Sì, doveva essere davvero grato a Eric.
E lo sarebbe stato tutta la sua vita.
L’indomani mattina, Ares e Astrea andarono a trovare i ricoverati in Infermeria. Come prevedibile, i più erano cupi e angustiati, malgrado il miglioramento delle condizioni fisiche. Anche Eric pareva aver perso l’abituale baldanza. Visibilmente dolorante, accettò con un sorriso stentato i dolcetti che Astrea aveva chiesto a Daisy di fare apposta per lui
Il pranzo si svolse in silenzio. Tutti gli allievi, anche i più giovani, sembravano relativamente quieti. Le loro espressioni, tuttavia, palesavano una più che giustificata apprensione. Ares e Astrea erano arrivati dopo gli altri nell’Auditorium che, mentre stavano finendo il dolce, si era abbondantemente svuotato.
D’un tratto, trafelati e urlanti, rientrarono diversi studenti che erano usciti da poco.
“UMBRA!! UUMBRAAAA!!!” gridavano tutti, raggiungendo i compagni seduti alle tavolate.
Ares e Astrea, come tutti i presenti, balzarono in piedi all’unisono.
Ares gettò una velocissima occhiata al Tavolo d’Onore e, vedendolo deserto, ordinò. “Qualcuno vada ad avvertire i Rectores!”
Subito dopo si precipitò all’uscita assieme agli altri. Non appena si accorse che anche Astrea era tra loro, si fermò di scatto e, prendendola per le spalle, la bloccò, pregandola concitato. “NO! Astrea, no!! Vai dalla Douglass, piuttosto!”
“Ci sono già andate Pamela e Vanessa.”
“Stai ferma qui, allora!”
“No, amore mio. Il mio posto è al tuo fianco, lo sai ...”
“Ma ...”
“Non c’è tempo per discutere. Non mi accadrà nulla. Andiamo!” replicò lei, prendendolo per un braccio e mettendosi a correre all’inseguimento degli altri.
Li raggiunsero rapidi, vedendo un attimo dopo il lembo di un pesante mantello sparire dietro l’angolo in fondo a un lunghissimo corridoio.
“Ci siamo! È in trappola!” esclamò Archie.
“Speriamo!” si augurò lui, correndo.
Sapeva che il luogo dove si stava dirigendo il malfattore era senza uscite, ma sapeva anche fin troppo bene che le risorse del Nemico erano illimitate e sorprendenti. Arrivarono velocemente nell’unico locale dove sfociava il corridoio: un salone circolare sulle cui pareti si trovavano diverse porte, che in pochi sapevano essere finte. Lui non si era mai spiegato la ragione di quel posto, ma le bizzarrie della Domus erano così tante, che aveva rinunciato a capirci qualcosa.
Come tutti, Ares vide Umbra dirigersi spedito verso la porta di fronte a lui e comandarne l’apertura. Naturalmente, non accadde nulla. Gli usci apparivano come reali, tanto erano perfetti in ogni particolare. Il ladro allungò rapido il braccio e la sua mano guantata di nero afferrò decisa la maniglia. L’abbassò e spinse con forza, portandosi d’impeto in avanti e andando quasi a sbattere contro il muro. Sbigottito per la sua inattesa resistenza, Umbra perse qualche istante, prima di dirigersi verso la porta accanto. Ripeté il comando. Nel silenzio, era perfettamente udibile la sua voce, benché molto bassa e roca, quasi contraffatta, che ora rivelava un certo nervosismo. Tentò di aprirla manualmente, ancora senza risultato e di nuovo di spostò a quella vicina, mentre Ares e compagni lo circondavano a distanza, su sua indicazione, così come altri si disponevano in file serrate davanti all’ingresso. Il Nemico arrivò all’ultimo uscio che, non esistendo, come ovvio non poteva aprirsi. Fu solo allora che si rese conto che l’uscita era completamente sbarrata da parecchi giovani che gli puntavano contro i loro Segni. Il malvivente si spostò verso il centro. Era fatta! Pensò Ares, che non contava molto su quell’errore.
Rapido, fece cenno a tutti i compagni in circolo di serrare le fila. Per la prima volta, Ares vide Umbra smarrito mentre l’accerchiamento si stava man mano stringendo attorno a lui. Per fortuna erano abbastanza numerosi da creare un cerchio compatto, senza spazi dove potesse intrufolarsi e fuggire. Erano in troppi e tutti pronti a colpirlo, perché un suo attacco potesse essere efficace. Ares comunque temeva che potesse provarci e ferire qualcuno.
“PARALIZI MAJOR!”
