15 | sᴇɪ ʟ'ᴜɴɪᴄᴀ ᴄᴏsᴀ ʙᴇʟʟᴀ.

1297 Words
Spesso non ci rendiamo conto della bellezza delle persone che ci stanno intorno. Non apprezziamo abbastanza le piccole cose, come il sorriso di un amico, la compagnia della nostra famiglia, il semplice passare del tempo con qualcuno. Spesso non ci rendiamo conto di quanto siamo fortunati ad avere determinate persone nella nostra vita. E più passa il tempo, più mi rendo conto che diventare amica di Jackson sia stata un'autentica fortuna. Una di quelle cose che sono così belle da mozzarti il fiato, da lasciarti senza parole. Siamo sdraiati sul letto a guardare un film. Non presto molta attenzione alle scene chi si presentano sullo schermo perché sono troppo impegnata a riflettere. Il mio migliore amico mi ha ospitata in casa senza un preavviso, senza fare domande, senza avere pretese. È questo il bello dell'amicizia, esserci per l'altro senza voler niente in cambio. E mi vengono quasi gli occhi lucidi, perché mi sento così fortunata, perché non tutti si comporterebbero così, nonostante, magari, si tratti del migliore amico. Forse sono troppo emotiva a causa della situazione in cui mi trovo. Jax smette di guardare la tele e si gira verso di me. Quando nota che lo stavo già guardando aggrotta le sopracciglia. «Non riesco a seguire il film perché le voci degli attori sono sopraffatte dal rumore che sta facendo il tuo cervello. A cosa stai pensando?» Distolgo lo sguardo e faccio un piccolo sorriso. «Al fatto che spesso, nella mia vita, tu sei l'unica cosa bella. E penso anche a come affrontare tutto questo. Se ricado nelle vecchie abitudini...» Punto nuovamente il mio sguardo leggermente lucido nel suo. «Jax, io non so se questa volta riuscirò a farcela. Non so se riuscirò a tornare la Ivy sorridente e sarcastica.» Mi sento mancare il fiato al solo pensiero. Negli ultimi tre anni ho fatto tanto per lavorare su me stessa. Ero riuscita ad evitare le visite di mia zia, dato che veniva per un weekend all'anno. Ed io non mi facevo mai trovare a casa. Ma ora? Cosa avrò mai da fare per un mese? Contare quanti fili d'erba ci sono nei parchi della città? Dire di dover andare nella savana per salvare una razza particolare di leoni dall'estinzione? Vedere quanto tempo ci impiego a girare il mondo con lo skate? Tutte scusa credibili, insomma. Jackson spegne la tele e mi guarda seriamente. «Ivy, certo che ce la farai. Sei forte, e l'hai fatto già una volta. E poi, non è detto che si ripeta tutto.» Sorrido, anche se non ne sono troppo convinta. All'improvviso Jax salta giù dal letto e si mette in piedi. «Sai di cosa hai bisogno? Di una distrazione. Ora dico a Max di venire qua e di portare i suoi amici. Ho Just Dance e Netflix. La tua mente non avrà tempo di pensare e riflettere.» Fa per prendere il telefono, ma di colpo gli afferro il polso per fermarlo. «Ma sei pazzo? Ti devo ricordare delle parole di Andrew? Del fatto che non vuole essere nostro amico dato che è il nostro professore di psicologia?» Il mio migliore amico alza gli occhi al cielo. «Io scrivo a Max. Mal che vada Andrew non verrà, e se lo farà... Beh, evviva l'incoerenza.» ***** Come aveva detto Jackson, evviva l'incoerenza. Oltre ogni previsione, Andrew è qui. Ma a giudicare dalle occhiatacce che lancia al suo migliore amico, direi che è stato obbligato o ricattato per essere qui. Il problema è che siamo noi quattro, perché Theo, Rob e Sam avevano tutti un impegno. La cosa mi puzza. La situazione è imbarazzante. Siamo in salotto, seduti a cerchio tra il divano e le due poltrone, e siamo nel silenzio assoluto. Alla mia destra c'è Jax, mentre di fronte a me ho Drew. La tensione è palpabile. Saranno almeno tre minuti buoni che fisso il mio migliore amico con un sopracciglio alzato e con un'espressione che urla vedi? È