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Il Duca in periferia

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Blurb

Il duca di Montvillier, francese di nobile discendenza, e il suo amico George Hankey, divengono ricchi scoprendo una miniera d’argento a Los Madeges in Texas. Si trasferiscono in Kymott Crescent a Brockley, sobborgo di Londra, creando trambusto tra i vicini di casa, le donne, ex nemici e amici; si trovano costretti a fronteggiare imboscate, complotti e per farlo devono fondare perfino un giornale. Il duca fa la corte ad Alicia Terrill, vicina di casa, e parente di Sir Harry Tanner che ha già ragioni di risentimento nei confronti del duca. Il figlio di Sir Harry prova ad intervenire, ma ogni tentativo di agire per screditare e colpire il duca si ritorce contro i Tanner come un boomerang. Più commedia stile Wodehouse che criminal story tipica di Wallace è ricca di spunti divertenti, descrizioni e dialoghi ricchi di ironia e delicato umorismo che permettono di sorvolare sulla superficialità della vicenda. Alla base di questo umorismo è posta la contraddizione nel comportamento del duca sempre in bilico tra i modi del nobile francese e quelli del cow boy texano concentrati questi ultimi soprattutto nella necessità di contrastare l’odio di Bill Slewer, che dopo cinque anni di prigione, per i quali ritiene responsabile il duca, non vede l’ora di vendicarsi.

