«Sarà a sud, certamente, oppure si troverà ancorata in qualche baia. Ma la canoa è pronta e due pagaiatori come noi arriveranno al castello in quindici minuti».
Cacciatore-di-Daini si affrettò ad aiutare il compagno a riporre nella canoa, che già galleggiava sull’acqua, i vari accessori. Quindi i due forestali si imbarcarono e grazie a una spinta vigorosa allontanarono di otto o dieci spanne da riva il leggero schifo. Hurry sedette a poppa, Cacciatore-di-Daini sul sedile di prua, e con lenti ma forti colpi di pagaia la canoa prese a scivolare sul placido specchio lacustre, puntando verso la straordinaria costruzione che March aveva definito col nome di castello del Topo Muschiato. I due uomini s’interruppero più volte dal pagaiare per soffermarsi a contemplare il paesaggio, ogniqualvolta si aprivano dietro le punte nuovi scorci che consentivano loro di meglio vedere le propaggini del lago o di godere una vista più ampia delle montagne boscose. Ma i soli mutamenti da essi notati consistevano negli aspetti nuovi delle colline, nella variata lunatura delle baie, nei più vasti tratti della vallata meridionale, che tutta la terra sembrava rivestita di un abito di gala di foglie.
«Questa sì che è una vista che riscalda il cuore!», esclamò Cacciatore-di-Daini dopo che si furono fermati per la quarta o la quinta volta; «il lago sembra fatto apposta per permettere di cogliere uno sguardo delle nobili foreste, e la terra e l’acqua sembrano cantare la bellezza e la provvidenza di Dio! Tu dici dunque, Hurry, che non esiste nessun uomo il quale si proclami legittimo proprietario di tutte queste meraviglie?».
«Nessuno all’infuori del Re, figliolo. Ma per quanto possa accampare qualche diritto del genere, è talmente lontano che le sue pretese non daranno mai fastidio al vecchio Tom Hutter, il quale ne ha preso possesso, e ha tutta l’intenzione di non cederlo fino a che resterà al mondo. Tom non è allevatore di bestiame, non possedendo terre, ma io lo chiamo un galleggiatore».
«Lo invidio!… lo so che è male e lotto contro questo mio sentimento, ma francamente lo invidio! Non credere, Hurry, che stia almanaccando di mettermi nei suoi mocassini, poiché un pensiero simile non mi passa neppure per il cervello, ma non posso fare a meno di provare una certa invidia! È un sentimento naturale, e anche i migliori tra noi sono naturali, dopo tutto, e si abbandonano a volte a sentimenti come questi».
«Non hai che da sposare Hetty per ereditare metà della tenuta», replicò Hurry ridendo, «la ragazza è carina e se non fosse per la bellezza di sua sorella la si potrebbe chiamare addirittura avvenente; d’altronde è dotata di così scarsa intelligenza che non ti sarebbe difficile indurla a ragionare a tuo modo a proposito di tutto e di tutti. Se toglierai dalle braccia del vecchio il peso di Hetty m’impegno io a fare in modo che lui ti dia un interesse su ogni daino che ti riuscirà di abbattere nel raggio di cinque miglia intorno a questo lago».
«La selvaggina è abbondante?», domandò a un tratto l’altro, su cui il sarcasmo di March sortiva scarso effetto.
«Ha tutto il paese per sé. Si odono ben di rado scattar grilletti, da queste parti, e in quanto agli accalappiatori non è questa una regione che frequentino molto. Nemmeno io ci verrei spesso se non fosse che Jude mi tira da una parte mentre il castoro mi chiama dall’altra. In queste due ultime stagioni mi è costata più di cento dollari spagnoli, mi è costata, e tuttavia non so resistere al desiderio di rivederla ancora una volta».
«I pellirosse visitano spesso questo lago, Hurry?», chiese Cacciatore-di-Daini perseguendo il corso dei suoi pensieri.
«Mah, vanno e vengono; qualche volta in gruppi, qualche volta isolati. Sembra che la zona non appartenga ad alcuna tribù indigena in particolare; ecco come è caduta nelle mani della tribù degli Hutter. Il vecchio mi raccontò che certi furbacchioni erano riusciti ad estorcerla ai Mohicani mediante un patto indiano, per farsene un titolo d’onore presso la Colonia, ma non se n’è concluso nulla, dal momento che alla cosa non si è interessato nessuno che possa avere le spalle abbastanza solide per sostenere una simile responsabilità. Comunque i cacciatori hanno di questo terreno vergine un buon contratto d’affitto a vita».
