Anche quello era un modo di comunicare, l’unico in cui Vran fosse comunicativo.
Spense la luce e si infilò tra le coperte, vagamente insoddisfatta.
Immaginò che lui entrasse nella sua camera, a notte fonda, al buio. Immaginò di sentire il materasso piegarsi sotto il suo peso, mentre lui ci saliva sopra con le ginocchia.
Non avrebbe detto una parola. Avrebbe solo scostato le coperte, sollevato la sua camicia da notte, e le sarebbe entrato dentro.
Ees non l’avrebbe nemmeno visto, perché dormiva sulla pancia. Si sarebbe svegliata e, un attimo dopo, sarebbe stata piena di lui.
Scosse la testa e riaprì gli occhi, rendendosi conto di essere eccitata. I capezzoli le erano diventati duri, sotto alla camicia da notte, e si sentiva tutti i riccioli bagnati.
Pensò di toccarsi da sola, ma cambiò quasi subito idea. Quello che voleva era Vran.
Scese dal letto e prese uno scialle. Se lo avvolse attorno e andò silenziosamente verso gli appartamenti di suo marito.
Che cosa avrebbe fatto, se lui fosse stato lì, seduto alla sua scrivania, con il suo segretario e il suo valletto?
E se fosse stato lì, con una donna?
Quest’ultima ipotesi non le sembrava molto probabile. Non aveva motivo di mentirle, la sera precedente. Si chiese per l’ennesima volta chi fosse il suo amore perduto, con il quale lei non poeva competere ma al quale assomigliava.
Avanzò silenziosamente fino alla porta che divideva i loro appartamenti e la spinse.
La porta si aprì senza un rumore.
Le stanze di suo marito erano semi-buie, con solo qualche lampada accesa, e vuote. Ees proseguì fino alla sua stanza da letto.
Anche questa era vuota, con soltanto una luce accesa. Il letto era rifatto, le tende legate alle colonne del baldacchino.
Ees le sciolse e si infilò tra le coperte, lasciando lo scialle su una poltrona.
Le lenzuola erano fresche e profumate. Sprofondò la testa sul cuscino e chiuse gli occhi.
Non aveva intenzione di addormentarsi, ma lo fece quasi subito.
Dormì profondamente e senza sogni.
Poi, una lama di luce entrò nell’oscurità del baldacchino.
«Ian, puoi andare. Faccio da solo» sentì dire.
Socchiuse gli occhi e vide suo marito, completamente vestito, che la guardava. Doveva aver acceso le luci. Aveva la faccia stanca e preoccupata, ma, nello stesso tempo, sembrava anche divertito.
La guardò ancora per un paio di secondi, senza parlare, prima di allontanarsi.
Ees sentì qualche vago rumore. Le luci vennero spente di nuovo. Poi le tende frusciarono e Vran si infilò sotto alle coperte.
«Lo sai che ore sono?» le chiese.
Ees scosse la testa, assonnata.
«Le quattro del mattino».
«Nel mio letto non riuscivo a dormire» mormorò lei. Si voltò in modo da appoggiarsi a lui. Vran le circondò la vita con un braccio.
«Quando sei venuta?».
«Non so. Prima. Ti dispiace così tanto?».
Lui le accarezzò i capelli. «Per niente. Se vuoi dormire qua, non ho nulla in contrario».
«Vran c’è qualcosa che non va, giusto?».
L’altro rimase in silenzio, continuando ad accarezzarle i capelli. Ees sospirò appena, richiudendo gli occhi.
«Traditori» disse lui, alla fine. «Hanno venduto all’estero delle informazioni sulle nostre forze armate. Non ti preoccupare».
Lei gli appoggiò una mano sul petto, abbandonando la testa contro la sua spalla. «Non mi preoccupo» confermò.
+++
Quella mattina Vran si alzò prestissimo e scomparve. Ees rimase a letto ancora un po’, prima di dedicarsi a un’altra giornata di incontri poco interessanti.
Vide suo marito a cena, naturalmente, ma l’occasione era troppo formale perché riuscisse a parlargli. Vran era imperscrutabile come sempre.
«Non so a che ora rientrerò nelle mie stanze» le disse, però, prima di allontanarsi, «ma se tu sarai lì mi farà piacere».
Ees, di conseguenza, passò la serata a leggere sulla poltrona della camera di suo marito.
Dato che, comunque, le sue serate erano sempre dedicate alla lettura non faceva molta differenza.
Verso mezzanotte iniziò a sentirsi assonnata. Chiamò Coria e si vestì per la notte.
Stava spegnendo le luci quando entrò suo marito, con il suo segretario attaccato alle costole.
«...Non mi interessa che cosa...» stava dicendo, in tono brusco, mentre l’altro gli trotterellava dietro. La vide, si bloccò e si posò una mano sugli occhi.
«Giusto» borbottò. «Giusto, ho una moglie. Desmond, scompari, per favore».
Il segretario, piuttosto imbarazzato, ruotò sui tacchi, non prima di aver fatto un piccolo inchino nei confronti di Ees, e si diede praticamente alla fuga.
