IIIl Conte di Windermere, scrisse al rev. Arturo Stayne, M. A., vicario di San Magno, Brockley:
«Ho sentito che la vostra disgraziata parrocchia è afflitta dalla presenza del giovane Montvillier. Non posso immaginare in virtù di quale ragionamento si sia indotto a stabilirsi a Brockley; ma potete esser certo che tale capriccio deve avere qualche causa estremamente sottile. Ad ogni modo non lasciate che disturbi i vostri buoni parrocchiani. Montvillier è stato a Eton con mio figlio; l'ho poi incontrato in un ranch nel Texas, guidando innumerevoli mandrie, e alcuni anni fa, quando visitai gli Stati Uniti, mi rese servizio. Appartiene a una delle più vecchie famiglie di Francia, danneggiate dalla rivoluzione. La sua natura è pura come l'oro; è coraggioso come i suoi avi, e grazie al padre (il solo della famiglia che abbia dimorato a lungo in uno stesso luogo), è ora perfettamente inglese, sia nei gusti che nel linguaggio. È il perfetto filosofo, vivace, audace e attivo. Il suo compagno Hank sempre con lui, è Giorgio Hankey, quegli che ha scoperto le miniere d'argento a Los Madeges. Entrambi hanno fatto e hanno perduto varie fortune; ma credo siano ritornati in Inghilterra con qualche sostanza. Andate a trovarli; dopo tutto, meritano di essere conosciuti».
Il reverendo Arturo Stayne si recò dunque a far visita al duca, e fu introdotto cerimoniosamente dal vecchio servo. Il duca gli si fece incontro col viso sorridente e con la mano tesa, ed Hank, abbandonata la comoda poltrona, si affrettò a dissipare con la mano la nube di fumo che lo avvolgeva.
— Sono felice di conoscervi, – disse il duca cortesemente. E poi, presentò l'amico – il signor Hankey.
Il vicario, che entrando aveva un senso di prevenzione verso i due, si sentì sollevato a quell'accoglienza cordiale, e ricambiò amichevolmente il saluto.
— Ho ricevuto una lettera da Windermere, – spiegò, quando fu seduto. Il duca parve non ricordare quel nome, e interrogò Hank con lo sguardo.
— Quell'individuo cui avete risparmiato una bronchite, – disse questi con calma gentilezza, contrastante colla frase poco reverente.
— Ah! già! – esclamò semplicemente il duca, risovvenendosi; – lo tirai fuori dall'acqua, una volta.
Al vicario tornò alla mente la frase del conte: – «questo giovanotto mi ha reso servizio», – e sorrise.
Un momento dopo il ghiaccio era rotto, e i tre discorrevano animatamente sui più svariati soggetti come i buoi delle praterie americane e i sistemi inglesi di giardinaggio.
— Ora sentite, figliuoli, – disse a un tratto il vicario facendosi serio: avrei qualche cosa da chiedervi. Vorreste dirmi perché siete venuti a Brockley?
I due si scambiarono. uno sguardo.
— Bene, – disse il duca lentamente, – furono molte le considerazioni che c'indussero alla scelta. Prima di tutto, la statistica della mortalità, qui, è molto bassa.
— E il terreno è arenoso, – mormorò Hank come per incoraggiarlo.
— E il terreno è arenoso, – riprese il duca, dondolando la testa in modo saggio. – E le tasse, sapete...
Il vicario alzò le mani ridendo.
— A trecento piedi sul livello del mare! Già! Conosco tutte le glorie di Brockley decantate dalla réclame. – Ma dite davvero?
I due si guardarono ancora in viso.
— Devo dirlo? – chiese il duca..
— S...ì, – esitò Hank. – Sarebbe forse meglio.
Il duca sospirò.
— Signor vicario, non vi siete mai trovato ad essere duca, e a vivere in un ranch? – chiese, con aria innocente; – ad essere un duca che spinge avanti a sé delle mandrie senza numero, e gira attorno attorno marchiando a fuoco e gettando il laccio? No, vero? Non lo credo. Non vi siete mai trovato ad essere un duca che fa assaggi per miniere d'argento, e va alla ricerca di diamanti, in terre pericolose?
— Il duca ha fatto tutto questo, – disse Hank con un tragico sospiro.
— Siete mai stato un duca in circostanze tali che la gente vi chiamasse per il vostro titolo allo stesso modo in cui voi chiamate per nome il vostro giardiniere «Gim?»
Il vicario scosse la testa.
— Lo sapevo io, che non l'avevate provato! – disse Hank trionfante.
— Se vi foste trovato in queste circostanze, – disse il duca seriamente, – se le vostre orecchie fossero dolenti per aver troppe volte sentito ripetervi: – «Qua, duca», «alzatevi e accendete il fuoco, duca,» – «dov'è quel pazzo del duca?» – oppure: – «andiamo duca, datemi una cicca». – Se aveste fatto qualcuna di tali esperienze, non vorreste tentare,... – e batté col palmo aperto sul petto del vicario, – non vorreste tentare, – ripetè con enfasi solenne, – di ritornare a una vita e a una terra dove i duchi siano trattati come si conviene al loro grado; dove chiunque scherzi sul nome – duca – possa venir processato per alto tradimento, e condannato al supplizio?
— Dalla Magna Carta, – mormorò Hank.
— E dalla Dichiarazione dei diritti, – aggiunse con calore il duca.
