Angelina
Oh, Dio.
Jared, il buttafuori enorme tutto tatuaggi e quel suo modo tenebroso di flirtare mi fa sentire le farfalle nello stomaco. Mi brucia il sedere dove mi ha sculacciato, e non serve che mi volti a guardare per sapere che ha lasciato una bella manata rossa che tutti vedranno.
Ho come la sensazione che fosse sua intenzione.
Al diavolo i miei tratti dai capelli rossi, perché la vampa che mi sale dal collo e si allarga al viso probabilmente adesso è evidente a tutti.
Lo vedo scomparire tra la folla, delusa che neanche si volti a guardarmi. È un uomo bellissimo. Un perfetto esemplare di cruda mascolinità. Ha modi rudi ed è coperto di tatuaggi, ma dannazione, è tanto affascinante da far passare in secondo piano il fatto che la sua presenza dovrebbe intimidirmi.
E wow, quella piccola dimostrazione di forza con il tizio che mi stava importunando?
Eccitazione totale.
Mi giro e guardo negli occhi le altre due ballerine di turno, e tutte e tre passiamo alla combinazione pre-organizzata, passando dal freestyle a una serie di movimenti sincronizzati.
Talya e Remy sono tutte e due un po’ brille, ma conosciamo così bene la performance che potremmo eseguirla anche dormendo. E poi, da ballerine professioniste o semi-professioniste quali siamo e con tutto l’allenamento che abbiamo in corpo, possiamo far apparire ogni mossa come pensata e coreografata.
La canzone finisce e il nostro set è terminato. Ci è concessa l’ultima ora per divertirci: drink offerti dalla casa. È il patto che ho fatto con il titolare, un altro uomo enorme e dall’aspetto piuttosto minaccioso che si chiama Garrett Green. Cinquanta verdoni a testa e da bere gratis in cambio di balli scatenati il sabato sera. La maggior parte delle ragazze del corpo di ballo da me creato accetterebbe anche solo per la pubblicità gratuita e l’attenzione che riescono a ottenere su quei cubi.
E io…? Io non so perché lo faccio. Non per i drink: non vado d’accordo con l’alcool. Per la gioia pura che deriva dalla creazione, mi sa. È bello inserire del vero divertimento nella vita di tutti i giorni.
Sì, sono una tipa da musical, quelle situazioni dove la gente si mette improvvisamente a cantare in pubblico. Sono la ragazza che spinge il carrello tra le corsie del supermercato sforzandosi di non improvvisare un’arabesque mentre creo mentalmente una coreografia adatta alla gente cui passo accanto.
Tranquilli, non la eseguo veramente. Certo, se riuscissi a convincere altri danzatori a unirsi a me, niente mi fermerebbe.
Passo in mezzo alla folla fingendo di non fissare il fusto sexy, Jared. Lì. Vicino alla porta che dà sul patio. Vado al bancone perché non voglio sembrare troppo ovvia. Non penso di interessargli. Cioè, sono settimane che gli lancio segnali, e anche se a volte mi rivolge qualche occhiata infuocata non mi ha mai chiesto il numero di telefono né di fare due chiacchiere.
Una delusione totale.
Mi siedo al bancone e ordino un’acqua tonica col lime. È il mio trucchetto scemo per dare l’idea che stia bevendo un gin tonic o vodka e soda, quando in realtà mi sto solo reidratando. Le mie amiche si prendono da bere e si mescolano con la folla, e io faccio finta di starmene tranquilla. Un tizio mi si avvicina ma non mi interessa, quindi gli rivolgo un sorriso educato e vado verso il bagno.
Quando esco, trovo Jared lì in piedi nel corridoio.
“Vieni qui, ragazzina.” Mi chiama facendomi segno col dito. Lo seguo attraverso una porta riservata al personale ed entriamo nel magazzino, che è pieno zeppo di scatole di alcolici.
Dannazione, se un gruppo di amici volesse un posto da svaligiare, questo sarebbe davvero come fare bingo.
Mi batte forte il cuore e mi sento avvampare in viso, anche se non so cosa voglia.
Cioè, so cosa spero che voglia.
E non dovrei nutrire speranze del genere.
È evidente che Jared è uno a cui piace giocare. Si fa le ragazze e poi non le richiama più. È quello che dicono tutti, incluso il suo migliore amico, l’altro buttafuori, Trey. Mi hanno messo in guardia da questo tizio, ma non riesco comunque a fermare il brivido di eccitazione che mi scorre in corpo.
