “Mi dica che cos’è successo.”
Morgan sembrava ancora stranamente calma.
“Il fatto è che non ne sono esattamente sicura. Sono stata poco lucida recentemente, e tendo a non ricordare le cose che faccio. Ma l’ho ucciso, decisamente. Sto guardando il suo corpo nel letto, e ha ferite da coltello ovunque, e ha perso molto sangue. A quanto pare, ho usato un coltello affilato da cucina. Il coltello è proprio accanto al suo corpo.”
Riley si sforzò di trovare un senso a quanto stava sentendo.
Lei ricordò di quanto Morgan le fosse sembrata patologicamente magra. Aveva ipotizzato che fosse anoressica. Riley sapeva meglio della maggior parte delle persone quanto fosse difficile pugnalare una persona a morte. Morgan era fisicamente in grado di commettere un tale gesto?
Sentì la donna sospirare.
“Detesto volerla importunare, ma, onestamente, non so che cosa fare adesso. Mi chiedo se lei possa aiutarmi.”
“Lo ha detto a qualcun altro? Ha chiamato la polizia?”
“No.”
Riley balbettò: “Va… va bene, provvedo subito.”
“Oh, la ringrazio tanto.”
Riley stava per dire a Morgan di restare in linea, mentre faceva un’altra chiamata al cellulare. Ma la donna riagganciò.
Rimase seduta a fissare il vuoto per un momento, finché non sentì Jilly chiedere: “Mamma, qualcosa non va?”
Riley alzò gli occhi e vide che Jilly sembrava profondamente preoccupata.
Lei disse: “Nulla di cui preoccuparti, tesoro.”
Poi, riprese il cellulare e chiamò la polizia di Atlanta.
*
L’agente Jared Ruhl sedeva, annoiato ed irrequieto, nell’auto di pattuglia, guidata dal Sergente Dylan Petrie. Era notte, e stavano pattugliando uno dei quartieri più ricchi di Atlanta, una zona in cui di rado avvenivano crimini. Ruhl era nuovo del mestiere, ed era affamato d’azione.
Nutriva un grande rispetto per il suo partner e mentore. Il Sergente Petrie, afroamericano, in servizio da oltre vent’anni, ed era uno dei poliziotti più esperti e competenti esistenti.
Mi chiedo perché stiamo perdendo tempo così? Ruhl si domandò.
Come per rispondere alla sua domanda inespressa, una voce femminile interruppe il silenzio…
“Quattro-Frank-tredici, mi ricevete?”
L’attenzione di Ruhl si ridestò quando sentì la sigla identificativa del loro veicolo.
Petrie rispose: “Ti riceviamo, va’ avanti.”
La voce esitò, come se quasi non credesse a quello che stava per comunicare.
Poi disse: “Abbiamo un possibile centottantasette a casa Farrell. Andate sulla scena.”
La bocca di Ruhl si spalancò, e vide gli occhi di Petrie sbarrati per la sorpresa. Ruhl sapeva che 187 era il codice che stava per omicidio.
A casa di Andrew Farrell? Ruhl si domandò.
Entrambi non riuscivano a credere alle proprie orecchie.
“Ripeti” Petrie disse.
“Un possibile 187 a casa Farrell. Riuscite ad arrivarci?”
Ruhl vide Petrie strizzare gli occhi perplesso.
“Sì” Petrie disse. “Chi è il sospettato?”
La voce esitò ancora, poi aggiunse: “La Signora Farrell.”
Petrie sbottò, scuotendo il capo. “Uh … è uno scherzo?”.
“Per niente.”
“Chi è il mio RP?” Petrie domandò.
Che cosa significa? Ruhl si chiese.
Oh, certo …
Significava: “Chi ha riportato il crimine?”
La voce rispose: “Ha chiamato un agente del BAU da Phoenix, Arizona. So quanto sembri strano, ma …”
Calò il silenzio.
Petrie disse: “Risposta al Codice Tre?”
