4.
«Quindi quello che volevi fare era arrivare, lasciarti scopare dieci minuti ogni sera e immergerti tranquillamente nella politica del regno, sicura di saperlo fare e che ti sarebbe stato permesso» disse Vran, più tardi, mentre giacevano sonnacchiosi sotto alle coperte. Ees ammise che quanto meno non l’aveva detto in tono sarcastico. «Ti sei chiesta quali fossero le mie intenzioni?».
«Me lo sono chiesta» rispose lei. «E non l’ho capito, se può rassicurarti».
Vran sbuffò, iniziando a giocherellare con una ciocca dei capelli di lei.
«Scoparti dieci minuti ogni sera, assicurarmi un erede e tenerti ben lontana dalla politica del regno, naturalmente. È curioso come l’unico punto su cui fossimo d’accordo sia anche quello che abbiamo accantonato più velocemente».
Ees si allungò per baciarlo sul petto. «Mi piaci, te l’ho già detto».
«Contenta tu. Da parte mia, non ho problemi ad ammettere che sei praticamente una macchina per erezioni. Sei bella, ti bagni subito e mi ricordi la donna di cui ti ho parlato».
«Di cui non mi hai parlato, veramente».
Vran le rivolse un sorriso sottile. «Di cui non ti ho parlato» confermò. «Non è importante, sai. Mi sento in colpa, ma anche questo mi fa venir voglia di scoparti per più di quei famosi dieci minuti. Immagino che non sia nemmeno particolarmente distinto, dirlo così».
«Non lo so. Non lo capisco. Non ho mai amato nessuno» rispose Ees, sinceramente. «Non ho intenzione di scandalizzarmi per qualcosa che non capisco».
Lui le accarezzò distrattamente un seno. Non in modo erotico, anzi, in modo quasi affettuoso. Nonostante questo, Ees sentì un brivido attraversarle il corpo. «Non solo non ho mai amato nessuno. Nessuno mi ha mai toccata, non con intenzione. Il mio è stato un mondo intellettuale, finora. Quello che mi hanno insegnato è che sono al tuo servizio».
Lui rise sottovoce. «Ed è quello che sei? Al mio servizio?».
Ees si mordicchiò un labbro. «Non direi, no. Non faccio niente, per te. È quello che intendevo... potrei. Potrei rendermi utile in molti modi. Potrei coltivare l’amicizia delle signore dei cui mariti vuoi conoscere le intenzioni. Potrei patrocinare eventi di beneficenza per renderti più amato da questa o quella classe sociale. Potrei prendermi la colpa per una decisione impopolare... la principessa ci teneva così tanto, non ho saputo dirle di no. Sono sotto-utilizzata, Vran. Ti ho già detto che ti darò un erede, se solo potrò farlo. Non devi preoccuparti di questo».
Lui si stiracchiò. «Quasi dimenticavo. Stavo per addormentarmi».
Ees inarcò le sopracciglia, vedendo che si appoggiava su un gomito.
«Dico: l’erede. Mi tocca scoparti di nuovo».
«Quale ricercata scelta di parole» rise lei.
Vran sbuffò. «Non capisci, è un problema. Non è la crisi di mezza età, sono gli avvoltoi che volteggiano attorno al mio trono. Tra l’altro, non ci sono così affezionato da non volerlo mollare a nessun prezzo, ma hai mai sentito parlare di un sovrano deposto con la testa ancora sul collo?».
Lei ci pensò per qualche secondo. Effettivamente le statistiche non erano a suo vantaggio.
«Quindi, vediamo di produrre un infante che mi garantisca una vecchiaia serena».
Ees aveva tutta l’impressione che lui stesse tergiversando per non discutere seriamente con lei del suo ruolo e della sua posizione, ma decise di lasciargli ancora un po’ di tempo.
Lui la baciò sui seni e la prese per le natiche, tirandosela sopra. Ees si stese docilmente sopra il suo petto e tra le sue gambe, mentre lui le accarezzava la schiena. Si chinò sul suo viso per baciargli la bocca e lui la lasciò fare.
