Con un cenno i due Vicari lo invitarono a parlare.
“Anzi due.” rettificò Archie di rimando.
“Sentiamo.” accondiscese lei sedendosi, preparata a un lungo discorso.
“Prima di tutto, che i Ghiacc ... che gli Invernali scelgano un altro tipo di costruzione per il loro Governo.”
La richiesta fatta ad alta voce, mentre il Soggiorno era al completo, suscitò calorosi applausi da parte di tutti. Anche Ares sostenne vigorosamente la mozione.
Tornare a scuola dopo le vacanze era già di per sé non proprio allegro, ma rivedere la Domus così conciata lo aveva gettato nello sconforto, per tacere di Archie che, non appena l’aveva scorta, aveva preso a lamentarsi e si era quasi accasciato davanti all’ingresso, rifiutandosi di entrare. Esternamente, in quel periodo la scuola era un castello medioevale in piena regola, completo di barbacane, fossato e ponte levatoio. L’intero edificio – dai tetti ricoperti di scura ardesia e al cui centro sorgeva un poderoso maschio, sicuramente la Rocchetta del Praesidens – era di triste pietra grigia, sulla quale si aprivano occasionalmente sparute feritoie. L’imponente complesso era animato da torrioni angolari e di fiancheggiamento dai tetti appuntiti a cono, numerose torrette spioventi e comignoli. Non mancavano garitte di vedetta, bertesche, cammini di ronda a cielo aperto protetti da merli e camminamenti coperti, e ancora torri con tetti a padiglioni. Il mastodontico triplice ingresso principale a sesto acuto, protetto da pesantissimi battenti di quercia spessi un braccio e rinforzati da sbarre di ferro, era come sempre affiancato dai giganteschi telamoni, ora di semplice roccia rozzamente scolpita, che sostenevano tonde torrette sporgenti a mensola. Forse anche a causa della stagione, spesso grigia e piovosa, la Domus nella versione invernale dava l’angoscia solo a vederla. E l’interno era ancora peggio, così nudo e spoglio com’era, quasi fosse un luogo di penitenza. Dei piacevoli addobbi e ricchi panneggi che l’avevano ingentilito per Geamhradh, la festa del Solstizio d’Inverno, rimaneva solo il ricordo nella mente di Ares, che era svanito all’istante non appena entrato nell’Atrio d’Onore, lasciandogli addosso solo l’orribile sensazione che la speranza fosse scomparsa per sempre.
Horatio e Astrea sospirarono.
“Lo sapete che non è possibile. È da quando sono state istituite le Familiae che Hiems ha scelto per il suo Governo un castello del primo Medioevo.” fu la tetra risposta che Horatio diede a tutta l’assemblea.
“Sarebbe ora di cambiare, allora! Mi risulta che Ver l’abbia fatto.” replicò Charlie.
“È vero. È successo qualche tempo fa. Ma fa parte della natura primaverile rinnovarsi, mentre quella invernale difende le tradizioni.” chiarì Astrea.
“Va bene ... No, non va bene per niente! Non si potrebbe fare almeno qualche miglioria?” insistette Archie.
“Possibile che tutti gli Invernali siano contenti di vivere così scomodi?! In un ambiente tanto deprimente?” incalzò Sean
“Deprimente è dir poco! Direi che mette la morte nel cuore! Non so a voi, ma a me non viene voglia di far niente.” precisò Archie, raccogliendo parecchie adesioni, e aggiungendo. “Ma ci pensate che la loro Casa è per tutto l’anno così?! Mi vengono i brividi solo a pensarci!”
Altri intervennero sostenendo il suo punto di vista: tutti quanti erano più che d’accordo che bisognava far qualcosa.
Alla fine, Astrea e Horatio si arresero.
“Ne parleremo con gli altri Vicari e poi, tutti insieme, ai Senatores di Aestas. Vediamo cosa si può fare. Prima però dobbiamo pensare a proporre un’alternativa che possa per lo meno essere presa in considerazione, perché se chiediamo di cambiare e basta, sapete già quale sarà l’esito.” osservò lei, che aveva l’aria di essere particolarmente stanca.
“E se proponessimo di adottare uno stile un po’ meno primo Medioevo?” suggerì Ares.
“Tipo?” verificò Archie, stringendo gli occhi.
“Tipo gotico.” ipotizzò Astrea, illuminandosi.
“Sai che pacchia!”
“Be’ sempre meglio di adesso.” obiettò Ares.
“Sarebbe già un passo avanti.” concordò Horatio.
La questione venne archiviata dopo un rapido scambio di opinioni e Archie tornò alla carica.
