Ma, fuori di lui che dormicchiava in quel modo, il suo geloso genio di Forsyte viaggiava lontano, Dio sa attraverso quale jungla di sogni, e seguiva quei due giovani per vedere che diventavano appena soli nel boschetto; nel boschetto dove la primavera folle prodigava l’odore dei suoi fermenti, i suoi germogli turgidi, i suoi innumerevoli trilli di uccelli, i suoi tappeti di campanule blu e di tenere bacche germinanti, e l’oro del sole impigliato tra le fronde. Li seguiva, questo genio, per vedere quello che facevano, camminando lungo il sentiero troppo stretto, così vicini l’uno all’altra, così vicini che si toccavano ogni istante; per spiare gli occhi d’Irene, i cui aloni scuri palpitavano dello stesso palpito della primavera. Si arrestava con loro per guardare il piccolo cadavere velluta