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2019 Words
III.Ma Hurry Skurry era assai più preso dalle bellezze di Judith Hutter che non da quelle dello Specchio Lucente e paesaggio relativo. Quando ebbe finito di ispezionare gli attrezzi di Tom volle pertanto che Cacciatore-di-Daini risalisse con lui nella canoa, avendo egli intenzione di perlustrare il lago in cerca della famiglia Hutter. Prima però d’imbarcarsi Hurry scrutò attentamente tutta la parte settentrionale della distesa lacustre con un binocolo di marina che faceva parte degli oggetti di proprietà di Hutter. In questo esame nessun tratto di lido fu trascurato, ché anzi le baie e i capi vennero sottoposti a un’osservazione più attenta che non il resto della zona selvosa. «È proprio come pensavo», disse Hurry posando il cannocchiale; «il vecchio con questo bel tempo sta scarrocciando in direzione sud e ha lasciato il castello a difendersi da solo. Bene, ora che sappiamo che non è tanto lontano lo raggiungeremo con pochi colpi di pagaia e lo andremo a snidare nel suo nascondiglio». «Come mai Mastro Hutter prova il bisogno di rintanarsi su un lago come questo?», domandò Cacciatore-di-Daini mentre seguiva il compagno dentro la canoa, «a parer mio in una simile solitudine ci si dovrebbe sentir aprire l’anima senza alcun timore che qualcuno possa disturbare i nostri pensieri e la nostra contemplazione». «Tu dimentichi i tuoi amici Mingo e tutti i selvaggi francesi, Cacciatore-di-Daini; esiste forse un luogo sulla terra dove questi farabutti irrequieti non si ficchino? Qual è il lago, o la riserva salina che questi furfanti non scoprano e una volta scovatili di cui non tingano le acque di sangue?». «Certo non ho inteso parlare bene di questa gente, amico Hurry, per quanto non mi si sia ancora dato il caso d’incontrarli, loro o altri, sul sentiero di guerra. Non vorrei per nulla al mondo che un luogo così incantevole fosse visitato da simili razziatori; sebbene personalmente non abbia mai avuto occasione di litigare con loro, i Delaware me ne hanno fatta una descrizione tale che dentro di me li considero come dei veri e propri miscredenti». «In quanto a questo puoi farlo con sicura coscienza, sia nei loro confronti, sia di qualunque altro selvaggio che tu possa incontrare». A queste parole Cacciatore-di-Daini protestò e mentre discendevano il lago pagaiando si accese tra loro un’animata discussione circa i rispettivi meriti dei visi-pallidi e dei pellirosse. «Tu devi ammettere, Cacciatore-di-Daini, che un Mingo è peggio di un mezzo demonio», gridò Hurry incaponendosi nella disputa con una vivacità confinante quasi con la ferocia, «per quanto tu ti sforzi di convincermi che la tribù dei Delaware sia composta esclusivamente di angeli. Ora io dico: se gli uomini bianchi non sono tutti senza difetti non è possibile che proprio tutti gli indiani siano senza difetti. Perciò la tua argomentazione cade di colpo. Ma ecco quel che io chiamo ragionare. Ci sono tre colori sulla terra, no? Bianco, nero e rosso. Il bianco è il colore più puro, perciò l’uomo bianco è il migliore; viene poi il nero, e il nero è ammesso a vivere in vicinanza dell’uomo bianco, in quanto che è abbastanza tollerabile ed è possibile servirsene; infine viene il rosso, il che dimostra che chi li ha fatti non si è mai aspettato che un indiano potesse essere calcolato molto più che un mezzo uomo». «Iddio li ha fatti tutti e tre uguali, Hurry». «Uguali! Tu chiami un nero l’uguale di un bianco, o consideri me, per esempio, alla stregua di un indiano?». «Tu rizzi subito la cresta come un galletto, e non vuoi ascoltarmi sino alla fine. Iddio ci ha creati tutti quanti, bianchi, neri e rossi; e senza dubbio nella Sua saggezza aveva i Propri buoni motivi per colorarci così diversamente. Tuttavia Egli ci ha fatti nel complesso più o meno uguali di sentimenti, benché non possa negare che abbia dotato ciascuna razza di qualità particolari. Le doti di un uomo bianco sono mitigate dal Cristianesimo, mentre quelle di un pellerossa sono più adatte a una esistenza selvaggia. Mentre sarebbe un grave peccato per un uomo bianco scotennare i morti, per un