I due ragazzi - All’insegna del sole in Kettley
Sir Daniel e i suoi uomini si erano sistemati dentro e intorno a Kettley quella notte, acquartierati al caldo e sotto buona guardia. Ma il Cavaliere di Tunstall non si concedeva mai posa quando si trattava di far soldi; e anche ora, alla vigilia di un’avventura che poteva portargli gran bene o conciarlo male, era su all’una dopo mezzanotte intento a spremere i suoi poveri vicini. Era un gran trafficante in eredità disputate; il suo metodo consisteva nel riscattare le rivendicazioni più improbabili, e poi, cattivandosi il favore dei grandi signori intorno al re, ottenere decisioni ingiuste a proprio favore; oppure, se giudicava troppo tortuoso questo metodo, impadronirsi del feudo disputato con la forza delle armi, e contare sulla propria influenza e sulle astuzie legali di Sir Oliver per tenersi quanto aveva arraffato. Kettley era un caso del genere; era caduto molto recentemente nelle sue grinfie; si trovava ancora di fronte all’opposizione dei feudatari; ed era per intimidire il malcontento che aveva guidato le sue truppe da quella parte.
Alle due del mattino Sir Daniel se ne stava seduto nella sala della locanda, vicino al camino, perché faceva freddo a quell’ora tra le paludi di Kettley. A portata di mano aveva un boccale di birra aromatica. Si era tolto l’elmo a visiera e sosteneva con una mano la testa calva e il viso magro e scuro, tutto avvolto nel buon calore di un mantello color rosso vivo. In fondo alla stanza una dozzina circa dei suoi uomini stavano di sentinella alla porta o dormivano sulle panche; e, un po’ più vicino, un ragazzo dall’apparente età di dodici o tredici anni era sdraiato su un mantello steso sul pavimento. L’oste del Sole stava in piedi davanti al grand’uomo.
- Ora stammi bene a sentire, mio caro oste - disse Sir Daniel, - segui i miei ordini e sarò sempre un buon signore per te. Devo avere uomini in gamba a capo dei borghi, e voglio Adam-a-More come connestabile; facci bene attenzione. Se verranno scelti altri uomini, non te ne verrà alcun bene; anzi, ti costerà caro. Nei riguardi di quelli che hanno pagato tributi a Walsingham prenderò i debiti provvedimenti; e tu sei fra loro, mio caro oste.
- Buon cavaliere - disse l’oste, - vi posso giurare sulla croce di Holywood che ho pagato a Walsingham soltanto sotto compulsione. No, eccellente cavaliere, io non amo i Walsingham furfanti; erano poveri come ladri, eccellente cavaliere. Ma datemi un gran signore come voi.
Chiedete pure ai vicini, se non sono tutto per Brackley.
- Può essere - disse Sir Daniel, secco. - Allora pagherai doppio.
Il locandiere fece una brutta smorfia; ma questa era una cattiva sorte che poteva facilmente capitare a un proprietario in quei tempi turbolenti, e forse in fondo fu contento di essersela cavata così a buon mercato.
- Portami quello là, Selden! - ordinò il cavaliere.
E uno dei suoi uomini gli trascinò davanti un povero vecchio strisciante, pallido come una candela e tutto tremante di febbre di palude.
- Canaglia - disse Sir Daniel, - come ti chiami? - Al vostro servizio - rispose l’uomo. - Mi chiamo Condall, Condall di Shoreby, sempre ai vostri ordini.
- Ho avuto su di te cattivi rapporti - replicò il cavaliere. - Sei esperto di tradimenti, mascalzone; vai spigolando sui fitti; sei sospettato molto da vicino della morte di parecchie persone. Che ti dà tanto ardire? Ma ti piegherò io, sta’ tranquillo.
- Mio onoratissimo e reverendissimo signore - esclamò l’uomo, - qui c’è un malinteso, col vostro riverito permesso. Io non sono che un povero cittadino privato, e non ho mai fatto male a nessuno.
- Il vice-sceriffo mi ha fatto di te un pessimo rapporto - disse il cavaliere. - «Arrestatemi» ha detto «quel Tyndal di Shoreby».
- Condall, mio buon signore; Condall è il mio povero nome - disse il poveretto.
- Condall o Tyndal è la stessa cosa - ribatté Sir Daniel con freddezza. - Quello che importa è che sei qui e io sospetto assai della tua onestà. Se vuoi salvarti il collo scrivimi subito un’obbligazione per venti sterline.
- Per venti sterline, mio buon signore! - esclamò Condall. - Ma questa è follia da solleone! Tutto il mio avere non arriva a settanta scellini.
- Condall o Tyndal - replicò Sir Daniel con un sorrisetto, - correrò il rischio della partita. Scrivi venti, e quando mi sarò risarcito di tutto quello che posso, sarò per te un buon padrone e ti condonerò il resto.