«Tanto meglio… tanto meglio, Hurry; se io fossi il Re d’Inghilterra, l’uomo che abbattesse senza buon motivo uno di questi alberi sarebbe bandito in una terra deserta e abbandonata, dove non vi fosse un solo animale a quattro zampe. Sono veramente felice che Chingachgook mi abbia dato appuntamento su questo lago poiché sino a oggi i miei occhi non avevano mai contemplato uno spettacolo tanto meraviglioso!».
«Ciò dipende dal fatto che tu hai dimorato tanto tempo tra i Delaware nelle cui terre non esistono laghi. Ora, più a nord e più a ovest, queste tazzine d’acqua abbondano, e tu sei giovane e chi sa quanto tempo avrai per vederle. Ma per quanto vi siano altri laghi non vi è un’altra Judith, Cacciatore-di-Daini!».
A questa uscita di March il suo compagno sorrise, quindi rituffò nell’acqua la pagaia, quasi in segno di rispetto verso l’impazienza di un innamorato. Entrambi presero ora a vogare energicamente finché giunsero a meno di cento iarde dal “castello”, come Hurry chiamava familiarmente la casa di Hutter, dopodiché smisero nuovamente di pagaiare; l’ammiratore di Judith era riuscito tanto più prontamente a frenare la propria fretta in quanto si era accorto che il fabbricato era momentaneamente deserto. Questa nuova pausa consentì a Cacciatore-di-Daini di studiare meglio il singolare edificio, la cui struttura era talmente insolita da meritare una descrizione particolareggiata.
Il castello del Topo Muschiato, come chi sa quale ufficiale buontempone lo aveva facetamente definito, sorgeva nel mezzo del lago, a una distanza di un buon quarto di miglio dalla riva più vicina. Su ogni altro lato l’acqua si stendeva assai più lontano, essendo la costruzione distante due miglia circa dall’estremità settentrionale dello specchio d’acqua e lontana pressappoco un miglio dalla riva orientale. Poiché non vi era la benché minima apparenza di un’isola, e la casa sorgeva su piloni sotto i quali l’acqua fluiva continuamente – e già Cacciatore-di-Daini si era accorto che il lago era molto profondo – egli si affrettò a chiedere la spiegazione di questo particolare curioso. Hurry gli svelò l’arcano dicendogli che in quel punto soltanto si levava per circa due metri, al di sopra della superficie del lago, un lungo e stretto banco di sabbia che si estendeva per poche centinaia di metri in direzione nord-sud, e che Hutter vi aveva piantato dei piloni e fondato su questi la sua abitazione che aveva voluto così isolata a scopo di sicurezza.
«Il vecchio ebbe ogni suo avere incendiato per ben tre volte, tra indiani e cacciatori; e in una scaramuccia con i pellirosse perse l’unico figliolo maschio, dopodiché si trasportò sull’acqua per non correre altri rischi. Laggiù nessuno può attaccarlo se non venendo con una barca, e il bottino e le capigliature che si potrebbero conquistare non compenserebbero della fatica di doversi scavare una canoa. D’altronde, in un eventuale scontro non so chi avrebbe la meglio, poiché il vecchio Tom è fornitissimo di armi e di munizioni e come puoi renderti facilmente conto il castello è saldamente protetto contro qualsiasi fuoco di fucileria».
Cacciatore-di-Daini aveva alcune nozioni teoriche intorno alla guerra di frontiera, benché non fosse mai stato chiamato ad alzare la mano in gesto di collera contro un suo simile. Egli si avvide che Hurry non aveva sopravvalutato l’imprendibilità di quel fortilizio, da un punto di vista militare, poiché non sarebbe stato facile attaccarlo senza che gli assalitori si esponessero al fuoco degli assediati. Era anche stata impiegata molta arte nella sistemazione del legname con cui l’edificio era costruito e che offriva una protezione assai maggiore che non le solite capanne di ceppi della frontiera. I fianchi e le estremità erano composti di tronchi di grandi pini, tagliati per una lunghezza di tre metri circa, e disposti verticalmente, anziché orizzontalmente, secondo l’usanza del paese. Questi ceppi erano squadrati su tre lati e avevano grossi tenoni su ciascun lato. Alle teste dei piloni erano assicurati davanzali massicci con scanalature adatte scavate nelle loro facce superiori che erano state squadrate allo scopo, e in queste scanalature erano stati posti i tenoni inferiori delle putrelle verticali, che venivano così a essere saldamente assicurati in basso. Sulle estremità superiori dei ceppi verticali erano state poste delle assi lisce le quali erano tenute in sesto grazie a un dispositivo analogo, e i diversi angoli della struttura erano saldamente serrati mediante la calettatura e l’incavigliatura dei davanzali e delle assi. I pavimenti erano fatti di ceppi più piccoli, analogamente squadrati, e il tetto composto di pali leggeri, strettamente uniti e uniformemente ricoperti di corteccia.