«Tra l’altro, non eri nemmeno indecente» commentò Vran, con un mezzo sorriso. Si andò a sedere sul bordo del letto.
«Ancora problemi?» chiese lei.
«Il mio segretario si è appena trasformato in un folle vendicatore della corona e continua a consigliarmi esecuzioni di massa, appoggiato dai misericordiosi nobili del regno. Sono stanco, Ees, e non ho voglia di parlarne».
Ees pensò che non aveva voglia di parlarne con lei, dato che invece con Desmond ne stava parlando eccome, ma non commentò.
Invece, lo aiutò a sfilarsi il panciotto e la camicia, per poi andarli a posare su una poltrona.
«Non hai praticamente dormito, questa notte» gli disse, ravviandogli i capelli con le dita. Vran posò la fronte sul suo stomaco.
«Apprezzo la tua discrezione» mormorò. «E anche la tua dedizione».
Ees sorrise lievemente, anche se lui non la poteva vedere. «Riguardo alla dedizione, non ho molto altro da fare. Mi annoio».
Vran la baciò sulla pancia, senza rispondere. Ees sentì le sue dita su entrambe le caviglie. Le mani di suo marito iniziarono a risalire lungo le sue gambe, sotto alla camicia da notte, sollevandola mentre salivano.
«Ah, forse un pochino indecente la eri pure» commentò, quando si rese conto che non portava la biancheria intima.
Finì di spogliarla e la guardò. Vran seduto sul letto, ancora parzialmente vestito, e lei in piedi davanti a lui. Solo due giorni prima Ees sarebbe stata a disagio, ora lasciò che gli occhi grigi e un po’ stanchi dell’altro la percorressero con calma, pensierosi.
Scosse appena la testa e sospirò lievemente, prima di alzare una mano per accarezzarla su un seno.
«Che cosa c’è?» chiese lei.
«Avresti potuto scegliere un uomo più giovane» disse l’altro. «Un sovrano, naturalmente. Data la tua posizione, data la tua bellezza, considerando la dote che avevi. Mi stavo ponendo delle domande, tutto qua».
«Ma non ti interessa che sia io a risponderti, giusto? Non ti fideresti di quel che ti direi».
Lui sorrise appena. «È un ingranaggio delicato, la fiducia di un governante. Dovresti saperlo».
«Ti ho scelto io. Ho convinto mio padre, che molto umanamente voleva accasarmi con un regnante più giovane e più innocuo. Illogicamente e contro gli interessi del regno, ma sai... sono la sua unica figlia. Ma eri la soluzione migliore, strategicamente. E per me l’età non contava, come non contava l’aspetto. Una soluzione si trova sempre. Contava la tua longevità politica e contava il rafforzamento delle alleanze commerciali. Come ti ho già detto, sono stata cresciuta per essere la moglie di un re, non una donnetta sospirante».
Vran fece scivolare una mano dai suoi seni ai riccioli della sua v****a e li accarezzò come se fosse la pelliccia di un animaletto.
«Anche se poi» ammise lei, ansimando lievemente, «con l’aspetto e con l’età non mi è andata male... un po’ sospirante la sono... e della politica del regno non mi dici nulla».
Con la punta delle dita, lui le aprì le grandi labbra, percorrendola avanti a indietro. Ees si stava bagnando molto velocemente. Quando iniziò a titillarle il clitoride sentì di non essere più molto salda sulle gambe.
«Quindi, che cosa ti aspettavi?» disse lui, continuando a osservarla. «Un principe anziano e malleabile, da girarti attorno al dito come volevi? Un trofeo da portare a tuo padre?». Le entrò dentro con due dita ed Ees si piegò in avanti, emettendo un gemito. Con l’altra mano lui le strinse un seno.
«Date le premesse, poteva andarti peggio» continuò lui, senza aspettare che rispondesse. D’altronde, Ees non ci sarebbe riuscita in ogni caso. Ansimante, aveva posato un ginocchio sul letto, mentre lui continuava a entrarle dentro con le dita, facendola ansimare.
Vran si alzò a sua volta e le andò alle spalle, lasciandole qualche secondo di tregua. Ees si appoggiò con i gomiti sul materasso, perfettamente consapevole di porgergli praticamente la fica e il sedere.
«Non era quello che volevo» disse. «Volevo... essere parte di qualcosa».
Sentì il cazzo di Vran che si appoggiava tra le sue cosce e ci si strofinò contro. Lui le posò entrambe le mani sulle natiche.
«Messa in quella posizione, non dai l’impressione di voler essere coinvolta nella politica del regno, Ees» le fece notare, in tono sobrio. Le accarezzò il buchetto del sedere, facendola ansimare di nuovo, poi iniziò a toccarla sul clitoride.
«Invece... è quello... che voglio...» riuscì a dire lei, nonostante tutto. «Non giochi... pulito...»
«Non gioco mai pulito, tesoro. È la mia cifra politica. Dovresti saperlo, visto che mi hai studiato».