- Ahimè! mio buon signore, non è possibile; non so scrivere - disse Condall.
- E sta bene! - fece il cavaliere. - Allora non c’è rimedio. Eppure, Tyndal, se la mia coscienza l’avesse permesso, ti avrei risparmiato volentieri. Selden, portami con delicatezza questo vecchio chiacchierone all’olmo più vicino e impiccalo con tutti i riguardi, dove io possa vederlo quando passo a cavallo. Addio, buon “Master Condall”, caro “Master Tyndal”; sei di partenza difilato per il Paradiso; fa’ buon viaggio!
- No, no, mio amabilissimo signore - replicò Condall, forzandosi a un sorriso ossequioso, - se proprio comandate così, come bene vi conviene, io da parte mia, con tutta la misera abilità che possiedo, farò quanto comandate.
- Amico! - disse Sir Daniel, - ora scriverai due volte venti. Va’ là che sei troppo furbo per vivere con settanta scellini. Selden, fallo scrivere secondo le dovute regole, con la controfirma di regolari testimoni.
E Sir Daniel, che era un cavaliere sempre d’ottimo umore da non aver rivali in Inghilterra, bevve una sorsata della sua birra calda e aromatizzata, e si abbandonò sullo schienale sorridendo.
Intanto il ragazzo disteso sul pavimento cominciò a muoversi, si mise seduto e si guardò intorno con spavento.
- Vieni qua - disse Sir Daniel; e come l’altro si alzò a quel comandò e gli si avvicinò lentamente, si ributtò all’indietro e scoppiò in una risata. - Per la croce! - esclamò, - che giovanotto in gamba! Il ragazzo avvampò di collera, e dagli occhi neri gli dardeggiò uno sguardo d’odio. Ora che era in piedi, era ancora più difficile stabilirne con precisione l’età. Il volto aveva un’espressione alquanto più matura ma era liscio come quello d’un bambino; d’ossatura e di corporatura era insolitamente snello, e nell’andatura piuttosto incerto.
- Mi avete chiamato, Sir Daniel - disse. - Che c’è da ridere sul mio misero stato?
- Ma sì, lasciami ridere - disse il cavaliere. - Caro borbottone, lasciami ridere, fammi il piacere. Se ti potessi vedere, ti garantisco che rideresti tu per primo.
- Sta bene - fece il ragazzo, ancora arrossendo, - risponderete di questo quando risponderete di tutto il resto. Ridete pure finché potete!
- Vediamo, vediamo, caro cugino - replicò Sir Daniel, con una certa serietà; - non pensare che io mi prenda gioco di te, se non per stare un po’ allegri, come si fa tra parenti e fra amici intimi. Ti faccio fare un matrimonio di mille sterline, va’ là! e ti voglio straordinariamente bene. Ti ho preso, è vero, con una certa ruvidezza, come lo richiedeva l’occasione; ma da ora in poi ti manterrò di buon cuore e ti servirò volentieri. Sarai “Mister” Shelton, “Lady” Shelton, anzi! Poiché il giovanottello promette splendidamente. Via! non devi prendertela per un’onesta risata; purga la malinconia. Le canaglie non ridono, caro cugino. Mio buon oste, prepari qui un buon pasto per mio cugino “Master” John. Siedi, bellezza, e mangia.
- No - disse “Master” John, - non spezzerò mai il pane. Visto che mi costringete a questo peccato, digiunerò nell’interesse dell’anima mia.
Ma, mio buon oste, fatemi la gentilezza di darmi una tazza d’acqua fresca; vi sarò davvero molto obbligato della cortesia.
- Avrai la dispensa, va’ là! - esclamò il cavaliere. - E una completa assoluzione, in fede mia! Sta’ tranquillo, dunque, e mangia.
Ma il ragazzo fu ostinato, bevve una tazza d’acqua e, avvolgendosi di nuovo stretto nel mantello, andò a sedersi in un angolo, meditabondo.
Dopo un paio d’ore si avvertirono nel villaggio un movimento di sentinelle che davano l’alt e uno strepito d’armi e di cavalli; e poco dopo un gruppo di armati raggiunse la porta della locanda e Richard Shelton, tutto inzaccherato, si presentò sulla soglia.
- Vi saluto, Sir Daniel! - disse.
- Ma come! Dickie Shelton! - esclamò il cavaliere; e udendo pronunciare il nome di d**k, l’altro ragazzo lo guardò con curiosità.