“Secondo. E più importante. Propongo di lasciarci andare a Keep-Baile. Almeno un paio di volte al mese.”
“Ottima idea.” convennero all’unisono Tib&Tuc, riscuotendo l’accordo di molti.
“Sì, ma quando?” si preoccupò Astrea.
“La domenica. Si potrebbe saltare qualche partita.” propose Wilfred che, immediatamente dardeggiato dal Trio come se avesse bestemmiato, subito si corresse. “No. La domenica, no. Naturalmente.”
“E il sabato neppure.” precisò Horatio, che si affrettò a spiegare. “Sono in parecchi ad avere attività scolastiche ... ausiliarie.” Molti lo guardarono perplessi. Ares sapeva bene a cosa si stesse riferendo. “Senza contare che ci sono anche gli allenamenti ...” aggiunse, riscuotendo l’assenso del Trio.
“Be’, ma allora?!” si interrogò Wilfred, che non nascondeva il suo interesse per la proposta di Archie.
“Credo che finché non arriverà la bella stagione, e con questa più ore di luce, non abbiamo molte alternative. Quindi è inutile fare ora una tale richiesta. Più avanti, si può pensare sottoporre la questione.”
Pur riconoscendo che l’osservazione di Astrea era sensata, furono in molti a mugugnare.
“È disumano, però, tenerci chiusi qua dentro per mesi interi senza mai farci uscire. Mica siamo carcerati.” concluse Archie, avvilito.
Bastarono un paio di giorni per dimenticarsi delle vacanze e riabituarsi alla vita scolastica di sempre, scandita da lezioni, studio, allenamenti. Fu solo giovedì sera che, per la prima volta, Ares riuscì a beneficiare del suo prezioso permesso. Era fiero di come fosse riuscito a convincere la Douglass a concedergli due sere alla settimana per andare a tirare al boschetto di bambù, ma non aveva ancora potuto approfittarne e, cosa più importante, non aveva deciso se e a chi dirlo. Ma adesso che dormiva nella stessa stanza di Archie, Tib&Tuc e Horatio era impossibile non informare almeno loro.
Non gli era andato molto a genio che – la stessa sera del loro arrivo, al momento di andare a dormire – Archie desse per scontato che lui si spostasse nella loro camera. Alle sue timide obiezioni, l’amico aveva replicato che era ora che la smettesse di fare il lupo solitario, visto che era una Spiga. Peak e gli altri avevano riso forte alla battuta e lui si era unito a loro, anche se a malincuore. Era contento di avere una stanza tutta per sé e il fatto di tornare a dividerne una, anche se decisamente spaziosa e confortevole, lo riportava alla sua infanzia alle Esperidi e gli metteva malinconia. Non aveva saputo, o forse voluto, opporsi all’entusiasmo di Archie e degli altri di averlo come compagno di stanza e così aveva acconsentito, pentendosene subito. La permanenza a casa Peak lo aveva abituato ai ronfamenti di Archie, ma non a quelli ben più sonori di Tib&Tuc che, anche nel sonno, sembravano dialogare come al solito, né ai lamenti di Horatio che, nel cuore della notte, lo avevano svegliato di soprassalto.
Il lunedì mattina si era alzato all’alba per la disperazione, assonnatissimo e stanco morto. Dopo una lunga doccia calda, sotto la quale aveva quasi rischiato di addormentarsi, si era vestito nella semioscurità della sua nuova stanza, rimpiangendo la sua camera soleggiata dal cui balcone ammirava ogni mattina il Parco e la vista del lago. Sceso nel Soggiorno, con l’intento di appisolarsi nella sua poltrona preferita, aveva trovato Astrea che leggeva assorta e, rendendosi conto di non aver fatto ancora una cosa, era tornato velocemente sui suoi passi.
“Ciao, Astrea. Questa è per te.” L’aveva salutata, porgendole con un certo imbarazzo una grande scatola molto raffinata, sul cui coperchio trasparente spiccava l’elegante scritta in oro Korolrose.
Lei l’aveva accolta con evidente sorpresa e gli aveva sorriso per ringraziarlo, prima di esaminare con cura il dono, illuminandosi non appena aveva scoperto di cosa si trattava. Le spesse gocce appiattite dai colori pastello, che sembravano fatte di vetro satinato, erano petali canditi di rosa, ciliegio, melo, mandorlo e altri fiori. Astrea aveva tolto il coperchio e dalla scatola si erano sprigionate ben distinguibili le loro fragranze delicate, ma intense. Dopo aver respirato gli aromi a pieni polmoni beandosene, aveva allungato la scatola verso di lui che aveva scelto una goccia color granata, lei invece ne aveva presa una bianca. Le avevano assaporate insieme.
