Nella palude

1802 Words
Nella palude Erano quasi le sei di quel mattino di maggio quando d**k cominciò a inoltrarsi nella palude lungo il suo cammino di ritorno a casa. Il cielo era azzurrissimo; il vento gaio soffiava forte e costante; le pale del mulino vorticavano; e i salici che coprivano tutta la palude ondeggiavano biancheggianti come un campo di grano. Era stato in sella tutta la notte, ma il cuore era buono e il corpo saldo, e cavalcava allegramente. Il sentiero s’insinuava nella palude finché non gli si persero alla vista tutti i vicini punti di riferimento, fuorché il mulino di Kettley sul monticello alle sue spalle, e le cime della Foresta di Tunstall lontano davanti a lui. A destra e a sinistra si spandevano grandi campi di giunchi e salici oscillanti, pozze d’acqua agitate dal vento e acquitrini traditori, verdi come lo smeraldo, a tentare e ingannare il viaggiatore. Il sentiero correva quasi diritto attraverso la palude. Era già antichissimo; lo avevano costruito, con solide basi, le soldatesche romane; col passare dei secoli gran parte aveva ceduto, e qua e là, per qualche centinaio di metri, era andato sommerso dalle acque stagnanti. A circa un miglio da Kettley, d**k giunse ad una di queste interruzioni della linea piana del selciato, dove i giunchi e i salici crescevano alla rinfusa come isolette e confondevano l’occhio. La breccia, per giunta, si apriva insolitamente lunga; era un punto dove qualsiasi estraneo al luogo avrebbe potuto facilmente trovarsi nei guai; e d**k pensò, con qualcosa di simile all’angoscia, al giovinetto che aveva così imperfettamente indirizzato. Quanto a lui, un’occhiata indietro dove le ali del mulino giravano nere contro l’azzurro del cielo, uno sguardo avanti al terreno rialzato della Foresta di Tunstall, e s’era già sufficientemente orizzontato; e procedeva diritto con l’acqua che sciacquava intorno ai ginocchi del cavallo, sano e salvo come su una strada maestra. A metà cammino, quando già scorgeva il sentiero levarsi alto e asciutto in lontananza, avvertì un gran sguazzare alla sua destra, e vide un cavallo grigio affondato nella melma fino alla pancia, che ancora lottava spasmodicamente. Immediatamente, come se avesse intuito l’avvicinarsi di un aiuto, la povera bestia cominciò a nitrire in modo straziante. Intanto rotava l’occhio iniettato di sangue, pazzo di terrore; e come si dimenava nella strettoia del fango, nugoli d’insetti mordaci si levavano e gli ronzavano intorno. - Mio Dio! - pensò d**k, - può essere perito quel povero ragazzo? Questo è il suo cavallo, certamente, un così bel grigio! No, camerata, se mi supplichi così pietosamente, farò tutto quello che un uomo può fare per aiutarti. Non ti lascerò lì ad affondare centimetro per centimetro! E mirò con la balestra e attraversò con una freccia la testa della misera creatura. Dopo questo atto di ruvida misericordia, d**k riprese a cavalcare con maggior calma, guardandosi bene attorno per non lasciarsi sfuggire un qualsiasi indizio di chi l’aveva preceduto nel cammino con meno fortuna. - Avrei dovuto tentare di spiegargli meglio - pensava; - perché ho gran paura che si sia smarrito nel pantano. E proprio mentre pensava così, una voce lo chiamò per nome da una parte del selciato, e voltandosi scorse il viso del ragazzo che faceva capolino da un ciuffo di giunchi. - Sei lì? - fece d**k tirando le redini. - Stai così nascosto fra i giunchi che ti avrei oltrepassato senza vederti. Ho visto il tuo cavallo impantanato, e l’ho liberato dalla sua agonia, il che, in verità, se tu fossi stato un più misericordioso cavaliere, avresti fatto tu stesso. Ma vieni fuori dal tuo nascondiglio. Qui non c’è nessuno che possa darti fastidio. - Ma io non ho armi, buon ragazzo, né saprei usarle se le avessi - replicò l’altro, uscendo sul sentiero. - Mi chiami «ragazzo»? - fece d**k. - Non sei, mi pare proprio, il maggiore di noi due. - Buon “Master” Shelton - disse l’altro, - di grazia, perdonatemi. Non avevo la minima intenzione di offendervi. Piuttosto vorrei supplicare in ogni modo la vostra benevolenza e il vostro favore, perché mi trovo in una situazione più brutta che mai, ora che ho perduto la strada, il mantello, e il mio povero cavallo. Ritrovarmi con frusta e speroni, e senza un cavallo da montare! E soprattutto - soggiunse, guardandosi mesto l’abbigliamento, - soprattutto, essermi così malamente imbrattato! - E che! - rise d**k. - Vorresti fare un bagno? Sangue di ferita o polvere di strada: ecco l’ornamento di un uomo. - Be’, allora lo preferisco disadorno - osservò il giovinetto. - Però vi prego, come devo fare? Di grazia, buon “Master” Richard, aiutatemi con un vostro consiglio. Se non arrivo sano e salvo a Holywood, sono perduto. - Ecco - disse d**k, scendendo di cavallo, - ti darò più che un consiglio. Prendi il mio cavallo, e io intanto correrò, e quando sarò stanco faremo di nuovo il cambio, in modo che, cavalcando e correndo, andremo tutti e due più in fretta. Così fu fatto il cambio, e procedettero più lesti che poterono sul selciato ineguale, d**k con la mano appoggiata sul ginocchio dell’altro. - Com’è che ti chiami? - domandò d**k. - Chiamatemi John Matcham - rispose il giovinetto. - E che ti spinge ad andare a Holywood? - continuò d**k. - Vi cerco rifugio da un uomo che continua a opprimermi - fu la risposta. - Il buon abate di Holywood è un robusto pilastro per i deboli. - E come sei capitato con Sir Daniel, “Master” Matcham? - insisté d**k. - Ah! - esclamò l’altro. - Per abuso di forza! Mi ha strappato con la violenza da casa mia; mi ha vestito di questi panni; mi ha trascinato sul suo cavallo fino a sfinirmi; mi ha beffato al punto che avrei pianto; e quando fu certo che i miei amici ci inseguivano, sperando di riprendermi, mi ha passato dietro perché facessi da bersaglio! Mi hanno anche sfiorato al piede destro, e zoppico camminando. Ah, ma verrà un giorno che ci si metterà di fronte; e la pagherà per tutto! - Vorresti sparare alla luna con un archibugio? - disse d**k. - E’ un valoroso cavaliere, e ha una mano di ferro. Se indovinasse che ti ho fatto scappare o che soltanto mi sono immischiato nella tua fuga, non me la farebbe passare liscia. - Ah, povero ragazzo - fece l’altro, - voi siete il suo pupillo, lo so. Alla stessa stregua lo sono io, o almeno così dice lui; oppure ha comperato il mio matrimonio, non so esattamente; ma se ne serve per opprimermi. - E insisti con questo «ragazzo»! - disse d**k. - E allora vi devo chiamare «ragazza», buon Richard? - domandò Matcham. - Niente ragazze per me - ribatté d**k. - Le ripudio in blocco! - Parlate proprio da ragazzino - disse l’altro. - V’interessano più di quanto volete dare a vedere. - Non a me - disse d**k ostinato. - Non ci penso nemmeno. Sono una peste, te l’assicuro! Fatemi cacciare, e combattere, e banchettare, e vivere con l’allegra gente dei boschi. Non ho mai ancora sentito di una ragazza che facesse qualche cosa di utile fuorché una: e quella, poveretta, l’hanno bruciata come strega e perché vestiva panni da uomo contro natura. “ Master” Matcham si fece con fervore il segno della croce e sembrò che pregasse. - Ma che fai? - domandò d**k. - Prego per l’anima di lei - rispose l’altro, con la voce alquanto turbata. - Per l’anima d’una strega? - rise d**k. - Ma prega pure per lei, se ti fa piacere; era la migliore ragazza d’Europa, quella Giovanna d’Arco. Il vecchio Appleyard, l’arciere, scappava davanti a lei, diceva, come se fosse stata Satana. E invece era una ragazza coraggiosa. - Sì, buon “Master” Richard - riprese a dire Matcham, - ma se le ragazze vi piacciono così poco, non siete un vero uomo naturale, perché Dio ci ha fatti due con intenzione, e ha portato nel mondo il vero amore che fosse la speranza dell’uomo e il conforto della donna. - Eh via! - fece d**k. - Sei un pupo lattante, a farla così lunga con le donne. E se pensi che io non sia un vero uomo, scendi a terra, e con i pugni, con la spada o con la balestra ti proverò sul vivo la mia virilità. - No, io non so combattere - si affrettò a dire Matcham. - Non intendevo affatto offendere. Volevo solo scherzare. E se ho parlato di donne è perché ho sentito che vi dovete sposare. - Io sposare! - esclamò d**k. - Be’, è la prima volta che lo sento. E con chi mi dovrei sposare? - Con una certa Joanna Sedley - rispose Matcham arrossendo. - E’ una cosa che ha combinato Sir Daniel; ha da guadagnarci denaro da tutte e due le parti; e in realtà ho udito quella povera ragazza lamentarsi da far pietà per questa unione. Sembra che la pensi come voi, oppure non le piace lo sposo. - Oh, bene!, il matrimonio è come la morte, arriva per tutti - disse d**k con rassegnazione. - E lei si lamenta? Dimmi ora se queste ragazze non sono delle sciocche sventate: lamentarsi prima di avermi visto? Mi lamento io? No, certo. Se devo sposarmi, mi sposo con gli occhi asciutti. Ma se la conosci, di grazia, che tipo è? Bella o brutta? E’ petulante o simpatica? - E che importa? - disse Matcham. - Se dovete sposare, non vi rimane che sposare. Che importa se è bella o brutta? Queste sono sciocchezze. Voi non siete un effeminato, “Master” Richard; vi sposerete a occhi asciutti, in un modo o nell’altro. - Ben detto - replicò Shelton. - A me poco importa. - Pare che la vostra signora avrà un simpatico marito - disse Matcham. - Avrà il marito che il cielo le ha destinato - ribatté d**k. - Ce ne sono di peggiori come di migliori. - Ah, povera ragazza! - sospirò l’altro. - E perché tanto povera? - domandò d**k. - A sposare un uomo di legno - replicò il suo compagno. - Che guaio, un marito di legno. - Sono proprio un uomo di legno, mi pare - disse d**k, - a trascinarmi a piedi mentre tu sei sul mio cavallo; è un buon legno, ad ogni modo. - Buon d**k, perdonami - esclamò l’altro. - No, sei il cuore migliore d’Inghilterra; facevo per ridere. Perdonami ora, dolce d**k. - Niente parole ridicole - fece d**k un po’ imbarazzato del calore del suo compagno. - Non c’era niente di male. Non sono permaloso, per grazia di Dio. E in quel momento il vento, che li sospingeva soffiando alle loro spalle, portò lo squillo acuto del trombettiere di Sir Daniel. - Senti! - disse d**k. - Suona la tromba. - Ah! - disse Matcham, - hanno scoperto la mia fuga, e ora non ho più cavallo! - e si fece pallido come la morte. - Ma no, niente paura! - disse d**k. - Abbiamo molto vantaggio, e siamo quasi arrivati al traghetto. E scavalcato sono io, mi pare. - O Dio, mi prenderanno! - gridò il fuggitivo. - d**k, gentile d**k, ti supplico di aiutarmi soltanto un poco! - Ma che ti prende adesso? - disse d**k. - Mi pare evidente che ti sto aiutando. Ma il cuore mi piange per un tipo come te senza nessuna energia! Stammi bene a sentire, John Matcham, visto che ti chiami John Matcham: io, Richard Shelton, capiti quello che capiti, avvenga che può, ti porterò sano e salvo a Holywood. Che i santi mi puniscano se ti abbandono. Su, fatti animo, signor Visopallido! La strada si fa migliore qui; sprona il cavallo. Più svelto! più svelto! Non badare a me; so correre come un daino. Così, con il cavallo al trotto serrato e d**k che gli correva agile a fianco, attraversarono quanto rimaneva della palude e uscirono sulla riva del fiume, presso la capanna del traghettatore.
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