tutta colpa tua questa situazione del cazzo. Ma Jackson tenta di ignorarmi, e ogni tanto, per cercare di fare conversazione, se ne esce con frasi stupide del tipo scusate per il colore orrendo delle pareti, ma i miei genitori non hanno mai avuto gusto per queste cose. Un cenno del capo è tutto quello che riceve ogni volta. Io non sono in vena di compagnia, Jax si sta pentendo della sua scelta, Andrew vorrebbe essere ovunque tranne che qui con noi e Max vorrebbe rimanere da solo con il mio migliore amico, possibilmente in camera. Quando passano dieci minuti di totale silenzio, ruoto gli occhi al cielo e mi alzo in piedi, sbuffando. «Vado a prendere una boccata d'aria.» Attraverso il salotto, passo dalla cucina ed esco sul balcone. Settembre è arrivato, e la sera inizia a fare un po' freschino. Rabbrividisco leggermente e poi mi appoggio alla ringhiera. Alzo lo sguardo al cielo, fissando le stelle. Vorrei solo arrivare direttamente ad ottobre, quando Nora se ne andrà di nuovo, portando con sé mio cugino. Sento la porta del balcone aprirsi e richiudersi, e poi dei passi, segno che qualcuno mi ha seguita. E dubito si tratti del mio migliore amico, dato che sa che questo è uno di quei momenti in cui voglio stare da sola. I migliori amici sono coloro che ti capiscono subito, senza bisogno di parole. Guardo con la coda dell'occhio il ragazzo accanto a me, e le mie idee vengono confermate. È Andrew. Lo ignoro e guardo fisso davanti a me, persa nei miei pensieri. Per un po' rimaniamo entrambi in silenzio, vicini fisicamente ma parecchio lontani mentalmente. È lui a rompere per primo il silenzio. Si gira verso di me e appoggia il fianco destro alla ringhiera. «So che al momento sono l'ultima persona con cui vorresti parlare, e capisco quello che hai detto pomeriggio, ma... Tralasciando quello che ti ho detto a cena, se hai bisogno di parlare io ci sono. Non è necessario stare male come oggi e-» Lo interrompo, brusca. «Apprezzo le tue parole, Andrew, ma è abbastanza incoerente da parte tua dire che dobbiamo mantenere le distanze, e il giorno dopo cercare di convincermi ad aprirmi con te. Ti ho detto che capisco le tue motivazioni e che avrei rispettato la tua decisione, cosa che invece non stai facendo tu.» Giro la testa per guardarlo negli occhi. «Smettila di cercare di fare l'amico quando sei stato tu stesso a dire che non volevi esserlo. Ti ho detto più di una volta che non sei la persona con cui voglio parlare.» Sbuffo una risata. «Ma che ti aspettavi? Che mi aprissi con te come se fossi il mio diario segreto? Che improvvisamente avrei raccontato tutta la mia vita al mio professore?» Fa per parlare, ma lo interrompo. «Risparmiati qualunque cosa mi stavi per dire. Non voglio nella mia vita una persone che finge di essere mio amico e non vuole esserlo davvero.» Andrew serra la mascella e mi guarda arrabbiato. «Bene, scusa tanto se mi sono preoccupato. Vuoi che sia menefreghista? Che sia indifferente di fronte alla tua, evidente, sofferenza?» Distoglie per un momento lo sguardo. «Se è questo che vuoi, lo avrai. Non saremo altro che un professore e un'alunna.» Si gira e rientra in casa. Torno a fissare davanti a me. Rifletto su ciò che è appena successo, e ho capito che la presenza di Nora mi sta già influenzando parecchio. Quando sto male tendo ad allontanare le persone da me, a rovinare le amicizie, perché sono convinta di non meritare nessuno. Di non essere all'altezza delle persone che mi circondano. L'unico che non se n'è mai andato nonostante le mie parole e i miei atteggiamenti è proprio Jackson, per questo sono sicura che lui è l'unico su cui posso veramente contare. L'unico che ci sarà sempre, indipendentemente da tutto. L'unico di cui fidarsi davvero.
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