“Chi sa, oltre a noi?” si accertò Sean, mentre stavano per uscire dall’aula.
“Astrea e Wilma.”
“Non pensate che valga la pena di dirlo ad altri?” suggerì Charlie.
Ares scosse il capo. “Non ora. Poi, visto che sono io ad essere stato informato in prima persona, se non vi dispiace, vorrei decidere a chi dirlo e quando.”
“Ares ha ragione. Dobbiamo essere prudenti. Se la notizia dovesse diffondersi, prima che ne sappiamo di più, potrebbe scoppiare un putiferio che manderebbe all’aria i nostri piani.” Subito Archie si morse la lingua, maledicendosi mentalmente per averla così lunga.
“Quali ... piani?” indagò Tib, accigliandosi.
“Ma quelli che vi abbiamo detto: fare di tutto per scoprire chi ha attaccato lo zio di Archie e magari come difenderci, caso mai ci dovesse capitare ... Anche se sarà, per fortuna, molto difficile. Ma non si sa mai ...”
La spiegazione di Ares sembrò convincere Tib&Tuc che, scorgendo nel Tablinum il Kemp delle Spighe, li salutarono con una strizzatina d’occhio e pollici in alto, prima raggiungere Jasper.
“Dobbiamo mettere al corrente Astrea. Speriamo che sia già arrivata. Fra poco si mangia e non vorrei far tardi.” annunciò Archie, aprendo la bella porta in ciliegio e vetri satinati del terzo piano di Casa Aestas.
Ares sorrise, pensando che erano solo le cinque e ambedue avevano fatto un pranzo molto abbondante. Il Soggiorno era piuttosto affollato, anche se non erano ancora arrivati tutti. La speranza di Archie non andò delusa. Astrea stava conversando con Vanessa, Dulcie e Pamela. Un rapido scambio di sguardi confermò che si sarebbero parlati non appena esauriti saluti e scambi di reciproche notizie.
“Ecco adesso sai tutto.”
Astrea emise un lungo sospiro, la sua espressione era più assorta che preoccupata. “Mira rischia parecchio. Se viene scoperta a spiare, sarà certamente licenziata. E quel che è peggio, essendo stata cacciata dal Dicastro, non troverà più nessun posto di lavoro. Non è stato tanto saggio coinvolgerla.”
“Non ci posso credere!” si sbigottì Archie, che subito ripeté arrabbiato. “Non ci posso proprio credere!!”
La guardò accigliato con aria di evidente rimprovero.
“Con tutto quello che abbiamo scoperto, questa è l’unica cosa che riesci a dire?! Ti preoccupi della carriera di Mira, invece che del fatto che mio zio ci ha quasi rimesso le penne?! Ti è forse sfuggito, che noi non le abbiamo chiesto niente?! Che è stata tutta una sua idea? O forse non hai capito che ... quello là è ... tornato?! Eh?! Cos’è che non hai ... afferrato?!”
Dopo una brevissima pausa, esclamò con veemenza. “E poi non è spiare!! Mira ... Mira ... indaga ... Ecco, sì indaga.” asserì soddisfatto di sé, spiegando subito impettito con fare professionale. ”Svolge doverose indagini su qualcosa che è nostro sacrosanto diritto sapere. Quindi giustamente si ... informa ... come noi.”
Anche Ares era sorpreso da quanto aveva detto Astrea. Non comprendeva però la reazione dell’amico, pur ammettendo che non aveva tutti i torti. Per fortuna, avevano deciso di appartarsi per parlare senza essere disturbati.
“Lo so io perché hai detto così!” la apostrofò Archie con durezza, mentre lei, che non aveva ancora aperto bocca, si limitava a osservarlo calma, come se aspettasse che lo sfogo finisse.
“Sei gelosa.”
“Cosa?!” ribatté lei, stupefatta.
“Sì. Non ti va giù, che noi abbiamo scoperto così tanto in poco tempo, mentre tu niente.”
Lei gli scoccò un’occhiata incredula e poi si mise a scuotere la testa, sconcertata. “Non è vero.” negò adagio.
“Cos’è?! Hai scoperto qualcosa nel tuo ... tour francese? Sentiamo!”
Ares cominciava a sentirsi a disagio, non gli piaceva il tono sprezzante di Archie e neanche quell’eccessiva sparata.
“Niente. Non ho scoperto niente.” rivelò mesta.
“Lo vedi che ho ragione! Sei invidiosa dei nostri successi!”
“No. Non è così.”
“E allora perché hai detto quelle cose?” la rimbrottò con durezza.
