Aziyadé partì con le guance imporporate e gli occhi asciutti e Ahmed, che camminava dietro di lei, si voltò a dirmi che lui non sarebbe tornato. I drappi arabi che chiudevano la mia camera ricaddero dietro di loro; fino alle scale li sentii trascinare sui tappeti le loro babbucce. Là, i loro passi si arrestarono. Aziyadé si era accasciata sui gradini per scoppiare in lacrime e il rumore dei singhiozzi arrivava fino a me nel silenzio della notte. Ma non uscii dalla mia camera e la lasciai partire. Avevo appena finito di dirle, ed era vero, che l’adoravo e che non avrei mai amato quella Seniha; solo i miei sensi avevano la febbre e mi portavano verso quell’ebbrezza ignota. Pensavo con angoscia che in effetti, se lei non avesse più voluto vedermi, una volta reclusa tra le mura dell’harem, s