indiano invece questo è un indice di valore. Inoltre un uomo bianco non può tendere una imboscata a donne e bambini, mentre un pellerossa lo può. Ciò è una impresa crudele, lo ammetto, ma per loro è legittima, mentre per noi sarebbe peccaminosa». «Ciò dipende dal tuo nemico. In quanto a scotennare o sia pure scorticare un selvaggio per me è pressappoco lo stesso che mozzare le orecchie ai lupi per averne la ricompensa pattuita, o spellare un orso. D’altronde che male c’è a prendere la testa di un pellerossa dal momento che la Colonia stessa ha stabilito un premio in cambio, proprio allo stesso modo che è disposta a pagare per le orecchie dei lupi e lo teste dei corvi?». «Già, ma è una gran brutta cosa, Hurry. Persino gli indiani la giudicano vergognosa, ben comprendendo che essa si oppone alle qualità di un uomo bianco. In stato di guerra legittima, come ci è accaduto ultimamente, è doveroso soffocare ogni sentimento di compassione quando ne va di mezzo la vita, ma allorché si tratta di scotennare crani a sangue freddo, allora la cosa è assai diversa». «Sii ragionevole, Cacciatore-di-Daini, ti prego, e dimmi se la Colonia può emanare una legge ingiusta! È forse una legge ingiusta e contro natura quella di scotennare un selvaggio? Una legge non può essere ingiusta e illegittima più di quanto una verità possa essere bugiarda». «Questo mi sembra ragionevole, ma ha una portata assai irragionevole, Hurry. Le leggi non provengono tutte da un’unica fonte. Iddio ci ha dato le Sue, mentre altre ci vengono dalla Colonia, e altre ancora dal Re e dal Parlamento. Allorché le leggi della Colonia, o anche le leggi del Re cozzano contro le leggi di Dio diventano perciò stesso illegittime e non dovrebbero pertanto essere rispettate. Io pretendo che un uomo bianco rispetti le leggi dei bianchi sino a quando queste non intralcino i voleri di una legge emanante da una autorità più alta, ed esigo che un rosso obbedisca per lo stesso privilegio alle usanze dei pellirosse. Ma il nostro è un discorso inutile, poiché ciascuno di noi la pensa a proprio modo e tira l’acqua al proprio mulino come meglio gli pare. Teniamo gli occhi bene aperti, se non vogliamo passare accanto al nostro amico Tom senza vederlo, dal momento che se ne sta nascosto sotto questo lido cespuglioso». Cacciatore-di-Daini non aveva definito erratamente i margini del lago. Per tutta la loro lunghezza le piante minori si curvavano tanto sull’acqua che spesso i loro rami si tuffavano nel liquido elemento. Le rive erano scoscese e poiché la vegetazione lotta costantemente verso la luce l’effetto era precisamente quello cui avrebbe mirato un amante del pittoresco se l’ordinamento di quello splendido complesso boschivo fosse stato sottoposto al suo controllo. Inoltre i capi e le insenature erano abbastanza numerosi per spezzettare e frastagliare i contorni. Mentre la canoa si teneva vicina alla riva occidentale del lago nell’intento, come aveva spiegato Hurry al compagno, di compiere una ricognizione per assicurarsi contro eventuali nemici, prima di avventurarsi troppo apertamente al largo, l’attenzione dei due avventurieri era tenuta costantemente all’erta, poiché né l’uno né l’altro poteva prevedere quel che avrebbe rivelato la svolta successiva. Il loro progresso era rapido; la sua forza gigantesca consentiva a Hurry di giocare con la fragile imbarcazione come se fosse stata una piuma, mentre la sua energia era quasi uguagliata dalla perizia del compagno, nonostante la disparità delle loro rispettive capacità naturali. Ogniqualvolta la canoa doppiava un promontorio Hurry si volgeva indietro a guardare, nella speranza di vedere l’arca ancorata o tirata in secco entro la baia. Era però destino che dovesse essere deluso e si erano spinti a un miglio verso l’estremità meridionale del lago, vale a dire a una distanza di due buone leghe dal castello, che una mezza dozzina di sporgenti lingue di terra nascondevano ormai alla vista, quando smise a un tratto di pagaiare, quasi fosse incerto sulla direzione da prendere. «È possibile che il vecchio sia entrato nel fiume», disse Hurry dopo aver frugato attentamente con gli occhi