III. La fucina

3315 Words
III. La fucinaSir Oliver era stato molto prudente e accorto nel recarsi immediatamente da Rosamund per riferirle prima di ogni altro quel che era avvenuto. Tornando a casa poco dopo la partenza di lui, Peter Godolphin doveva riconoscerlo; e questo fatto doveva acuire il suo rancore. Già angosciato per le gravi condizioni di sir John e umiliato per il trionfo del suo avversario, il giovane si sentiva, di riflesso, mal disposto anche verso la sorella; e, giunto che fu alla presenza di questa, le annunciò: «Sir John sta per morire!» La risposta della sorella non solo lo stupì, ma lo irritò oltre misura. «Lo so», disse Rosamund. «E credo ch’egli abbia meritato la sua sorte. Chi si permette la calunnia, dev’essere pronto a subirne le conseguenze!» Per un istante Peter la guardò fremente, senza rispondere; poi, con una serie di imprecazioni sfogò il suo livore contro Tressilian, e concluse che quel “cagnaccio” doveva averla stregata perché ella si permettesse di parlare così. «È una vera fortuna», rispose con pacatezza la fanciulla, «che sir Oliver sia venuto qui prima di voi per raccontarmi la verità su questa faccenda!» Poi la sua calma voluta cedette il posto all’angoscia; e con voce implorante ella proseguì: «Oh, Peter, Peter, spero che sir John riesca a cavarsela! Sono tutta disorientata per questa sciagura! Sir Oliver m’ha detto d’essere stato spinto agli estremi da voi». «Agli estremi?… Oh, quel che gli ho detto è poca cosa! Sulla mia vita, vi giuro che udrà ben altro, e che avrà la giusta punizione per il suo operato!» Angosciata e atterrita da quella minaccia, Rosamund gli gettò le braccia al collo, lo supplicò di non spingere più oltre le cose. Parlò del proprio amore per Oliver, e annunciò la propria ferma risoluzione di sposarlo malgrado tutte le opposizioni. Queste dichiarazioni, naturalmente non contribuirono ad ammansire Peter; il quale tuttavia, grazie al grande affetto che portava alla sorella, e che questa gli aveva sempre largamente ricambiato, finì con l’arrendersi in parte alle suppliche di lei, e promise che non avrebbe dato seguito alla cosa qualora sir John l’avesse scampata; ma che, se sir John fosse morto – come tutto lasciava temere – l’onore gli avrebbe imposto il compito di vendicarlo. E concluse fremendo: «Ho letto in sir Oliver come in un libro aperto; e ho rilevato in lui la scaltrezza di un demone! Ma non è riuscito a ingannarmi! Ha colpito me attraverso Killigrew, Rosamund! Poiché egli vi ama – me lo ha detto apertamente – non ha voluto raccogliere le mie ingiurie, e non ha reagito neppure quando l’ho colpito col bastone! Avrebbe potuto uccidermi sotto la provocazione ma non l’ha fatto perché sapeva che così facendo avrebbe creato un’insuperabile barriera tra voi e lui! Oh, sir Oliver è un freddo calcolatore, astuto come Satana! E per vendicarsi dei miei insulti, per lavarsi dall’onta che gli ho inflitto, ha pensato bene di riversarne la responsabilità su sir John; ed è andato da lui per ucciderlo, intendendo forse di lanciarmi con ciò un avvertimento!… Ma io rido di lui… e se Killigrew dovesse morire…» Non terminò la frase: strinse i pugni minacciosamente, e s’allontanò lasciando Rosamund oppressa dall’angoscia. Certo, per il momento la fanciulla aveva ottenuto già qualcosa dal fratello; ma il suo cuore gentile era straziato dalla pena di veder sempre aumentare quell’inimicizia tra i due esseri che amava sopra ogni cosa al mondo. Se il risultato di quell’avversione fosse stata l’uccisione d’uno di quei due uomini a lei così cari, ella sapeva che mai avrebbe potuto fermare lo sguardo sul sopravvivente. Sir Oliver, tuttavia, le aveva detto e ripetuto che Peter gli era sacro a motivo di lei; ed ella, basandosi su quest’affermazione, a poco a poco riuscì ad acquietare le proprie ansie, e ad attendere con maggior calma gli eventi. * * * Malgrado la gravità della ferita, sir John non morì. Per sette giorni rimase tra la vita e la morte; ma all’ottavo cominciò a riaversi e a lasciare sperare nella guarigione. E a ottobre, finalmente, poté uscire di casa, pallido e sparuto, misera larva dell’uomo di una volta. Una delle