Scopo di questa ingegnosa sistemazione era quello di offrire al suo proprietario una casa alla quale si potesse accedere unicamente per via d’acqua, poiché i fianchi della costruzione erano formati di ceppi saldamente incastrati gli uni negli altri, di uno spessore di sessanta centimetri nella parte più sottile, e che potevano essere separati soltanto mediante un impiego ben determinato e laborioso di mani umane oppure per effetto della lenta opera del tempo. La superficie esterna della costruzione appariva rozza e ineguale, essendo i ceppi di dimensioni regolari, ma le superfici squadrate all’interno davano sia ai lati che al pavimento un aspetto quanto mai uniforme e che soddisfaceva a un tempo il colpo d’occhio e le necessità pratiche. Il comignolo non era certo il particolare meno curioso del castello, come Hurry fece notare al compagno, mentre gli spiegava il procedimento mediante il quale era stato costruito. Era costituito di argilla dura, convenientemente lavorata, che era stata fatta rapprendere in uno stampo di bastoncini dove era stata poi lasciata a indurirsi, a non più di trenta centimetri per volta incominciando dalla base. Dopo che tutto il fumaiolo era stato così innalzato, puntellandolo ingegnosamente con mezzi esterni, era stato acceso un forte fuoco che era stato alimentato finché il comignolo non aveva raggiunto un grado di cottura che gli aveva conferito una colorazione rosso mattone. Questa operazione non era stata facile né era interamente riuscita, ma a forza di riempire le screpolature con argilla fresca si erano infine ottenuti un camino e un comignolo sufficientemente resistenti. Questo tratto della costruzione poggiava sul pavimento di ceppi ed era assicurato dal di sotto mediante un pilone supplementare.
«Il vecchio Tom è ricco di trovate», soggiunse Hurry, «e ci si è messo di buzzo buono alla riuscita del suo comignolo che minacciò più di una volta di finire miseramente a scatafascio, ma la perseveranza riesce a venire a capo persino del fumo e adesso ha una bella abitazione comoda, benché minacciasse a un certo momento di diventare una bicocca tutta crepata, capace soltanto di andare in fiamme».
«Ho l’impressione che tu sappia tutto del castello, Hurry, comignolo e pareti compresi», osservò sorridendo Cacciatore-di-Daini. «L’amore è dunque un sentimento così potente da indurre un uomo a studiare pezzo per pezzo l’abitazione della sua bella?».
«In parte è come tu dici, in parte è questione di colpo d’occhio», replicò ridendo il bonario gigante; «eravamo una bella squadra, su al lago, l’estate in cui il vecchio costruì e noi lo aiutammo nel lavoro. Ho alzato non poca parte di quei piloni con queste mie spalle, e ti posso garantire, Mastro Natty, che le scuri volavano, in quell’occasione. Il vecchio non è affatto tirchio per quel che riguarda il vitto, e siccome avevamo mangiato spesso al suo focolare ritenemmo doveroso sistemarlo comodamente prima di andarcene ad Albany con le nostre pellicce. E sì, ho consumato parecchi pasti nelle capanne di Tom Hutter, e Hetty, pur così debole di cervello, diventa abilissima, quando si mette a maneggiare padelle e spiedi!».
Mentre i due così discorrevano la canoa si era andata a poco a poco accostando al castello, e vi era ormai talmente vicina che non occorreva più che un unico colpo di pagaia per raggiungere l’approdo, il quale consisteva in una piattaforma pavimentata posta dinanzi all’ingresso, e aveva una dimensione di circa sei metri quadrati.