tutta la riva orientale, lontana circa un miglio e che si apriva al suo sguardo per più di metà della propria lunghezza; «si è dato molto al posar tagliole, in questi ultimi tempi, e a meno che non abbia incontrato dei tronchi galleggianti potrebbe esservi penetrato per un miglio e più, benché avrebbe poi molte difficoltà per tornare indietro». «Ma dov’è questo emissario?», domandò Cacciatore-di-Daini; «non vedo alcun sbocco né tra gli argini, né tra gli alberi che possa dare l’impressione che vi passi un fiume come il Susquehannah». «Ah, Cacciatore-di-Daini, i fiumi sono come gli esseri umani; incominciano piccolini ma terminano con larghe spalle e vaste bocche. Tu non vedi l’emissario perché passa tra rive alte e scoscese e sopra vi pendono pini, cicute e tigli proprio come un tetto che ricopra una casa. Se il vecchio Tom non si trova nella “Insenatura del Topo”, dev’essersi rintanato nel fiume; andremo prima a cercarlo nell’insenatura dopo di che attraverseremo il lago in direzione dell’emissario». Mentre procedevano Hurry spiegò che esisteva una baia poco profonda, formata da una lunga punta bassa, la quale era stata denominata “Insenatura del Topo”, essendo uno degli antri preferiti del Topo Muschiato; essa offriva inoltre all’arca un rifugio così sicuro che il proprietario di questa amava nascondervisi ogni qualvolta lo riteneva conveniente. «Poiché uno non sa mai quali possano essere i suoi ospiti in questo tratto di paese», proseguì Hurry, «è un grande vantaggio studiarli ben bene prima di lasciarli venire troppo vicini. Ora che siamo in guerra questa precauzione è più che mai necessaria poiché un Canadese o un Mingo potrebbero penetrare nella tua capanna prima che tu li inviti. Hutter però è uno che sa stare in guardia e annusare il pericolo allo stesso modo che il segugio fiuta il daino». «Secondo me il castello è talmente indifeso che è destinato ad attirar nemici, se qualcuno avesse a scoprire il lago, il che d’altronde è piuttosto improbabile, lo ammetto, non trovandosi sulla pista dei fortini e dei Possedimenti». «Perbacco, Cacciatore-di-Daini, bisogna riconoscere che un uomo s’imbatte più facilmente in nemici che in amici. Fa paura pensare quante sono le ragioni che ti sguinzagliano addosso un nemico e quanto poche quelle che ti fanno trovare un amico. Alcuni impugnano la scure solo perché non la pensi come loro, altri perché li precedi nell’attuazione di un progetto che essi avevano in mente prima di te, e una volta ho persino conosciuto un vagabondo che litigò con un amico perché costui non lo riteneva sufficientemente bello. Ora tu non sei un monumento di bellezza, Cacciatore-di-Daini, ma non credo saresti tanto irragionevole da diventarmi nemico per il solo fatto che ti ho detto questo». «Io sono come il Signore mi ha creato, e non desidero essere giudicato né migliore né peggiore. Può darsi che non abbia doti fisiche nel senso almeno agognato dagli sciocchi e dagli scervellati, ma spero comunque di possedere qualche buona qualità per quel che riguarda la condotta morale. Pochi uomini hanno un aspetto più aitante del tuo, Hurry, e io so benissimo che non posso aspettarmi che qualcuno si occupi di me, quando tu mi stai vicino». A questa uscita Hurry scoppiò in una sonora risata; mentre era troppo spensierato per dare molta importanza alla propria evidente superiorità fisica, ne era tuttavia ben conscio, e incline a indulgere con compiacenza su siffatto argomento, ogniqualvolta gli accadesse di discorrerne. «No, no, Cacciatore-di-Daini, tu non sei certo una bellezza, come sarai costretto ad ammettere se ti sporgerai a rimirarti nel lago», esclamò, «Jude ti direbbe questo in faccia, se tu dovessi provocarla, perché è la ragazza più linguacciuta che io conosca, non solo nei Possedimenti, ma anche fuori di essi, quando la si stuzzica. Il mio consiglio è che non ti capiti mai d’irritare Judith; a Hetty invece si può dire qualunque cosa che l’accetterà con la mitezza di un agnellino. No, converrà che tu non sproni mai Jude a esprimere la sua opinione nei riguardi della tua prestanza fisica».
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