Lei scosse di nuovo il capo, amareggiata. “È che ... No, niente. Ho dato per scontato che ... Scusa, hai ragione. Mi dispiace.”
Si alzò e andò verso la porta dell’aula che li stava ospitando.
“Ci vediamo ...” li salutò rattristata, prima di varcare la soglia.
“Non ti sembra di aver esagerato?” appurò Ares, non appena si fu allontanata.
“Ah! Non mettertici anche tu, eh?!”
“Datti una calmata, Archie. Non sto dicendo che non avessi ragione – anche a me ha seccato un po’ che per prima cosa abbia pensato al futuro di Mira, dopo che le avevamo detto che era stata una sua decisione – ma non credo proprio che Astrea sia il tipo da provare invidia. Tutt’altro.”
L’amico lo guardò di sbieco. “Ma allora perché ha fatto così?!”
“Non lo so ... Avrà avuto i suoi motivi.”
“Non ha avuto neanche una parola per mio zio.”
“Sono sicuro invece che fosse molto dispiaciuta. Non hai visto che faccia aveva quando glielo raccontavamo? E anche quando le ho detto di cosa mi è successo a Londra?”
Archie non fece mostra di aver sentito nemmeno una parola, continuando a inveire, mentre camminava nervosamente avanti e indietro. “Lei! Sempre così perfettina! Sempre pronta a criticare gli altri ... A dirmi che sbaglio! Come se solo lei avesse ragione! Un corno, invece!!”
Le cose non stavano affatto così. Ares lo sapeva bene e anche Archie. Chissà cosa gli aveva preso? Preferì soprassedere e azzardò con cautela. “Mi è sembrato di sentire il gong della cena.”
Peak girò verso di lui un viso imbronciato. Lo fissò taciturno per un po’ e quindi si massaggiò lo stomaco. “Giusto! Lasciamola perdere quella là! La pappa prima di tutto! Andiamo, che mi è venuta una fame da lupi.” Quindi scoppiò a ridere come se nulla fosse.
Arrivati nell’Auditorium, gremito di allievi di tutte le Familiae che chiacchieravano allegramente, scambiandosi i racconti delle vacanze trascorse, Ares colse il discreto richiamo di Horatio e, notando che era ansioso di parlargli, andò a sedersi di fianco a lui.
Dopo i primi convenevoli, Gape gli riferì soddisfatto ciò che premeva a entrambi. “Sono riuscito a spostare le mangiatoie nella Grande Serra! E il nostro ghiottone sembra gradirlo, visto che non lascia mai una briciola.”
Gli sorrise grato e soddisfatto. Alla vigilia della partenza, durante la festa di Geamhradh, Ares gli aveva manifestato la sua preoccupazione di non poter dare da mangiare alla misteriosa creatura che da mesi sembrava spiarlo e che, nell’intento di scoprire chi fosse, lui alimentava regolarmente. Trattenendosi alla Domus per tutte le vacanze invernali, il compagno si era offerto di farlo al posto suo.
“E sono riuscito a vederlo!” gli rivelò, trionfante.
“Davvero?! E chi è? Com’è? Hai riconosciuto ... cosa può essere?”
Il suo entusiasmo si raffreddò non appena vide l’espressione delusa dell’altro che scuoteva la testa.
“Non più di quanto hai visto tu. Ho solo scorto di sfuggita chiazze bordeaux e azzurro cupo. Non sono riuscito a capire nemmeno quanto può essere grande o che forma può avere.” ammise Horatio, sconsolato.
“Dove l’hai visto?”
“Tra il locale della Surgiva e il boschetto di bambù.”
“Perdinci! Ma è dove l’ho visto io l’ultima volta!” osservò lui d’acchito, ma subito si corresse ricordando. “No. Non è vero. Non proprio. Quando l’ho visto entrare nel lato sud della Serra, e l’ho seguito all’interno, l’ho perso prima di arrivare ai bambù. Poi ti ho incontrato e siamo andati insieme all’aula centrale, dove c’erano le piante di Surgiva da studiare.”
“Dopo la lezione sono state spostate in un locale vicino al boschetto.”
“Stai dicendo che qualcosa lo attira lì?”
“Forse.”
“Ma cosa? Se è per l’acqua, ci sono rubinetti e fontane dappertutto.”
“Sì, ma Surgiva non è solo dissetante in ogni sua parte. Le foglie contengono anche vitamine, i fiori sali minerali e i frutti importanti aminoacidi.” precisò l’altro.