- Che fa Bennet Hatch? - Vi piaccia, cavaliere, prendere conoscenza di questo dispaccio da parte di Sir Oliver, che vi spiegherà come stanno le cose - rispose Richard, porgendo la lettera del prete. - E vi piaccia inoltre affrettarvi quanto più possibile a Risingham; perché venendo qui abbiamo incontrato uno che galoppava furiosamente con delle lettere, e, secondo quanto ci ha detto, il signore di Risingham si trova molto a mal partito e sente moltissimo la mancanza della vostra presenza.
- Come hai detto? A mal partito? - ripeté il cavaliere. - No, allora, ci affretteremo mettendoci a sedere, caro Richard. Dato come vanno le cose in questo povero regno d’Inghilterra, chi cavalca più adagio cavalca più sicuro. Il ritardo, dicono, genera pericolo; ma è piuttosto questa smania di fare che disfa gli uomini; tientelo per detto, d**k. Ma fammi vedere, prima, che bestiame m’hai portato.
Selden, una fiaccola qui alla porta! E Sir Daniel uscì sulla strada del villaggio e al chiarore fiammeggiante della torcia ispezionò la nuova truppa. Era un vicino impopolare e un padrone impopolare; ma come condottiero in guerra era molto amato da quelli che cavalcavano dietro le sue insegne. Il suo ardimento, il coraggio a tutta prova, la sua sollecitudine per il benessere dei soldati, perfino le sue beffe grossolane piacevano enormemente ai baldi armigeri in casco e giaco.
- Ma no, per la croce! - gridò. - Che misera roba è questa? Eccone qui uno ricurvo come un arco, e qui un altro secco come una lancia. Amici, cavalcherete in prima linea in battaglia; posso fare a meno di voi, amici. Ma guarda qui questo vecchio villano su quel ronzino pezzato! Un montone di due anni a cavallo d’un porco avrebbe un aspetto più marziale. Ah! Clipsby, ci sei, vecchio ratto? Ecco un uomo che potrei perdere allegramente; andrai avanti a tutti, con un occhio di bue dipinto sulla casacca, per fare meglio da bersaglio alle frecce; briccone, sarai tu a mostrarmi la strada.
- Vi mostrerò qualunque strada, Sir Daniel, meno quella di cambiare partito, - gli rispose Clipsby, arditamente.
Sir Daniel si fece una grassa risata.
- Ma bene, ben detto! - esclamò. - Hai una lingua pronta in bocca, va’ là! Ti perdono perché sei spiritoso. Selden, fa’ dare da mangiare a uomini e bestie.
Il cavaliere rientrò nella locanda.
- Ora, amico d**k, - disse, - siediti. Ecco qui buona birra e lardo affumicato. Mangia, mentre leggo.
Sir Daniel aprì il pacchetto e, leggendo, la fronte gli si oscurò.
Quand’ebbe terminato rimase un poco in silenzio, a riflettere. Poi si volse con un’occhiata brusca al suo pupillo.
- d**k - chiese, - hai visto questi versacci da quattro soldi? Il ragazzo rispose di sì.
- Fanno il nome di tuo padre - continuò il cavaliere; - e il nostro povero parroco brontolone è accusato da qualche pazzo di averlo trucidato.
- L’ha vivacemente negato - rispose d**k.
- Davvero? - fece il cavaliere, secco. - Non gli dar retta. Ha la lingua sciolta; ciancia come una gazza. Un giorno, quando troverò il tempo e l’occasione, d**k, t’informerò personalmente con maggior precisione al riguardo. Ci fu un certo Duckworth che fu molto sagacemente biasimato in proposito; ma i tempi erano turbolenti, e non c’era da ottenere giustizia.
- Accadde a Moat House? - osò domandare d**k, con il cuore che gli batteva.
- Accadde tra Moat House e Holywood - rispose calmo Sir Daniel: ma lanciò uno sguardo di sfuggita e cupo di sospetto, al viso di d**k. - E adesso - soggiunse il cavaliere, - finisci presto di mangiare; tornerai a Tunstall con poche righe mie.
Dick si rattristò in volto.
- Di grazia, Sir Daniel - esclamò, - mandate uno dei contadini! Vi supplico di farmi prendere parte alla battaglia. So tirare bene, ve l’assicuro.
- Non lo metto in dubbio - rispose Sir Daniel, accingendosi a scrivere. - Ma qui non si tratta, d**k, di farsi onore. Rimango a Kettley finché non avrò avuto notizie sicure della guerra, e allora soltanto andrò a unirmi al vincitore. Non gridare alla vigliaccheria; è semplicemente saggezza, d**k; perché questo povero regno è talmente scombussolato dalle rivolte e il nome e la guardia del re cambiano tanto spesso, che nessuno può essere certo del domani. Il rischio e la spensieratezza si precipitano a testa bassa, ma il signor buon consiglio se ne rimane da parte, aspettando.