La voce potente di Yolhair riecheggiò in tutto il vasto ambiente. Ares vide il malvivente irrigidirsi e seppe che era finita. Distolse lo sguardo dal Nemico, ormai impotente, e vide il Praesidens, la Signora Van Soren e altri docenti aprirsi un varco nel cerchio dei difensori. Il suo Mentore si fermò davanti a Umbra. Il loro incubo di mesi era lì, immobile e non sembrava così imponente come sempre. Sotto il pesante cappuccio, tuttavia, si intravvedeva, in fondo, un gorgo nero che ancora incuteva terrore. Con un gesto della mano, Yolhair fece scivolare il copricapo indietro, che ricadde con pesantezza sulle spalle. Senza il cappuccio che ne celava il volto, Umbra era ancora più terrificante. La testa era interamente avvolta da leggere bende funeree e il viso era coperto da una specie di guscio nero, sul quale si muoveva incessantemente un inquietante vortice senza fine. Il Magister, la cui espressione severa lasciava trasparire un lieve stupore, passò di nuovo la mano davanti al volto del Nemico. La maschera lentamente svanì, lasciando i veli liberi di fluttuare leggermente.
“Desvela.” mormorò l’uomo, turbato.
Le garze scure si dissolsero, rivelando a tutti l’identità del loro Nemico.
Ovunque piombò un silenzio di tomba. Tutti, studenti e professori, erano come pietrificati da un sortilegio collettivo. Gli occhi increduli sbarrati, le bocche aperte a testimonianza di uno sbigottimento infinito. Ares non riusciva a distogliere lo sguardo esterrefatto dai tratti del Nemico che aveva terrorizzato i suoi compagni per mesi, che ne aveva feriti così tanti, che era il responsabile del grande pericolo corso da Astrea. Tra i presenti allibiti, mosse qualche passo stentato uno studente. Ares lesse sul suo volto il totale rifiuto a credere ciò che vedeva, unito al più assoluto sgomento.
Quando il giovane fu a un passo da Umbra mormorò con voce rotta. “E ... Ev-Evan ...”
Calvin ripeté un numero infinito di volte il nome del fratello con crescente vigore e pena mentre, ancora soggiogato dalla potente immobilizzazione, Evan era glaciale.
Il Praesidens si era scostato e, quando fu davanti al fratello, così sconvolgente in quelle vesti, Calvin iniziò a martellarne il petto, sempre più forte, gridando disperato.
“PERCHÈ?! PERCHÈ??!! COSA HAI FATTO?!! COSA HAI FATTO??!! COSAAAA HAI FATTOOOOO??!!! PERCHÈ???!!! PERCHÈ????!!!! DIMMELO!!!!! DIMMELO!!!!! ME LO DEVI DIREEEEE!!!”
Yolhair intervenne prendendo per le spalle Calvin, che scoppiò in un pianto dirotto. La sua costernata disperazione scosse dal loro allucinato sconcerto tutti gli astanti, che si guardarono in faccia sbigottiti chiedendosi cosa fare.
“Balthazar, Drystan portate Evan nel mio studio. Heather occupati per favore di Calvin. Leona convoca tutti i Magistri in Sala Consiglio. Ares, Astrea conducete i vostri compagni nell’Auditorium e poi avvertite tutti gli studenti di trovarsi lì fra mezz’ora; fatevi aiutare dai Senatores. Nessuno dovrà dire assolutamente nulla di quanto accaduto. Confido sulla serietà di tutti.”
Yolhair se ne andò, seguito da tutti gli adulti.
La scolaresca al gran completo era nell’Auditorium prima del tempo indicato dai Dapifer. Nessuno fiatava senza che neppure i Senatores avessero bisogno di intervenire. Nel salone, che pareva ancora più gigantesco a causa del silenzio assoluto che vi regnava, fece il suo ingresso Heather che chiese ad Ares e Astrea di seguirla.
Pochi minuti dopo erano nell’ufficio del Praesidens. Sulla sua scrivania c’erano diversi oggetti, che di sicuro non gli appartenevano.
“Ditemi di Evan.” li invitò l’uomo asciutto, facendo loro cenno di accomodarsi.
Ares gli confermò quanto gli avevano già riferito circa il dissidio, sempre più profondo, tra i fratelli dovuto, a suo avviso, non solo dal costante peggioramento di Evan negli studi, come sostenuto da Calvin, ma anche da un’incompatibilità di caratteri aggravata dalla malcelata competitività del più giovane verso il maggiore. L’indole di Evan non era sicuramente di facile gestione, ma il suo comportamento si era notevolmente aggravato negli ultimi mesi, com’era confermato dal deterioramento progressivo dei suoi rapporti con tutti e la rottura con la sua ragazza.
“Professore ... Io ... Io non riesco a crederci.” balbettò Astrea, angosciata quanto Calvin.