Le accarezzò le natiche e l’interno delle cosce.
«È comodissimo, sai?» mormorò, sulle sue labbra.
«Che cosa?».
«Questo» disse lui, accarezzandola tra le gambe. «Sei subito pronta. È comodo». La baciò di nuovo. «È eccitante, in realtà. La mia piccola macchina per erezioni».
Mentre lo diceva, Ees lo sentì che le entrava dentro. Socchiuse gli occhi e sospirò, iniziando a muoversi sopra di lui, pelle contro pelle. Si strofinò sull’osso del suo bacino, mentre lui le accarezzava le natiche, la schiena, i seni. Le strinse i capezzoli, facendola gemere più forte, e riprese a baciarla.
Ees gli circondò a sua volta la vita. Le piaceva quell’uomo. Le piaceva la sua solidità e il modo sicuro in cui la toccava. Le piaceva il modo in cui la guardava, il modo in cui le parlava e il modo in cui la faceva godere. Le piaceva muoversi sopra di lui e sentire il suo cazzo dentro, fermo e duro, e i colpi precisi e veloci dei suoi fianchi.
Vran la rivoltò e la penetrò più a fondo. Le allargò le cosce con le mani, facendosi largo dentro di lei. A ogni spinta il contraccolpo le faceva ballare i seni. Vran ci posò sopra entrambe le mani, stringendoli e continuando a penetrarla a fondo. Ees poteva sentirlo arrivare a toccare il fondo della sua fica, dove iniziava il suo grembo.
Aprì la bocca, cercando aria, e Vran le accarezzò la lingua con la propria.
Accelerò ancora. Ees sentiva il suo stesso liquido colarle tra le cosce. Il cuore le martellava nel petto, impazzito. Vran usciva quasi completamente da lei, prima di infilzarla di nuovo. A ogni colpo, il suo pube le schiacciava il famoso bottone di emergenza, facendola ansimare di piacere.
Ees aprì bene le gambe, accogliendolo tutto, e sentì l’orgasmo che arrivava, incontrollabile.
Vran le entrò dentro ancora e ancora ed Ees lo sentì venire a sua volta. Furono scossi entrambi dal piacere. Ees si contrasse attorno a lui, mentre lui si liberava dentro di lei.
Poi Vran si appoggiò su un gomito, respirando pesantemente. Ees rimase ferma, ancora con il suo cazzo dentro, troppo esausta per muoversi.
Fu Vran a scivolare di lato, la fronte imperlata di sudore.
«Forse morirò direttamente tra le tue cosce, così i bastardi si risparmieranno il disturbo» borbottò. La baciò all’angolo della bocca e, in tono più morbido, aggiunse: «Ma sarà gradevole».
«Al tuo servizio» sorrise lei.
«C’è una cosa che puoi fare per me, se proprio vuoi renderti utile fuori dal letto» le disse lui.
Ees si voltò a guardarlo. Era serio, ora, e impenetrabile.
«Che cosa?».
«Dovresti graziare i tre poveri idioti che hanno venduto i nostri segreti militari all’estero».
Ees aggrottò le sopracciglia. «Non vedo perché, però. A chi li hanno venduti?».
Vran sporse appena le labbra. «Suvvia».
Lei rise. «Molto bene. Un’operazione al buio, quindi. Per dimostrarti che ti puoi fidare. Come vuoi, caro marito. Dimmi chi sono, e io li grazierò».
L’altro la baciò sulle labbra. «Ottimo».
«Non vuoi dirmi nemmeno perché?».
Vran la fissò per qualche istante, prima di rispondere. «Diciamo che voglio interrogarli con calma. Molta calma, se necessario. I nobili li vogliono morti, per dare l’esempio e anche, secondo il tuo paranoico consorte, perché a qualcuno di loro un interrogatorio così approfondito darebbe qualche pensiero».