“Uhmmmmm ... Che delizia!” aveva commentato lui quando la Korolrose, con suo dispiacere, aveva terminato di sciogliersi in bocca. “La mia sapeva di ciliegia. E la tua?”
“Di mandorla. È incredibile cosa siano riusciti a fare. Ai petali, di cui si sente comunque consistenza e profumo, hanno unito il sapore dei frutti. Sono tutti di rosacee, la famiglia più generosa.”
“Archie mi ha detto che ami questo tipo di fiori.”
“Oh, sì. Moltissimo. Grazie! È un regalo splendido. Non sapevo che esistessero queste ... meraviglie.”
“Sono una novità. Almeno così c’era scritto. Li ho trovati al Pomegranade. Ci sei mai stata?”
“Sì, alcune volte, però preferisco i negozi di Lythra Gardens. Li trovo molto più ... magici.”
“Anche Mira dice lo stesso.”
“Mi piacerebbe conoscerla.”
Astrea si era fatta pensierosa. Dopo poco, si era rammaricata adagio. “Mi dispiace per ieri.” Fermando le obiezioni di Ares sul nascere, aveva proseguito. “No. Sono stata indelicata, anche se per me era ovvio quanto mi avesse colpito e addolorato ciò che era successo allo zio di Archie, e anche a te, e come fossi preoccupata. Mi rincresce moltissimo di non averlo detto esplicitamente. Il fatto è che mi sono immedesimata in Mira. Anch’io al posto suo avrei fatto lo stesso, pur sapendone i rischi e ... l’alto prezzo da pagare se ... Spero proprio che non ... Non hai idea di come sia arduo per una donna, anche di grandi capacità e qualità, farsi valere. Nel Mondo Opaco, bisogna lavorare il triplo ed essere due volte più brave dei maschi per avere neanche la metà. E basta una distrazione da niente, un piccolo errore per perdere tutto. Una cosa del genere non solo le stroncherebbe di certo la carriera, ma può rovinare la sua vita per sempre.” aveva rivelato, afflitta.
Ares era rimasto colpito da quanto aveva detto. Sì, aveva ragione: non aveva proprio idea che le cose stessero così.
“Magari a Lumenalia le cose stanno diversamente.” aveva ipotizzato, più per non sentirsi in colpa nei confronti di Mira, che per sincera convinzione.
“Sì, magari.” aveva convenuto lei per gentilezza, puntualizzando dopo poco. “Anche se i Lumen fossero, come spero, più equi e illuminati, è comunque fuori discussione che se Mira verrà scoperta a indagare per rivelare il Segreto al mondo, la vita per lei cambierà radicalmente e non in meglio.”
“Allora è il caso che la fermi. Le scriverò subito.”
Astrea aveva scosso decisamente la testa. “No. Non puoi fermarla.”
“Perché?”
“Perché lei non può farlo. Non più, dopo che ha saputo.”
“Come fai a esserne così certa.”
“Perché io non lo farei. E tu nemmeno.”
“E neanche Archie, credo.” aveva concordato lui, senza riserve. “Ma tu cosa ne pensi di tutto quello che abbiamo scoperto ed è successo?”
“Penso che Mira abbia ragione.”
Il sopraggiungere in quel momento dei compagni aveva impedito ad Ares di saperne di più. Non c’era stata poi occasione di poterne parlare un po’ con calma, in compenso Astrea gli aveva ricordato che uno dei primi rimedi imparati ad Apotecaria era il Sonnilieti: poche gocce sul cuscino prima di coricarsi garantivano di dormire sereni anche sotto le cannonate. Un problema era risolto, restava l’altro.
Mentre percorreva fischiettando il Koridor, il collegamento notturno tra la Domus e la Grande Serra, pensò che era andata meglio di quanto si aspettasse. L’idea di Astrea aveva funzionato alla grande. Quando, fermamente intenzionato ad andare al boschetto di bambù quella sera, le aveva confidato i suoi timori, lei lo aveva rassicurato dicendogli che, dopo tutto, lo faceva per il bene della squadra. In fondo era la verità, anche se non era proprio quello che Ares aveva in mente, quando aveva chiesto alla Douglass quella concessione. Andare a tirare da solo in un posto che nessuno frequentava, significava per lui sentirsi libero. Tib&Tuc si erano persuasi subito, mentre Archie lo aveva guardato storto. Proprio Tib&Tuc avevano poi argomentato talmente bene che, alla fine, Archie si era convinto che Ares era un eroe a sacrificarsi così per la gloria delle Spighe.