Ees, piegata in due, si protese verso di lui. Voleva sentirselo dentro più di qualsiasi altra cosa. Vran le appoggiò la punta del cazzo sopra il buco della fica e restò lì, fermo. Ees lo cercò finché non riuscì a conficcarsi da sola sopra di lui. Iniziò a muoversi. Era... leggermente umiliante, decise. Lui lì fermo e lei che ansimava e lo cercava. Nello stesso tempo, era anche eccitante e sentire il suo cazzo che le scorreva all’interno era troppo piacevole perché riuscisse a fermarsi.
«Sono... nelle tue mani...» ansimò. «Era questo... che volevi sentire?».
Lui la prese per i fianchi e le entrò dentro fino in fondo, mozzandole il fiato in gola. «No, Ees. In questo momento voglio sentire che ti piace essere nelle mie mani».
«Mi... piace... essere nelle tue mani...» ansimò lei, salendo sul letto con entrambe le ginocchia. «Puoi farmi... quello che vuoi...»
«Sì?».
«Qualunque cosa... mi fai... io godrò, Vran... non lo sai già?».
Lui continuò a scoparla per qualche secondo ancora, prima di uscire da lei e riprendere ad accarezzarla con le dita.
«Mi distrai» le disse. «Stasera mi distrai dal mio obiettivo principale, che è quello di metterti incinta e dimenticarmi di te».
«Forse non ti devi dimenticare di me» replicò lei, voltandosi per lanciargli un’occhiata.
«Toccati da sola» le disse lui, senza apparente nesso.
Ees inarcò le sopracciglia, perplessa. Vran le prese una mano e la guidò sopra il proprio clitoride. «Bottone di emergenza non era una cattiva definizione, te l’ho detto. Toccati, Ees, mentre scopriamo se posso farti quello che voglio oppure no».
Lei chiuse gli occhi e fece come le chiedeva. Aveva capito benissimo che cosa stava per succedere. Era un po’ preoccupata, ma lo voleva anche. Voleva vedere se faceva male come sembrava. Voleva vedere se Vran, dopo tutto, si sarebbe fermato, se lei gli avesse chiesto di farlo. Voleva sapere com’era. E in un angolo della propria mente pensava che le sarebbe piaciuto comunque, se lo faceva lui.
Vran le allargò le natiche con le mani e riprese a stimolarle il buchetto.
Ees continuò a stuzzicarsi da sola.
Lo sentì che le entrava dentro la fica, una volta, fino in fondo. Capì anche quello. Era così bagnata che probabilmente ora il suo cazzo era molto scivoloso.
Un istante dopo ne sentì la punta contro il proprio buchetto del culo, che si contrasse disperatamente. Vran diede una spinta. Ees gridò. Il suo buco era così teso che era sicura che al prossimo colpo si sarebbe spaccato. E, fermo lì, c’era qualcosa di chiaramente troppo grosso per entrare. Riprese a toccarsi, cercando di contrastare il dolore con il piacere.
Vran spinse ancora. Un colpo secco, ma non profondo.
Ora Ees aveva la chiara percezione che tutta la punta era entrata. Ed era lì, fermo, grande, duro e bruciante, dentro di lei. Iniziò a gemere piano, per metà di piacere, per metà di dolore. Sentì la sua mano accarezzarla tra le natiche, umida. Poi le scostò la mano e iniziò a toccarla sul clitoride lui stesso. Più deciso di lei. Meno carezzevole. Ees iniziò a godere forte, ancora con il suo cazzo fermo dentro al culo. Intrappolata. Martoriata. In fiamme.
Vran allontanò la mano, lasciandole di nuovo il posto. La prese per le anche e le entrò dentro completamente. Ees gridò e tremò.
Iniziò a muoversi. Un colpo, due colpi, tre colpi.
Ogni volta Ees pensava di rompersi, ma non succedeva. Continuava solo a sentire il suo cazzo che faceva avanti e indietro, sprofondandole dentro fino ai testicoli, per ritrarsi e poi ricominciare.
Ogni volta una staffilata di dolore. Ogni volta un’ondata di piacere così forte da portarla a un passo dall’orgasmo.
Si rese conto che la sua fica stava letteralmente gocciolando sulle coperte.
Vran accelerò un po’ ed Ees urlò di nuovo. Era semplicemente... troppo. Sentì lo spasmo del piacere che la faceva contrarre e un’ondata simile a una scossa che la percorreva tutta, dai capezzoli a quel buco che, alla fin fine, non si era rotto.
Gridò e singhiozzò, mentre l’altro le veniva dentro con un ultimo colpo di reni forte e veloce.
Tremò e si accasciò sul letto. Vran la seguì, assecondandone i movimenti, per poi uscire da lei lentamente. Ees sentì qualcosa che le colava tra le natiche e si chiese se non fosse sangue.
Si voltò per controllare e si trovò a guardare gli occhi tranquilli di Vran.
«Sei ancora tutta intera» le comunicò lui. «E non più incinta di prima. Ma d’altronde... non farlo era un peccato».