«E io posso graziarli così, senza un motivo?».
«Esatto. La mia generosa mogliettina».
Lei scosse la testa e sorrise. «Va bene».
«Ora, se mi lasci qualche minuto, proverò a dimostrarti tutta la mia gratitudine».
Ees gli rivolse un’occhiata condiscendente. «Così potrò darti anche un erede, oltre che tre traditori vivi e vegeti. Mi sta bene pure quello, mi sto stancando di ripeterlo».
Vran si allungò di nuovo per baciarla.
«No, è proprio che mi piace scoparti».
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Due settimane dopo le nozze Ees fece la sua prima apparizione pubblica. Lei e Vran presenziarono alla parata per la festa della Fondazione di Marela, una ricorrenza annuale che vedeva sfilare esercito, arti e mestieri della capitale.
In pratica, si rivelò molto poco eccitante.
Lei e suo marito dovevano attraversare la città su una carrozza scoperta, salutando la folla, per poi sistemarsi sul palco d’onore allestito nella principale piazza di Marela e restarci per qualche ora, riparati dal sole rovente solo da un inconsistente baldacchino.
Al ritorno Ees boccheggiava, mentre Vran aveva resistito con più stoicismo.
«È questo vestito» mormorò, salutando debolmente la gente ancora assiepata accanto alla strada. «È troppo pesante. Non sono abituata alle estati di Ror».
«Sei piaciuta moltissimo a tutti» rispose Vran, distrattamente, salutando a sua volta.
«Non mi ascolti. Sto per svenire di caldo» ribadì Ees.
Vran si allungò verso il cocchiere. «Trova un valletto e spediscilo avanti» ordinò. «Digli di far preparare un bagno fresco per la principessa».
L’uomo annuì e si sporse verso qualcuno che camminava accanto alla carrozza.
«Spero che tu riesca a riprenderti per il ballo di stasera. La corte non vede l’ora di vederti ballare» commentò suo marito, risedendosi accanto a lei.
Ees riuscì a produrre un piccolo sorriso. «La corte non vede l’ora di veder ballare te, veramente. Non vedono l’ora di vederti fare qualcosa di frivolo, a quel che ho capito».
«La tua dama di compagnia dovrebbe pettegolare di meno con la servitù».
Ees sospirò. Non aveva tutti i torti. «Si annoia. Povera Rosmar, si annoia più di me».
«E diventa color porpora ogni volta che mi guarda. Questa è colpa tua, per inciso. Dovresti trovarle un amante, se non un marito».
«Ma se non le ho più raccontato niente!» si finse offesa lei.
Vran le lanciò un’occhiata laterale di puro scetticismo. «Ah, che bugiarda scadente. Mi vergogno di te».
Ees ebbe il buon gusto di non replicare.
Suo marito sospirò. «Quanto meno è discreta. Come ti senti?».
«Sto per svenire».
«Slacciati il colletto».
«Siamo su una carrozza scoperta, Vran».
«E ci saremo ancora per mezz’ora come minimo. Slacciati il colletto, almeno quello».
Ees gli lanciò un’occhiataccia e lo ignorò.
«Come sei faticosa» borbottò lui. Si sporse verso di lei e la baciò sulle labbra. Dalla folla attorno alla carrozza provennero degli applausi e anche qualche fischio. Mentre la baciava le slacciò il colletto alto e rigido del vestito e i primi tre bottoni. «Ecco. Non ci farà caso nessuno. E non credo che tu adesso abbia fresco».
«Tutto considerato» ammise lei «ho più caldo».
Vran le lanciò un’occhiata inespressiva e scosse appena la testa, ma Ees si accorse perfettamente che sorrideva.
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Coria le mostrò la vasca grande e panciuta che era stata riempita di acqua fresca e profumata mentre lei e il principe rientravano lentamente a palazzo.
«Sembra meraviglioso» mormorò Ees, debolmente. «Mi puoi aiutare con la chiusura del vestito?» aggiunse, voltandosi.