sue prime visite fu a Godolphin Court, dove egli si recò per dolersi con Rosamund del suo fidanzamento. In realtà era per desiderio di Peter, ch’egli faceva questo passo. Peter, infatti, sperava che sir John riuscisse là dov’egli aveva fallito; ma, cosa abbastanza singolare, le rimostranze di sir John furono abbastanza languide. La stessa Rosamund se ne stupì. La spiegazione della cosa era abbastanza semplice. Sir John si era trovato molto vicino alla morte, come sopra abbiamo veduto; e, sentendosi un po’ distaccato dalle cose di quaggiù, aveva guardato bene in faccia gli avvenimenti, ed era venuto alla conclusione di non aver avuto più di quanto si fosse meritato. Si era reso conto, inoltre, d’aver agito indegnamente, d’aver assalito sir Oliver con armi che un gentiluomo non avrebbe mai dovuto far sue: e aveva riconosciuto che, cedendo a un impeto di dispetto e di gelosia, e riattizzando la vecchia inimicizia che divideva la casa dei Godolphin da quella dei Tressilian, era andato troppo oltre. L’interesse personale era stato il principale istigatore di quella faccenda; per aver visto frustrati i suoi progetti, egli si era vendicato, e ne aveva pagato amaramente il prezzo. Nondimeno, anche nell’ora del ravvedimento sir John non andò tanto oltre da ammettere che sir Oliver potesse essere un degno compagno per Rosamund. Questa e Peter erano stati affidati dal loro padre alla sua tutela; ed egli aveva esercitato tale ufficio sinché Peter non aveva raggiunto la maggiore età. Il suo affetto per la fanciulla aveva un po’ della tenerezza di un innamorato, ma era temperato da un sentimento assolutamente paterno; e appunto per questo sentimento, e per quella tenerezza che somigliava quasi a un culto, sir John voleva salvare Rosamund da quel matrimonio che egli non giudicava conveniente per lei. E per vari motivi. Anzitutto, il sangue dei Tressilian non era un buon sangue; e mai la sua corruzione era stata così chiaramente dimostrata come nel caso del defunto Ralph Tressilian. Ora, non era possibile che sir Oliver fosse immune dalla tara di famiglia; la sua condotta lasciava credere che egli ne fosse colpito come gli altri. Aveva mostrato, infatti, la tradizionale turbolenza della famiglia; era veemente e brutale; il commercio del pirata – al quale fino ad allora non s’era tuttavia dedicato – sembrava che fosse quello fra tutti che più gli convenisse; e, infine, era duro, intollerante, e incline a calpestare ogni migliore sentimento umano. E un uomo di quella specie poteva essere un degno compagno per Rosamund Godolphin? E poteva sir John – l’antico tutore della fanciulla – lasciar compiere quelle nozze, che non davano alcuna garanzia di felicità, senza intervenire in qualche modo, senza reagire?… Certo che non lo poteva! E perciò quel giorno, aderendo al desiderio di Peter e cedendo al proprio sentimento del dovere, il baronetto si recò da Rosamund; non tanto per protestare, quanto per invitarla a desistere dalle sue intenzioni. Ma invano: ogni sua argomentazione venne confutata dalla fanciulla innamorata e la spinse a vive proteste. «Caro sir John», finì per esclamare Rosamund: «se tutti gli uomini dovessero essere condannati per i peccati dei loro antenati, soltanto pochi sfuggirebbero alla condanna! E dove trovereste per me un marito degno della vostra approvazione?» «Ma non v’ho detto che suo padre…?» «Non parlatemi di suo padre, ma di lui!», interruppe ella risoluta. «Verrò anche a questo. D’altra parte, non è abbastanza palese che sir Oliver ha ereditato molte delle detestabili qualità di suo padre? E che ne abbia ereditate altre ci sarà largamente provato dall’avvenire!» «In tal modo», osservò beffardamente la fanciulla, «io dovrei aspettare che egli esalasse l’ultimo respiro, per esser certa della sua sana morale!» «Non dico questo. Via, Rosamund, siete perversa, nella vostra ostinazione!» «Non sono né perversa né ostinata. Vi ho detto, semplicemente, che i torti e le colpe d’una famiglia non possono onestamente essere riversati sui discendenti. Ciascuno è responsabile soltanto delle proprie azioni. Che cosa potete imputare a sir Oliver? Quali sono le qualità detestabili