Il vicario si alzò, con le labbra atteggiate al sorriso.
— Qui non dovrete temere di non venire incensati, – disse.
Si sentiva più sollevato, in seguito alla conversazione, perchè dietro tutte le stravaganze udite, intuiva qualcosa della verità.
— Quello di cui vi prego, – aggiunse, – è di non dare troppo scandalo ai miei buoni parrocchiani. – E con un amichevole cenno si avviò alla porta.
— Non temete per le vostre pecorelle, – disse il duca con dignità. – Dopo tutto siamo gente d'onore.
— Noi spilliamo la birra dal barile, – sentenziò Hank con orgoglio.
Vi furono altri visitatori.
C'è un giuoco, credo, detto Sinp, Snap, Snorum, dove, se dite – Snap – troppo presto, dovete fare una penitenza, e se lo dite troppo tardi, dovete pagare un'ammenda.
Il far visita al duca era diventata una specie di partita a Snap, perché Kymott Crescent vacillava in un'agonia d'apprensione, fra il non curare le forme, e andare ad ossequiarlo troppo presto, e il terribile svantaggio che poteva seguire dal recarsi a fargli visita troppo tardi, e trovare qualche temuto rivale istallato come informatore, Fidus Achates.
I Coyter furono i primi a rendergli visita, col consenso unanime di Crescent.
Coyter raccontò le sue tre storielle.
(1) Che cosa disse il pappagallo al poliziotto.
(2) Che cosa rispose il giudice del tribunale all'inflessibile creditore che a sua volta chiedeva tempo per pagare.
(3) Quello che disse il sacerdote alla coppia che voleva essere unita in matrimonio, senza fare le pubblicazioni in chiesa.
Il duca e Co. risero cortesemente.
La signora C. che aveva una reputazione di scaltrezza da sostenere, disse che non dovevano credere a tutte le terribili storie che circolavano sul suo conto, e che, dopo tutto, anche se fumava, che male c'era?
— Oh! – disse il duca con vivo risentimento contro la censura del mondo: – che male c'è?
— C'era una signora, a Montana, – disse Hank corte- semente, – anch'essa una graziosa signora, che fumava mattina, pomeriggio e sera, senza che nessuno ne pensasse più male per questo.
La signora sorrise a questo cenno di approvazione.
— Quella signora, – continuava Hank solennemente, non si vedeva mai senza il sigaro o la pipa. Fumava tabacco «Old Union», ricordate, duca? e solo occasionalmente fumava qualche sigaretta.
— Fatemi pensare, – disse il duca; – non è quella signora con un occhio solo? O forse...
— No, no, – corresse Hank, – quella morì di delirio tremens; non ricordate quella che scappò con Bill Suggley a Denver, e fu poi processata per averlo avvelenato?
— Ah! Ricordo. – Il viso del duca si era illuminato, ma quello della signora C. si rabbuiò notevolmente.
Anche Roderico Nape venne a trovarli. Gettò furtivi sguardi attorno, e sorrise quietamente. Il loro incontro fu convenzionale. Il duca era contento di vederlo, ed egli era deliziato di conoscere il duca.
— Come si prolunga, quest'anno, la bella stagione.
— Davvero, – aveva risposto il duca, – è straordinario.
— Voi siete stati in America, – disse Roderico Nape ad un tratto.
Il duca parve sorpreso.
— Sì, – ammise.
— Nel West, naturalmente, – disse il giovane Nape con indifferenza.
— Come lo sapete! – chiese il gentiluomo, stupito.
Il signor Nape si scosse nelle spalle.
— Si può essere dotati del potere di osservazione e di deduzione, – disse con indifferenza; e con la mano indicò due selle messicane che pendevano dal muro.
— Di dove vengono? – chiese con indulgente sorriso.
— Le ho comperate in un negozio di curiosità in Bond Street, – disse il duca con aria innocente; – ma avete ragione; abbiamo vissuto in America.
— Lo pensavo, – disse Roderico Nape, gettando indietro, con una mossa del capo, i lunghi capelli neri. – Naturalmente, – continuò, – in certi riguardi ci si modella su di un dato sistema. Io ho già avuto due o tre casi abbastanza interessanti; il fatto della spilla, della cameriera, e l'avventura del cane nero.
— Ma di che parlate? – chiese il duca interessato.
— Cose da nulla, – disse il poliziotto amatore con un leggero ondeggiar della mano. – Ho notato un cane nero che si aggirava attorno alla nostra cucina, e siccome noi non abbiamo cani, ho pensato fosse un cane forestiero, e dal fatto che cacciava il muso in cucina, ho arguito che avesse fame. Guardando il collare scoprii che apparteneva al colonnello B.; lo riportai al colonnello, e seppi dirgli, con la differenza di un giorno o due, da quanto tempo lo aveva perduto.
Hank scosse la testa, approvando, in una ammirazione senza parole.
— Se passate davanti alla mia casa, – disse Roderico Nape alzandosi, – entrate da me, e vi mostrerò il mio laboratorio. L'ho impiantato in una serra; e se per caso desideraste analizzare una macchia di sangue, mi troverete là.
— In veste da camera, suppongo, intento a suonare il violino, o avvolto nelle spire azzurre del fumo?
Roderico Nape assunse un'aria degna.
— Qualcuno ha parlato di me, – disse severamente.