Assentì. Prima di partire, aveva ammirato le piante altissime e sottili di Surgiva cariche di fiorellini color amaranto. Sylvia Lur aveva spiegato che la pianta aveva quattro fioriture l’anno, una per stagione, che fruttificavano rapidamente. Era quindi probabile che il Ghiottone, come ormai lo chiamavano, si cibasse anche di quelli. Data la loro copiosità era impossibile verificare se ne mancassero dai rami, e quindi non gli chiese nulla. Era però ragionevolmente convinto che la sua supposizione fosse corretta. Se era così, allora ...
“Sai? Astrea mi ha detto che, se si terrà, parteciperà anche lei al corso della Magistra Lur. E anche ... ehm Cathy.”
“Chi?” assorto nei suoi pensieri, lui aveva a mala pena afferrato ciò che il compagno gli stava dicendo, così come non si accorse delle sue guance che si erano imporporate, né della nota imbarazzata che gli aveva fatto vibrare la voce nominando quel nome.
“Cathy, Catherine MacDuff degli Autunnali. Quella coi capelli castano chiaro lunghi, il viso delicato e lo sguardo dolce.” spiegò Horatio, con espressione stranamente sognante.
“Ah sì! Ma certo! Era con noi nella prima squadra di Apotecaria.” si sovvenne. Riservata, Cathy era gentile con tutti e sempre pronta a dare una mano.
“Sì ... lei. Ecco, così siamo in quattro.”
“No, siamo in sette.” lo corresse, ancora soprappensiero.
“In sette? E chi?” si informò l’altro, felice.
“Archie e Tib&Tuc.”
“Charlie e Sean?! Non l’avrei mai detto che potessero essere interessati e neanche Archie. Come mai lo fanno?”
Ares si scosse dalle sue riflessioni sul Ghiottone e si diede mentalmente dell’idiota. Doveva pensarci prima a trovare una spiegazione plausibile per Horatio! Sarebbe stato tutto più semplice, se avesse detto anche a lui ciò che gli altri sapevano. Il compagno si meritava di sicuro la sua fiducia, ma non se la sentiva ancora di rivelargli come stavano le cose. O forse era solo per non sopportare di nuovo il dolore che provava ogni volta che ne parlava. E così inventò lì per lì.
“È stato Archie a proporglielo. Gli avevo detto quanto ci tenesse la Professoressa Lur, e anche tu ... e anch’io, visto il favore che mi avete fatto, così l’ho persuaso a partecipare e lui ha convinto Tib&Tuc. Mi sa che sono interessati al bonus ...” ipotizzò alla fine.
Gli occhi di Horatio si illuminarono. “Cathy ha detto che ne parlerà a Eleonor, Crispin, Hector e Gordon. Astrea invece lo dirà ai soliti Primaverili.”
“Soliti?”
“Sì, i ... soliti. Quelli con i quali parliamo abitualmente, cioè Hildebrand, Dorothea, Cyril, Hyppolite e Miranda.”
“Ah! Così tanti ...” osservò senza entusiasmo, pensando che, se avessero aderito tutti, erano troppi e potevano mandare in fumo i suoi progetti.
“Vero? Ben nove! Che bellezza! Anche se non dovessero starci tutti, arriveremo di sicuro alla dozzina e così è certo che il corso si farà.”
Horatio sprizzava gioia da tutti i pori e Ares era contento per lui.
Una vocina gli diceva, tuttavia, che avrebbe fatto meglio a dirgli tutta la verità. Lui le rispose che l’avrebbe fatto, ma non in quel momento. E la vocina tacque.
“Cari e stimati Vicari. Ho una richiesta da sottoporre ai Senatores.” esordì Archie, non appena rientrarono nel loro Soggiorno dopo cena, rivolto a Horatio e Astrea.
Lo screzio di qualche ora prima si era appianato al momento del dolce. Ares ci contava, sapendo come si infiammasse facilmente il suo amico e altrettanto rapidamente smorzasse i toni, spesso pentendosi dei suoi eccessi. Archie era fatto così: un temporale estivo. Spesso imprevedibili, le sue sfuriate si esaurivano presto e, una volta terminate, tornava il sereno come se niente fosse successo. Chi lo conosceva – e Astrea lo conosceva bene – lo sapeva e, pur restandoci male, non si offendeva troppo. Così, quando Astrea aveva chiesto a Wilfred di passarle il vassoio di joliemiel, bocconcini di frutta di stagione caramellati al miele, che era di fronte ad Archie, Peak l’aveva afferrato prima che il compagno potesse prenderlo, si era alzato ed era andato da lei per porgerglielo con un sorriso sfacciato a mo’ di scusa. Lei aveva scosso il capo, rassegnata, e poi, accettando il dolcetto, aveva riso. Pace era fatta e Ares, che aveva seguito con attenzione la scena, era contento.