che deplorate in lui?» Sir John non si fece ripetere l’invito per enumerarle, ma Rosamund non si diede per vinta, e ribatté dicendo: «Siete voi che gli attribuite tali qualità! Questo non è che un giudizio personale!» «Tutti pensano la stessa cosa, sul conto suo!» «Ma io non voglio sposare un uomo per quello che gli altri pensano di lui, bensì per quello che ne penso io stessa. E a parer mio il vostro giudizio è crudelmente ostile! Non ho trovato in sir Oliver nessuno di questi difetti!» «È appunto perché vi sia sempre risparmiato il dolore di fare tale scoperta, che io vi supplico di non sposarlo!» «Eppure, finché non l’avrò sposato non potrò mai fare una scoperta di questo genere; e, finché non l’avrò fatta, continuerò ad amarlo e a desiderare di sposarlo! Tutta la mia vita, allora, dovrà essere spesa in tal modo», concluse la fanciulla. Rise, si avvicinò maggiormente all’antico tutore, e gli passò un braccio attorno al collo, come avrebbe potuto fare col proprio padre, come aveva fatto con lui medesimo negli ultimi dieci anni, contribuendo non poco, con ciò, a dare a sir John l’impressione di essere molto più vecchio di quanto non fosse. Poi con la sua manina gentile gli spianò le rughe della fronte, ed esclamò: «Bando a queste rughe di malcontento! Siete stato ridotto al silenzio dagli argomenti di una donna: e ne siete umiliato!» «Sono stato ridotto al silenzio dalla testardaggine di una donna, e dalla sua ferma risoluzione di rimaner cieca!» «Non avete altre accuse da lanciare, sir John?» «Altre accuse?… Non ne ho dette abbastanza?» «Le parole non sono cose, e i giudizi non sono fatti!», ribatté Rosamund. «Voi dite che sir Oliver è così, così e così; ma, quando vi domando quali fatti avete per giudicarlo tale, vi limitate a rispondere che è questa l’opinione che avete di lui. Ora, la vostra opinione potrà essere sincera, sir John; ma la vostra logica è insostenibile!» Rise di nuovo della sconfitta dell’altro, e soggiunse: «Via! Vogliate pronunciarvi da giudice onesto e citatemi qualche sua azione, di cui abbiate sicura conoscenza, la quale vi autorizzi a qualificarlo come lo qualificate. Avanti, sir John, parlate». Egli ebbe un gesto d’impazienza; poi sorrise e disse: «Birba che siete! Se mai egli un giorno fosse chiamato a giudizio, non potrebbe desiderarsi migliore avvocato di voi!» Al che, prendendo quella frase come un’ottima conclusione, la fanciulla baciò il baronetto, e disse: «E io non potrò augurargli un giudice più onesto di voi!» Dopo ciò, che cosa avrebbe potuto fare il povero sir John?… Nient’altro che quello che fece: accettare le decisioni di Rosamund, e poi recarsi da sir Oliver per vedere di comporre amichevolmente la propria vertenza con lui. Il riconoscimento della propria colpa fu generosamente espresso dal baronetto; e sir Oliver lo accolse con non minore generosità. Ma, quando venne a parlare di Rosamund, sir John si mostrò meno generoso: volle, cioè, stabilire nettamente che, non potendo egli giudicare sir Oliver un partito conveniente per la sua antica pupilla, non voleva che le dichiarazioni da lui fatte poc’anzi dessero luogo a erronee interpretazioni e lasciassero credere ch’egli fosse consenziente a quell’unione. «Con ciò», soggiunse, «non voglio dire che vi farò opposizione. Disapprovo tale matrimonio ma mi terrò in disparte. Finché Rosamund non sarà maggiorenne, suo fratello rifiuterà il proprio consenso. Dopo, la cosa non concernerà più né Peter né me». «Spero», rispose Oliver, «che Peter voglia ricredersi sul mio conto. Ma, quali che siano le sue idee al riguardo, poco importa. Quanto al resto, sir John, vi ringrazio della vostra franchezza e mi rallegro di vedere che, se non posso annoverarvi fra i miei amici, non debbo tuttavia ritenervi un nemico». Ma se sir John fu abbastanza facilmente ridotto a un atteggiamento neutrale, il rancore di Peter mostrò ben altra resistenza: anziché diminuire, aumentò di giorno in giorno, e finì per inasprirsi oltremodo sotto l’impero di un’altra circostanza, che sir Oliver era ben lontano dal sospettare. Sir Oliver sapeva che il fratello Lionel si recava quasi ogni giorno a Malpas, e non