Con ciò, Sir Daniel, voltando le spalle a d**k e andandosi a mettere all’angolo più lontano del lungo tavolo, cominciò a scrivere la sua lettera, con la bocca storta, perché quella faccenda della Freccia Nera gli si era ficcata di traverso in gola.
Intanto il giovane Shelton continuava di buon appetito la sua colazione, quando si sentì toccare sul braccio e udì una voce sussurrargli pianissimo all’orecchio: - Non vi muovete, vi supplico - disse la voce, - ma per carità insegnatemi la strada più diretta per Holywood. Vi supplico, ragazzo buono, confortate una povera anima in pericolo e in estrema angustia, e fatemi andare via, lontano, dove possa trovar pace.
- Prendete la via del mulino a vento - rispose d**k, nel medesimo tono; - vi porterà fino al traghetto del Till; là domandate.
E senza volgere la testa, riprese a mangiare. Ma con la coda dell’occhio vide di sfuggita il giovanotto chiamato “Master” John che scivolava furtivo fuori della stanza.
- Diamine - pensò d**k, - è giovane come me. E mi ha chiamato «ragazzo buono»! Se l’avessi saputo, avrei visto quel ragazzino impiccato prima di dargli l’informazione. Be’, se traversa la palude, posso raggiungerlo e tirargli le orecchie.
Mezz’ora dopo, Sir Daniel diede a d**k la lettera ordinandogli di affrettarsi a tornare a Moat House. E un’altra mezz’ora dopo la partenza di d**k, arrivò un messaggero, in grande urgenza, da parte di Lord Risingham.
- Sir Daniel - disse il messaggero, - vi siete perduto grande onore, davvero! Si è ripreso a combattere questa mattina prima dell’alba e abbiamo battuto la loro avanguardia e disperso l’ala destra. Solo al centro resiste dura la battaglia. Se avessimo la vostra truppa fresca, li scaraventeremmo tutti a fiume. Ma come, cavaliere! Volete essere l’ultimo? Non si addice alla vostra buona fama.
- No di certo! - esclamò il cavaliere. - Stavo proprio per mettermi in marcia. Selden, suona il buttasella. Signore, sono con voi all’istante. E’ soltanto due ore fa che è arrivata la maggior parte degli uomini ai miei ordini, signor messo. Che volete? Speronare sta bene, ma si finisce per ammazzare il cavallo. Animo, ragazzi! Ora la tromba squillava allegramente nel mattino, e da tutte le parti gli uomini di Sir Daniel si riversarono nella strada principale e si mettevano in formazione davanti alla locanda. Avevano dormito armati, con i cavalli sellati, e in dieci minuti un centinaio di armigeri e di arcieri, ben equipaggiati, disciplinati e vispi, si erano allineati ed erano pronti. La maggior parte portavano i colori di Sir Daniel, amaranto e azzurro, con bell’effetto sullo schieramento. I meglio armati cavalcavano di fronte; e senza farsi notare, in coda alla colonna, veniva il mesto rinforzo giunto la notte. Sir Daniel guardò con orgoglio la sfilata.
- Ecco dei ragazzi che nei guai vi serviranno - disse.
- Sono in gamba, davvero - ammise il messaggero. - Tanto più mi dispiace che non vi siate messo in marcia prima.
- Be’ - fece il cavaliere, - che ci volete fare? Il principio della festa alla fine della zuffa, signor messo - e montò in sella. - Ma come, dov’è ora? - gridò. - John! Joanna! No, per la santa croce! dove s’è cacciata? Oste, dov’è quella ragazza?
- Ragazza, Sir Daniel? - esclamò l’oste. - No, signore, non ho visto nessuna ragazza.
- Ragazzo, allora, vecchio barbogio! - urlò il cavaliere. - Ma non hai visto che era una ragazza? Quella nel mantello color amaranto, che ha fatto colazione con l’acqua, imbecille, dov’è? - Ma come, che i santi ci benedicano! “Master” John, lo chiamavate - disse l’oste. - Be’ non pensavo a male. Se n’è andato. L’ho visto... l’ho visto nella stalla una buona ora fa; stava sellando un cavallo grigio.
- Ah, per la croce! - gridò Sir Daniel. - Quella ragazzina mi valeva cinquecento sterline e anche più.
- Signor cavaliere - osservò il messaggero con amarezza, - mentre voi siete qui a strepitare per cinquecento sterline, il regno d’Inghilterra, altrove, sta per essere sconfitto e perduto.
- Ben detto - replicò Sir Daniel. - Selden, prendi sei balestrieri: dalle la caccia. Costi quel che costi; ma al mio ritorno fammela trovare a Moat House. Ne va della tua testa. E ora, signor messo, in marcia.
E la truppa si mise al trotto serrato, e Selden e i suoi sei uomini furono lasciati indietro sulla via di Kettley, sotto gli occhi attoniti dei villici.