Jared mi prende una mano. Prima che possa capire quello che sta facendo, mi fa ruotare su me stessa, piazzandomi davanti al muro e bloccandomi il palmo lì. Poi mi afferra l’altro polso e lo mette insieme al primo, tenendoli fermi entrambi con una sua mano potente.
Mi si blocca il respiro in gola mentre sento il suo palmo schiantarsi contro al sedere. Come prima, mi colpisce sulla parte sottostante delle natiche, quella lasciata scoperta dagli shorts cortissimi.
Annaspo ma non protesto, troppo eccitata per desiderare che si fermi.
Lui mi schiaffeggia l’altra natica con la medesima forza. “Questo è per esserti messa degli shorts che fanno venire in mente a ogni uomo qua dentro di scoparsi questo culo succulento.”
Sono sicurissima di avere smesso di respirare. Nessuno mi aveva mai parlato in modo così rude e osceno, ma non ho la minima intenzione di lamentarmi. Anche le mie parti intime si stringono, programmando un festino all’idea di qualsiasi altra cosa Jared abbia da offrire.
Mi ruota di nuovo, in modo da portarmi faccia a faccia con lui. Colpisco la parete con il sedere ed espiro tutto d’un colpo, in un soffio. La sua mano mi va dritta in mezzo alle gambe.
“E la prossima volta che mi metti la fica così vicina alla faccia…” Fa oscillare la mano mentre parla, premendo lungo la cucitura dei pantaloncini, scorrendo dal clitoride all’ano. Sussulto e arriccio le dita dei piedi. “… scoprirai esattamente quello che vorrei farci.”
Un fremito di proporzioni epiche mi scorre dentro. Più un brivido, solo che ‘brivido’ ha una brutta connotazione. E quello che sto provando è dannatamente lontano da qualsiasi cosa brutta io conosca. Sento le viscere che si sciolgono, l’eccitazione scorre lungo le cosce, arrivando alle piante dei piedi. Ho il viso in fiamme.
Ora ho un’idea più chiara di cosa significhi l’espressione ‘mi fai arrossire’.
Fa scivolare lentamente le dita sopra alla stoffa, arrivandomi esattamente sopra alla fessura, che mi ha completamente inzuppato le mutandine. “Capito, bellezza?”
Deglutisco. “Sì.” Il mio sesso si stringe.
Le sue dita si infilano sotto al cavallo degli shorts e dentro alle mutandine e io gemo.
“Tesoro, se ti metti un’altra volta questi shorts all’Eclipse, ti riporto qua dentro e sculaccio questo tuo culo succulento fino a farlo diventare tanto rosso che chiunque ti guarderà ballare capirà che qualcuno ti ha fatta sua.”
Spinge indietro la testa di scatto e la scuote, come sorpreso da ciò che ha appena detto, ma le sue dita scivolano, scivolano, scivolano sulla mia fessura. Gemo piano, lo sguardo fisso all’altezza del suo petto.
“Occhi su di me, tesoro,” mi ordina, e obbedisco senza neanche pensare. Le ballerine sono creature obbedienti di natura. Abbiamo passato tutta la vita a modellare corpo e mente per riuscire a fare qualsiasi cosa un regista o un insegnante ci chieda. Una ballerina che non ce la fa viene eliminata in poco tempo. Ce ne sono sempre altre dieci pronte a prendere il tuo posto, se non sei pronta a dare il cinquecento per cento.
Mi fissa negli occhi, mentre mi infila dentro un dito.
Piagnucolo; non per dolore, ma per assoluto bisogno. Non sono vergine, ma non sono mai stata così eccitata in vita mia. Ho i capezzoli che premono contro al tessuto aderente della maglietta e sono fradicia in mezzo alle gambe.
Mi divincolo per liberarmi dalla mano che ancora mi stringe i polsi, e mi struscio in avanti per accogliere il dito più a fondo.
Lui china la testa verso la mia, così che ci troviamo tempia contro tempia. “Ti va bene, angelo?”
È un po’ tardi per controllare che sia d’accordo, ma apprezzo la domanda. “Sì,” dico ansimando.
“Bene.” Si sposta e mi infila dentro un secondo dito.
Ruoto le anche, sollevandomi in punta di piedi.