ignorava il motivo di quelle cavalcate. Conosceva anche la dama che teneva una specie di circolo per i giovani gentiluomini campagnoli di Truro, di Penry e di Helston; e sapeva pure che la fama di lei era tutt’altro che lusinghiera. Sembrava che appunto per la sua cattiva reputazione ella si fosse dovuta allontanare dalla città per andare a vivere in un villaggio. Il signore di Penarrow aveva parlato abbastanza chiaramente con Lionel su questo argomento, e lo aveva avvertito di stare in guardia e di non frequentare quell’ambiente: ma il giovane era rimasto sordo all’avvertimento, e per la prima volta in vita sua aveva bisticciato col fratello maggiore. Dopo d’allora, sir Oliver non aveva parlato più di quella donna. Sapeva, d’altra parte, che Lionel era testardo, e lo conosceva abbastanza per essere convinto che ogni ulteriore intromissione non avrebbe avuto altro risultato che quello di scavare una breccia tra sé e il fratello e d’incitare maggiormente il puntiglio di Lionel. E perciò lasciò morire la cosa, e non parlò più né di Malpas né della dama che vi risiedeva. Frattanto l’autunno cedeva il passo all’inverno; e col sopraggiungere della cruda stagione sir Oliver e Rosamund ebbero pochissime occasioni di vedersi. Il gentiluomo non voleva andare a Godolphin Court, ben ricordando che Peter vi aveva vietato l’accesso al fidanzato della sorella. La prudenza gli consigliava di non provocare, con un’infrazione, una lite col padrone di casa; e, d’altra parte, la stessa Rosamund non desiderava di vederlo là e si rassegnava a quella forzata separazione. Ma, benché vedesse pochissimo la fidanzata, il giovane signore era felice; la sua intima felicità si rispecchiava nel suo aspetto e nei suoi modi. Tutti, infatti, gli trovavano una fisionomia diversa, più serena; i suoi modi erano divenuti più gentili, la sua imperiosità aveva ceduto il posto a una condiscendenza del tutto nuova in lui. In verità egli aspettava l’ora della felicità con serena fiducia nell’avvenire. Tutto ciò che il destino richiedeva da lui non era, in fin dei conti, che un po’ di pazienza; ed egli sapeva essere paziente dinanzi alla prospettiva di quella ricompensa che non poteva mancargli. Non era che questione di tempo: l’anno stava per volgere alla fine: e, prima che fosse sopraggiunto un altro inverno, la casa di Penarrow avrebbe avuto una padrona. Ma, nonostante la sua serena fiducia in quell’avvenire che sembrava non dovesse mancargli, sir Oliver aveva dei momenti in cui soggiaceva a un indefinibile sgomento di qualche occulta calamità che si stesse maturando per lui nel seno del Destino. Egli cercava di reagire contro questa sensazione confusa, cercava di tradurla in termini precisi, di combatterla con il ragionamento; e, non trovando nulla di tangibile a cui appigliarsi, doveva concludere ch’era la sua stessa grande felicità che gli dava quel senso d’oppressione; ma ciò non valeva tuttavia a dissipare il suo accoramento. Un giorno, poco prima del Natale, il signore di Penarrow ebbe occasione di recarsi, a cavallo, a Helston per un piccolo affare. Ma una tempesta di neve lo tenne prigioniero lì per tre giorni; e soltanto al quarto giorno il cielo cominciò a rasserenarsi, riapparve il sole e si diradarono le nubi. Sir Oliver domandò allora che gli venisse sellato il suo cavallo; e partì lungo la strada coperta di neve, dirigendosi verso casa. Ma aveva appena percorso un paio di miglia, quando s’accorse che il cavallo aveva perduto un ferro; discese allora di sella, e, tenendo le redini a mano, attraversò, cantando, la valle tra Pendennis e Arwenack, e arrivò a Smithick. Qui giunto, si avviò verso una fucina, che egli ben conosceva, per far ferrare l’animale; e v’era quasi arrivato, quando vide degli uomini raggruppati presso la porta di essa. In mancanza d’un albergo o d’un’osteria, la fucina del villaggio era il luogo di ritrovo dei pescatori e dei contadini. Quel giorno, insieme con questi ultimi, stavano dei mercanti di cavalli e alcuni personaggi più ragguardevoli, come sir Andrew Flack, parroco di Penry, e il signor Gregory Baine, membro della Giustizia, il quale abitava nei pressi di Truro. Il