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I
ILe guide, i libri di informazioni locali, sono un'utile istituzione per il forestiero, ma il libro d'informazioni sulla vita privata di un sobborgo, il libello: «Chi è?» non è ancora stato stampato, nè lo sarà mai. Eppure, e risulterà evidente anche all'intelligenza più limitata, che l'editore che producesse una tale guida, disposta a colonne parallele, e scritta da una penna senza reticenze, offrirebbe al pubblico un libro che per varietà e interesse, sorpasserebbe il miglior lavoro che autore abbia mai scritto, o biblioteca messo in circolazione. Diamo un esempio: Rapporto Autorizzato Kymott Crescent. n. 44. Sig. A. B. Wilkes. Commerciante. Paragrafi Confidenziali. A. B. Wilkes beve: ritorna a casa in vettura, cosa che non potrebbe concedersi. Il figlio, Giorgio, è un insopportabile animale che usa una quantità di profumi. La signora W. non si è fatta un abito da anni. n. 56. Sig. T. B. Coyter. Ragioniere. Coyter ha tre storielle da raccontare, e ve le vuol sempre ripetere. La signora C. fuma e pare sia un po' troppo amante dei piaceri. Non hanno bambini. La signora ha due gatti, e li chiama i suoi cari piccini. C. ha perduto molto denaro in una fabbrica di birra. Molto riservata. Poco socievole e orgogliosa. La figlia è bella, ma troppo sostenuta. Si crede che in passato abbiano vissuto in grande stile. Il sig. T. è morto, e ora tirano avanti a stento con 200 sterline all'anno. Non danno mai ricevimenti, ed escono raramente. Impiegato a riposo. Roderico, il figlio, sembra molto intelligente. Ha l'aria di meditare sempre su qualche cosa di grave, e legge troppi romanzi polizieschi. n. 66. Signora Terrill… n. 74. Sig. Nape… E così avanti, ad infinitum, o piuttosto finchè la nuova indicazione: «Kymott Terrace», mette da parte Crescent, la sua costituzione e la sua storia. E vi sono centinaia di Kymott Crescent, fra i sobborghi di Londra, popolati di giovanotti onesti e di fanciulle audaci, e di vecchi signori che innaffiano il loro giardino, e mettono trappole vive ai bruchi devastatori. E dappertutto i giovanotti giocano al criket in flanella bianca; le signorine si fanno rosse e, scapigliate al tennis, e gli uomini anziani giocano la partita nel giardino, la sera, con qualche stento, e molta gravità. In questa bella strada dalle casette circondate dal giardino, con le finestre adorne di cortine bianche tese su lucidi ottoni, e rallegrate dai gerani rampicanti, era tradizione che nessuna famiglia s'interessasse alla vita privata dei suoi vicini. Si potrebbe forse pensare, mancando di carità, che questo lodevole atteggiamento altro non fosse che corretta finzione; ma per lasciar giudicare a voi stessi, faremo una pagina di cronaca. La notizia che la casa n. 64, vuota da tanto tempo, e che portava sulle finestre chiuse la scritta: «Affittasi. Rivolgersi al custode». aveva infine trovato un locata-rio, si era diffusa il giorno 6 di settembre; ma l'informazione che i nuovi inquilini sarebbero entrati il giorno 17 non si propagò che la mattina del 15. Willie Outran (del 65 Fairlawn), era stato rimproverato severamente dalla madre, per aver espresso il desiderio d'andare a vedere «che cosa avrebbero portato». — Soltanto la gente del volgo si ferma ad osservare un trasloco, – gli aveva detto la signora, indignata, – non fatevi sorprendere vicino al 64, quando scaricano, perché non ve lo perdonerei mai. Questa dichiarazione, come vedete, smentirebbe i de- trattori di Kynott Crescent. Senonché, la frase seguente non fu altrettanto severa: – «Mi direte che aspetto ha la signora». Ma con grande disappunto di Willie, che aveva montato la guardia tutto il giorno, il carro con la mobilia non giunse che al crepuscolo. Era un piccolo furgone, eccessivamente piccolo, e che mostrava, evidentemente, la ristrettezza dei nuovi locatari. Inoltre, non si era vista alcuna signora. Vennero due uomini sul tardi, quando il carro era già arrivato; due signori alti, che vestivano di grigio. Il più giovane aveva un viso sbarbato, dai lineamenti affilati, e lo sguardo degli occhi grigi, fermo e sicuro, aveva baleni di riso. L'altro, di una decina d'anni più vecchio, era pure sbarbato, e aveva il viso colore del mogano. Un osservatore attento avrebbe notato che le mani di entrambi erano mani abituate al lavoro manuale. Si fermarono sul marciapiede, ai due lati del piccolo sentiero che dal cancello conduceva alla porta di casa, e stettero a sorvegliare il trasporto della loro modesta mo- bilia. Willie Outran, da vero reporter, notò mentalmente l'assenza del pianoforte, di scaffali e mensole, e di tutti gli accessori che formavano l'ordinario arredamento dei salotti di Kymott Crescent. Vide invece rotoli di pelli, fasci di lance, scuri indiane da guerra (figuratevi il suo entusiasmo), tamburi, fucili, scudi, e trofei di caccia. Il mobilio della camera da letto, che un servo avrebbe di- sdegnato nella sua soffitta, comprendeva due letti da campo, un sofà e alcune sedie. Da tutto l'insieme risulta- va evidente l'assenza di una donna, e questo fatto, in sé, avrebbe potuto essere tema di conversazione per settimane. Tuttavia la scoperta più interessante doveva ancora venire. Un servo era affaccendato a dirigere il lavoro, e quando il trasporto fu terminato, il signore più anziano disse al suo compagno: — È fatto, duca. Egli parlava con lento e strascicato accento americano. L'interpellato assentì col capo, e disse al servo, con un piacevole accento: — Cole, saremo di ritorno prima delle dieci. Il servo si era inchinato, ossequioso: – Sta bene, eccellenza. Il duca guardandosi attorno aveva scorto Willie, e indicatolo a Hank gli aveva detto: – guardate, abbiamo l'ufficio informazioni a portata di mano; chiedete a lui. Hank aveva fatto un cenno, e Willie si era avanzato lentamente. — Bub (In gergo: bibita forte) , – disse allora Hank tenebrosamente, – dov'è il più vicino caffè? Willie spalancò gli occhi. — Pub, – spiegò il duca dolcemente. — Dove si bevono liquori? – interrogò sospettosamente Willie. Hank accennò di sì, col capo, e il ragazzo ebbe un malizioso riso d'intesa. — Ecco, – disse poi, – un posto del genere lo troverete proprio in fondo a Kymott Road. – proprio alla fine, – sottolineò. — Alla fine, eh? – Hank guardò il suo compagno. — Duca, dobbiamo prendere la vettura? — Non occorre; facciamo una passeggiata a piedi. I due si allontanarono, e Willie stette a osservarli, col cervello che gli turbinava. Stavano per accadere cose straordinarie, non mai viste, tremende, rivoluzionarie, che avrebbero fatto epoca. Era quasi mostruoso, – pensava, – che nella vita regolata di Kymott Crescent s'introducessero tali elementi perturbatori. Il giovinetto agitato li seguì con lo sguardo finché li perdette di vista, poi, avendo coscienza della propria responsabilità si diede a rincorrerli. — Dico! I due si voltarono. — Io vorrei sapere... ecc..., voi (e si rivolse al più gio- vane), – siete veramente un duca? Un duca autentico, voglio dire. Hank lo considerò con indulgenza. — Giovanotto, – gli disse in tono grave, – questo è il Duca più autentico che abbiate mai visto. Non c'è duca più duca di lui. — Vi prego, non scherzate, – disse il ragazzo sbalordito. – Io voglio dire: è proprio un vero duca? E guardava, con occhi comicamente supplichevoli or l'uno or l'altro. — Sono un vero duca, – aveva risposto il giovane facendosi grave a un tratto, – ma non lo dite. – Poi, cavato di tasca un portafogli, ne tolse un cartoncino e glielo porse. Willie lesse!: «Il Duca di Montvillier», e in un angolo «San Pio Ranch, Tex». — Non sono un duca inglese, – aveva continuato modestamente il giovane lord, – sebbene in certo modo io sia superiore alla media dei duchi inglesi, perché ho sangue reale nelle vene. Sarò contento di vedervi al 64. — Dalle 10 alle 16 – disse Hank. — Dalle 10 alle 16 – disse il duca. – Sono le mie ore d'ufficio. — Per fare il duca, – spiegò Hank. — Precisamente, per fare il duca – disse sua grazia. Willie girò lo sguardo da uno all'altro. — Dico, state prendendomi in giro, vero? – Vi prendete gioco di me. — Lo dicevo, io! – mormorò il duca con risentimento. – Dite, Hank, crede che lo burliamo! Ne è sicuro, Hank. Hank non disse nulla, ma scosse la testa scoraggiato; poi prese il compagno per il braccio, e continuarono la strada. Avevano le spalle cadenti, segno evidente del loro sconforto.

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