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Il primo compito investigativo affidato da Alfonsi alla squadra fu di adottare un nome di battaglia, Scat l’aveva già scelto, mancavano gli altri sette componenti. La scelta si rivelò alquanto difficoltosa, non erano abituati all’idea di usare un nick come non erano pronti a gettare alle spalle le loro vite private. All’interno del gruppo, in tre avevano moglie e figli e stavano consultandosi mentre il capo si era chiuso nel suo ufficio a sistemare la scrivania, anzi, l’enorme tavolo riunioni ora trasformato in scrivania.
«Non mi convince questa cosa», a precisare il proprio punto di vista era Mario Bellocchio che, successivamente, adottò il nomignolo di Pulcinella, affibbiatogli dai colleghi per il suo strano modo di camminare, quasi balzellando, «non rinuncio alla mia vita privata per seguire un fanatico che vuole scalare la vetta».
«Ti capisco», gli rispose Scat, «io, però, ci sto. Quell’uomo è un mito, ho sempre sognato di fare parte della sua squadra di Palermo, anni fa avevo chiesto il trasferimento che non mi fu concesso. Ora lui è qui, sai quanto si impara da uno così? Lo so, appare stronzo, despota e arrogante, ma ne ha ben donde, ha una condanna a morte sul groppone decretata dalla Mafia di mezzo mondo. Io mi farei anche ammazzare per uno così, ha duecento paia di palle. Beh, io ci sto, magari mi pentirò, ma voglio essere della partita».
Le parole di Scat rinvigorirono il gruppo, in effetti erano tutti poliziotti estremamente preparati, uomini e donne d’azione che si erano distinti in centinaia di operazioni. Erano stati selezionati proprio per la loro preparazione. La scelta era stata minuziosamente operata da Alfonsi, quindi del tutto stronzo non doveva essere, anzi, molti si sentirono onorati di essere stati preferiti a tanti altri candidati. Tutti confermarono la disponibilità, nessun dubbio. Ora non restava che scegliere il soprannome che comunicarono al capo precisando che non avevano altro desiderio se non quello di mettersi a disposizione, senza tentennamenti o dubbi di sorta. In quell’istante giunse una telefonata. Era il Vice Questore per Alfonsi: al castello dei Conti delle Asturie, gli operai addetti alla manutenzione edile avevano rinvenuto un cadavere. Era il primo caso affidato al Commissario Capo Matteo Alfonsi e alla sua squadra dell’U.S.A.P., l’Unità Speciale Anticrimine della Polizia di Stato, in forza alla Questura di Grosseto.