signore di Penarrow conosceva bene questi due personaggi; e, mentre il fabbro ferrava il cavallo, si fermò volentieri a scambiare quattro chiacchiere con loro. Già la ferratura era quasi compiuta, quando, lungo il leggero pendio di Arwenack, si vide arrivare a cavallo Peter Godolphin. Questi, a detta anche di sir Andrew e del signor Baine, aveva un aspetto insolito: i suoi occhi erano straordinariamente lucidi, era acceso in volto, e a prima vista appariva ebbro. Questa prima impressione degli astanti fu presto confermata dagli avvenimenti: Peter, infatti, si fermò vicino al gruppo, e cominciò a parlare ad alta voce, incoerentemente, cosicché nessuno più dubitò ch’egli fosse sotto l’effetto dell’alcool. Poi, dopo una breve sosta, avanzò ancora verso il gruppo; e, scorto sir Oliver, lo apostrofò dicendo: «Vengo da Arwenack! Abbiamo parlato molto di voi, là!» «Non avreste potuto scegliere miglior soggetto alla vostra conversazione?», disse sorridendo il signore di Penarrow, sebbene nel suo interno sentisse una certa apprensione. «Infatti, v’erano tante cose da dire sul conto vostro… e sul conto del vostro dissoluto genitore!» «Signore», ribatté sir Oliver, «ho già avuto un’altra volta occasione di deplorare con voi l’assoluta mancanza di ritegno di vostra madre». Queste parole, sfuggitegli in un impeto di furore per l’insulto ricevuto, furono subito da lui rimpiante. Non appena le ebbe pronunciate, si pentì amaramente della sua imprudenza, tanto più ch’esse sollevarono ironici commenti tra gli astanti. Se avesse potuto, egli avrebbe sborsato metà della propria ricchezza per rimangiarsele! Ma era troppo tardi, il volto di Peter divenne ancor più acceso di quanto fosse già; e i suoi occhi mandarono lampi, e fissarono per un istante sir Oliver. Poi, sollevandosi sulle staffe, il giovane Godolphin, con un movimento repentino, sferzò con la frusta, in pieno viso, l’odiato nemico, insultandolo di nuovo con questo epiteto: «Cane maledetto!» Allarmati dalla piega che prendeva l’inaspettata contesa, il parroco e il signor Baine intervennero; entrambi, conoscendo sir Oliver, lo sapevano capace di tutti gli eccessi; e il suo atteggiamento minaccioso faceva loro paura. «Vergognatevi, Peter Godolphin!», esclamò il parroco. «Se male v’incorrerà, sarò io il primo a dar testimonianza della vostra brutale aggressione! Allontanatevi di qui!» «Andate al diavolo, signore!», ruggì per tutta risposta Peter. «La memoria di mia madre dev’essere insultata da questo bastardo?… Per Satana, la faccenda non finirà qui! O quest’uomo mi manderà i suoi padrini, o io lo sferzerò ogni volta che l’incontrerò! Avete capito, sir Oliver?» Il signore di Penarrow non rispose. «Avete capito?», ripeté il giovine. «Questa volta non potrete riversare il vostro rancore su sir John Killigrew! Dovrete venire da me; e allora avrete tutto quel che meritate! La frustata d’oggi non è che una piccola caparra della punizione che v’aspetta!» Ciò detto, fece una risata sguaiata, e tirò le redini del cavallo così furiosamente, che l’animale, spaventato, fece un brusco scarto, che buttò il parroco e due contadini sulla neve. «Aspettatemi tra poco!», gli gridò alle spalle sir Oliver. «Non arriverete molto lontano con la vostra cavalcatura, ubriacone!» Montò a cavallo, respinse il parroco e il signor Baine che cercavano di trattenerlo, si fece largo tra la folla, e si slanciò dietro Godolphin. Il parroco scosse il capo, deplorando l’accaduto e dolendosi dell’inefficacia del proprio intervento; mentre il signor Baine osservava: «Non so come andranno a finire le cose… Godolphin è indubbiamente ubriaco; e sir Oliver non gli vorrà certamente restar debitore di quella frustata!» «Credo che ne sentiremo riparlare presto», mormorò l’ecclesiastico. Il signor Baine si voltò verso la fucina, guardò il fabbro ch’era accorso sulla soglia, e osservò: «In fede mia, il luogo non poteva esser meglio scelto! Godolphin e sir Oliver hanno fabbricato ora qui una spada, che solo col sangue potrà essere affilata».
Free reading for new users
Scan code to download app
Facebookexpand_more
  • author-avatar
    Writer
  • chap_listContents
  • likeADD