Quelle consumate erano condannate a un supplizio terribile: essere lanciate nel vuoto, di notte, dall’alto della terrazza, e fatte precipitare nel Corno d’Oro. Ciò era detto il kurban delle pabuçlar, il sacrificio delle babbucce. Era un piacere salire, in notti limpidissime e gelide, sulla vecchia scala di legno che scricchiolava sotto i nostri passi e ci portava sui tetti, e là al chiaro di luna, mehtapta, dopo esserci assicurati che tutto dormiva d’intorno, compiere il kurban, e far piroettare nell’aria, una a una, le babbucce condannate. Cadrà nell’acqua, la babbuccia, o sul fango, o ancora sulla testa di un gatto in caccia? Il rumore della caduta nel silenzio profondo indicava chi di noi due aveva indovinato e vinto la scommessa. Era bello stare lassù, così soli, lontano dagli uomi