Yolhair alzò un sopracciglio e rivolse una breve occhiata a Brune e Stiff.
“Negli armadi di Evan Hubbard abbiamo trovato prove inconfutabili della sua colpevolezza.” sentenziò fosco Stiff.
“In questi testi di Negromanzia Avanzata, è descritta una notevole quantità di sortilegi, tutti proibiti. Sono state contrassegnate le pagine del Gorgo, diverse di mascheramento, di induzione di incubi, di ipervelocità e anche di levitazione umana. Insomma, tutte negromanzie che gli hanno permesso di impersonare Umbra. Abbiamo trovato anche una copia di un carteggio che descrive, con dovizie di particolari, quell’inafferrabile ladro e il suo modus operandi.” rivelò Drystan, con aria seria e dispiaciuta, indicando i libri sulla scrivania. “Inoltre, abbiamo trovato parecchi appunti con sigle e formule, che non siamo ancora riusciti a decifrare. Una dozzina di flaconi con diversi contenuti e quella scatola sigillata, il cui uso è ignoto e che non è stato possibile aprire in nessun modo. Tutto quanto era celato da sortilegi di occultamento tra i più sofisticati che si conoscano.”
Astrea sfiorò tutti gli oggetti, come se volesse cercare in quel contatto fisico le prove di una colpa alla quale non voleva credere. “Ma questi sembrano dei medicinali ... o, almeno, assomigliano molto a dei nomi che ho visto nei testi di farmacia di mia madre.” osservò perplessa, leggendo le etichette. “E questi ...” proseguì con voce tremante e occhi spalancati, additando gli appunti. “Questi ... questi sono link!”
Tutti la guardarono sorpresi. Lei si mise a scorrere febbrilmente i fogli presi dalla scrivania.
“Ma sì. È fuori dubbio. Questi sono indirizzi di siti web.” asserì determinata. Notando lo sguardo interrogativo degli adulti, precisò. “Si tratta di tecnologia Opaca.” Spiegò quindi brevemente di cosa si trattava.
“Pensi di poter scoprire a cosa si riferiscono?” verificò il Vanax del Circolo, interessato.
“Sì, certo. Ma dovrei disporre di un computer e un collegamento a Internet.” confermò veloce. Rendendosi conto che stava parlando di cose a loro ignote, chiarì calma. “Sono strumenti indispensabili, ma anche avendoli qui alla Domus non possono funzionare e non credo che ci si possa organizzare a Keep-Baile ... Non rapidamente, comunque. Mentre ...” Si fermò, temendo di essere irriguardosa. Yolhair la esortò con lo sguardo a proseguire. “Ecco, Magister, sarebbe molto più semplice se potessi ... tornare a ... casa.”
L’uomo sollevò un sopracciglio, mentre Ares tratteneva il fiato. “Uhm ... Sì, si può fare.”
“No! Professore, no!” protestò d’impeto lui, voltandosi subito verso lei. Le prese le mani e la esortò ansioso. “No, amore, no. Non a casa tua. Se fosse una trappola? Se avesse lasciato apposta quegli appunti, sapendo che tu li avresti visti per certo? La soluzione più ovvia sarebbe stata quella di andare a casa dove hai l’attrezzatura. Lo sanno tutti.”
“Ma Ares non è solo per il PC. Ci sono anche tutti i libri di mamma e papà.”
Lui rivolse uno sguardo implorante al suo Mentore, che convenne in tono affettuoso. “No, cara. Ares ha ragione. Non è proprio il caso che tu vada dai tuoi.”
“Ma Professore, prima ha detto ... Ma allora i miei genitori sono in pericolo!”
“Tranquillizzati non corrono alcun rischio e, comunque, sono sempre ben protetti. Ho detto che si può fare e lo faremo, ma non a casa tua e non prima che io abbia parlato agli studenti. Ve li ho fatti riunire, perché è bene che la notizia di quanto accaduto sia data ufficialmente e da una sola fonte. La situazione è già abbastanza grave, senza che si diffondano dicerie e speculazioni a non finire, che potranno solo nuocere a tutti. Domani ci sarà l’inizio improcrastinabile degli esami di diploma. Sono di vitale importanza per tutti gli allievi del quinto anno e non voglio che si svolgano in un’atmosfera ancora peggiore di quella che già c’è. E non voglio neppure che tutti condannino Evan, con terribili conseguenze anche per Calvin, prima che ne siano accertate le colpe reali. Conto su di voi e sui Senatores per mantenere la calma in tutta la scuola. Dopo che avrò congedato gli allievi, andate nello studio della vostra Rector. Ah, Ares ... Porta con te il tuo medaglione.”