Ruhl sapeva che Petrie stava chiedendo se usare le luci lampeggianti e la sirena.
La voce chiese: “Quanto distate dal posto?”
“Meno di un minuto” Petrie ribatté.
“Meglio restare in silenzio allora. Tutta questa faccenda è …”
La voce svanì di nuovo. Ruhl immaginava che la donna non volesse attirare l’attenzione. Qualunque cosa stesse davvero accadendo in quel quartiere lussuoso e privilegiato, era senz’altro meglio tenere i media lontani il più a lungo possibile.
Infine, la voce ricomparve: “Fate un controllo, OK?”
“Ricevuto. Siamo diretti sul posto.”
Petrie pigiò sull’acceleratore e sfrecciarono lungo la strada, immersa nel silenzio.
Ruhl si guardò intorno stupito, mentre si avvicinavano alla villa dei Farrell. Non era mai stato così vicino. La casa si estendeva in ogni direzione, e a lui appariva più un country club che l’abitazione di qualcuno. L’esterno era illuminato con cura, per protezione, senza dubbio, ma anche per ostentare gli archi, le colonne e le grandi finestre.
Petrie parcheggiò l’auto nel vialetto circolare, e spense il motore. Lui e Ruhl uscirono dall’auto e si diressero verso l’enorme entrata. Petrie suonò il campanello.
Dopo alcuni istanti, un uomo alto e snello aprì la porta. Ruhl dedusse dallo smoking elegante e dalla sua espressione severa e boriosa, che fosse il maggiordomo della famiglia.
Sembrò sorpreso al vedere i due poliziotti, e per niente contento.
“Potrei chiedervi a cosa è dovuta la vostra presenza?” l’uomo domandò.
Il maggiordomo non sembrava avere alcuna idea del fatto che potesse esserci un problema all’interno della villa.
Petrie guardò Ruhl, che sentiva ciò che il suo mentore stava pensando …
Solo un falso allarme.
Probabilmente uno scherzo.
Petrie disse al maggiordomo: “Potremmo parlare col Signor Farrell, per favore?”
Il maggiordomo sorrise in maniera altezzosa.
“Temo che non sia possibile” l’uomo disse. “E’ profondamente addormentato, e ho ordini molto precisi”
Petrie lo interruppe: “Abbiamo ragione di essere preoccupati riguardo alla sua sicurezza.”
Il sopracciglio del maggiordomo si sollevò.
“Davvero?” disse. “Gli darò un’occhiata, se insistete. Proverò a non svegliarlo. Vi assicuro, si lamenterebbe in maniera piuttosto accesa.”
Petrie entrò seguendo il maggiordomo nella casa, senza chiedere permesso. L’abitazione era vasta: un colonnato marmoreo conduceva ad una scalinata coperta da un tappeto rosso, fiancheggiata da un corrimano rosso curvo. Ruhl trovava sempre più difficile credere che qualcuno vivesse davvero lì. Assomigliava piuttosto ad un set cinematografico.
Ruhl e Petrie seguirono il maggiordomo in cima alle scale, poi lungo un ampio corridoio fino ad un paio di porte doppie.
“La camera padronale” il maggiordomo disse. “Aspettate qui un momento.”
Il maggiordomo oltrepassò le porte.
Poi, sentirono un grido di orrore.
Ruhl e Petrie si precipitarono all’interno e si ritrovarono in un soggiorno; da lì entrarono in un’enorme camera da letto.
Il maggiordomo aveva già acceso le luci. Per un attimo Ruhl avvertì quasi un dolore agli occhi, dovuto al repentino cambio di illuminazione. Poi, lo sguardo gli cadde su un letto a balze. Come ogni altra cosa nella casa, anche questo era enorme: sembrava un elemento uscito fuori dalla scena di un film. Ma, per quanto fosse grande, era sovrastato dal resto della grandezza della camera.
Ogni elemento nella camera padronale era oro e bianco, ad eccezione del sangue sparso su tutto il letto.