“Stai ballando per me adesso, vero, tesoro?”
“Oh, Dio,” gemo.
Ha spinto entrambe le dita a fondo e ora smette di muoverle. Smette, così!
“Co-cosa stai facendo?”
Il suo sorriso ha tutte le sfumature della sensualità. “Voglio solo essere sicuro che tu lo voglia.”
Ruoto le anche. “Ti ho detto di sì.”
Ricomincia a muoverle lentamente. Troppo lentamente. “Dillo bene. Dimmi per chi stai ballando.”
“Per te. Sto ballando per te,” grido. Ho un disperato bisogno di venire.
“Vuoi altre dita, angelo?”
“Jared,” dico annaspando.
Ha le palpebre a mezz’asta.
Una parte di me si incazza. Mi sta prendendo in giro?
Probabilmente percepisce la mia resistenza. “No, fanculo. Dovrei essere io a implorare te. Non vedo l’ora di vederti godere, bellezza.” Fa pompare le dita dentro e fuori finché le mie gambe tremolanti non sono sul punto di cedere. “Vieni per me, Angelina. Fammi vedere di cosa sei capace.”
Non ho idea di cosa intenda dire, ma il mio corpo esegue comunque gli ordini. Cedo alla sua abile tortura. Nel momento in cui i muscoli iniziano a stringergli le dita, spinge più a fondo e aspetta, lasciandomi irrigidire e rilassare a intervalli, in ondate di piacere.
“Oh, cazzo, tesoro.” Appoggia la fronte alla mia e sfila le dita. “Anche meglio di quanto avessi immaginato.”
Non sono sicura di cosa voglia dire dato che sono stata io a venire, ma mi ispira comunque un’allegria che dona un brivido di vitalità al rilassamento totale che mi ha pervaso i muscoli.
La maniglia vibra e Jared si stacca da me con un salto, lasciandomi andare e tirandomi giù l’orlo degli shorts un istante prima che la porta si spalanchi.
Uno dei baristi entra, poi si ferma quando ci vede e ci lancia un’occhiata curiosa.
Jared mi si mette davanti, come a volermi schermare da un possibile scrutinio, e apprezzo il gesto per quanto un po’ in ritardo.
“Sarà meglio che vada a cercare le mie amiche,” mormoro. Non è che voglia separarmi da Jared. Beh, aspetta… sì, lo voglio.
L’imbarazzo ha la meglio, insieme alla consapevolezza che probabilmente ha portato dozzine di ragazze qua dentro. È per questo che il barista non sembra sorpreso.
Passo oltre Jared e mi dirigo verso la porta.
“Aspetta, angelo. Aspetta un momento.” Mi afferra per la vita.
Resto immobile, ma non lo guardo.
“Scusa,” mormora a voce bassa, in modo che possa sentire solo io. “Non avevo la minima intenzione di farti sentire usata e buttata via.”
Non so se è la sensazione che ho provato, ma ora che l’ha detto è proprio quello che mi dilaga nelle viscere.
“Sì, devo proprio andare,” insisto.
Jared mi lascia. Percepisco la sua riluttanza, anche se mi rifiuto di guardarlo negli occhi. Voglio solo uscire di qui.
Sono l’unica tra le mie amiche a non aver bevuto stasera, ma sono proprio quella che sta prendendo le decisioni sbagliate.
“Aspetta un attimo. Puoi darmi un secondo?”
Scivolo via. “È tutto a posto,” borbotto, senza voltarmi a guardare. “Possiamo parlare dopo.” Sfreccio verso la porta prima che possa aggiungere altro. Sento che è dietro di me, ma non mi guardo alle spalle. Vado dritta al bancone per trovare le mie amiche e uscire da qui.
Ma cosa stavo pensando? A quanto pare bastano due sculaccioni sul culo e sono pronta a permettere a uno di fare con me quello che vuole.
Dannazione. Dovrò dire alle mie amiche di non lasciarmi mai più da sola con Jared. Soprattutto non quando sono in ovulazione.
Zona di pericolo.
Trovo Talya e Remy all’accensione delle luci fluorescenti, che indica l’imminente chiusura del locale. Dalla folla sale uno sbuffo collettivo e la gente si allontana veloce, come scarafaggi colpiti dalla luce del sole.
“Andiamo,” dico con urgenza. “Usciamo da qui. Ne ho avuto abbastanza.”