«Naturalmente, sua altez-
«Grazie, Coria. Puoi andare» disse la voce di Vran, spiegando così a Ees perché la sua cameriera si fosse interrotta a metà di una frase.
Subito dopo sentì le sue mani che scioglievano i nodi della chiusura posteriore del proprio vestito. Si voltò leggermente. Era in camicia e calzoni, con i capelli umidi di sudore.
«Il bagno non era per rinfrescarmi?» chiese, ironica.
«E per rinfrescare anche me, se non ti secca la mia intrusione».
Ees sorrise. «Non mi secca mai, la tua intrusione. Che cosa ci vuoi fare? Sono un’inguaribile romantica».
«Romantica non è la prima parola che userei, ma se vuoi metterla così...» accondiscese lui. La aiutò a uscire da quel vestito insopportabile, che si era incollato alla sua pelle come una ragnatela calda. Quando fu nuda, si voltò verso di lui e lo guardò di nuovo.
Iniziò a slacciargli lentamente la camicia, mentre lui le baciava il collo e le accarezzava la schena.
«Prima o poi mi passerà, spero» le mormorò in un orecchio. «Prima o poi potrò pensare serenamente e con distacco a mia moglie che, accaldata, si immerge in una vasca di acqua fredda».
«Non vedo perché dovresti» sorrise lei.
Lui la osservò con sguardo calmo. «Già, non lo vedo neanch’io. Sei sempre più bella. Sei sempre più... tu, suppongo».
La aiutò a entrare nella vasca, in piedi, prima di entrare a sua volta. L’acqua le sembrò gelida, anche se era appena tiepida.
«Che cosa vuol dire che sono sempre più io?» chiese.
Vran prese la brocca e le versò un po’ d’acqua sulle spalle. «Oh, lo sai».
Ees rabbrividì e si voltò verso di lui. Vran le versò dell’acqua sui seni, osservando con sguardo leggermente velato i suoi capezzoli che si indurivano. Ees gli prese la brocca dalle mani e la inclinò in modo da farne colare il contenuto sul suo petto.
«Mi dispiace, Vran» mormorò. «So che vorresti essere con lei. Mi dispiace davvero».
Lui la attirò verso di sé e la baciò delicatamente. «No, dai. Non farmi più insensibile di quello che sono. La amavo, me ne sarei fregato e l’avrei sposata, ma sono passati molti anni. Sono felice che ci sia tu, qua con me. È solo che sono troppo vecchio e troppo sospettoso per innamorarmi di nuovo. Alcune volte penso che mi piacerebbe. Alcune volte penso che mi piacerebbe farti innamorare di me. Sarebbe più facile per entrambi».
Ees posò la testa sulla sua spalla, circondandogli la schiena con le braccia e aderendo a lui.
«Mi piaci. Sai quanto mi piaci. Ma fondamentalmente sono affari. Sono linee dinastiche. Era lei quella che amavi... forse ci si può innamorare solo una volta, nella vita. Non lo so. Non mi è mai successo. Non mi aspetto che succeda. Ma man mano che passano i giorni mi rendo conto che posso restare al tuo fianco per tutto il tempo necessario, se solo continui a essere gentile».
Lui rise sottovoce. «Gentile? Ora io sarei gentile?».
Ees annuì contro la sua spalla. «A modo tuo» confermò.
Scivolò verso il basso, inginocchiandosi nell’acqua. Rabbrividì di nuovo. Allungò la testa verso di lui, iniziando a leccarlo sui testicoli. Avevano un sapore acre, di sudore. Vran le allontanò la testa e si inginocchiò a sua volta. «Prima rinfreschiamoci, vuoi?» disse. Tenendola dietro alle spalle, la aiutò a immergersi gradualmente. Le sciolse i capelli e li guardò fluttuare nell’acqua. Si stese accanto a lei e prese un flacone. Versò un po’ di liquido profumato.