2. In navigazione

1318 Words
2. In navigazione Il lieve, costante rollare della nave dava a Emily un senso di nausea. Suo fratello Robert sosteneva che fosse la sua immaginazione e che il transatlantico fosse fermo come un mattone su un tavolo, o quasi. Secondo lui l’ SS New York era troppo grande perché il movimento delle onde potesse disturbarla. Ma la disturbava. Un senso di leggera, continua nausea. Emily Acton, née Perkins, mise via il lavoro a maglia e si alzò. Il pavimento della cabina non era fermo, non c’era nulla da fare. «Accipicchia, quanto lo detesto» borbottò. «Che cosa, signora?» chiese Daisy, la sua cameriera. «Questo ondeggiamento. Mi rivolta lo stomaco». Lo sopportava da cinque giorni, ne aveva ancora uno davanti a sé. Anche se, forse, quando la nave fosse stata più vicina alla costa e le onde più basse... «Oh, ma si sente appena! Qua a bordo è tutto bellissimo, non pensa? I saloni, il ristorante...» Emily poteva capire che per una ragazza di campagna come Daisy l’ SS New York fosse incredibile. Anche se era al servizio degli Acton da quasi cinque anni e il lusso non era di certo mancato, l’idea di un immenso palazzo sulle onde in cui millesettecento persone vivevano fianco a fianco servite da un piccolo esercito di domestici... be’, un po’ lasciava stupita anche Emily. «Sì, sì, è tutto magnifico. Ma dondola. E mi dà la nausea». Daisy le rivolse un sorrisino malizioso. «È sicura, sa, che non sia un altro tipo di nausee?» Emily emise una risata sarcastica. «Non c’è il minimo rischio». Erano mesi che Brian non adempiva ai suoi obblighi coniugali. Non una gran perdita, in realtà, se non per il dettaglio che così non avrebbe mai potuto sfornare un giovane erede per la casata dei Northdall. Non che a Brian importasse, chiaramente. «Vado a fare un giro sul ponte» annunciò, prendendo il cappotto. «La accompagno!» Emily scosse la testa. «Non è necessario». Voleva un attimo per riflettere senza avere intorno nessuno e il ponte spazzato dal vento poteva essere il posto ideale. Da quando erano partiti, Daisy non si era mai allontanata dal suo fianco e suo fratello Robert l’aveva quasi perseguitata. Quando aprì il pesante portello, fu accolta come previsto da un vento gelido, ma anche dal sole e dall’odore del mare. Il mare. Si estendeva in tutte le direzioni come una lastra scintillante. Non era stata l’unica a sfidare gli elementi per prendere un po’ d’aria, ma il ponte non era certamente affollato. C’erano un paio di gentiluomini ben coperti nei pesanti giacconi di lana blu con cappuccio, simili a quelli usati in marina, e un’anziana signora avvolta in una pelliccia. Nessun altro. Emily avanzò con la mano mai troppo distante dalla balaustra interna, li superò con un cenno del capo e andò verso prua, dove una scala portava sul ponte panoramico all’aperto. Il freddo, invece di disturbarla, aveva su di lei un effetto corroborante. Il vento salmastro e gli spruzzi che riuscivano ad arrivare fin lassù la mettevano di buon umore. Salì le scale aggrappandosi alla ringhiera. La nave dondolava eccome. Dondolava piano, ma il movimento era ben percettibile. Di quel viaggio Emily avrebbe fatto volentieri a meno. Non le piaceva andare per mare e il Nuovo Mondo non le suscitava nessuna particolare curiosità. Il vecchio le andava benissimo. Ma non era nemmeno disposta a restare a casa mentre suo fratello minore partiva alla ricerca di Brian. Secondo sua madre era un’idea bislacca. Peggio, era una delle scriteriate idee “moderne” che si erano ficcate in testa le ragazze negli ultimi anni. Indipendenza. Diritto di scegliere e avere opinioni. Idee senza senso, come votare o aver diritto al divorzio. Idee stupide e sconvenienti, come le aveva detto e ripetuto. Ma Emily si era impuntata e il padre di Brian l’aveva appoggiata, pur senza entrare in diretto contrasto con i suoi genitori. Dopo un estenuante tira e molla le era stato concesso di accompagnare Robert a New York, l’ultima destinazione conosciuta di Brian. «Emily! Ti ha dato di volta il cervello?» Emily chiuse gli occhi e pregò Dio di darle la pazienza. Era la voce di suo fratello, quella che l’aveva appena raggiunta tra il sibilare del vento. Il suo momento di pace era durato dieci minuti in tutto. Si voltò e gli rivolse un sorriso sereno e stupito. «Perché dici così, fratellino?» Lui fece una smorfia infastidita. «Non chiamarmi “fratellino”. E ti sembra una buona idea venire quassù, con il vento che c’è? Vuoi ammalarti?» «Al contrario. In cabina l’aria era viziata, avevo bisogno di respirare». «Da sola? Ti sembra prudente?» «Siamo su una nave, fratellino. Non ho bisogno di accompagnatori. E ti ricordo che sono una donna sposata». Robert fece un’altra smorfia. «Questo è da vedersi». Se avesse dovuto assecondare la sua natura, Emily a quel punto l’avrebbe schiaffeggiato. «Oh, sei molto gentile a ricordarmelo così» disse, invece. E poi aggiunse, con un piccolo sorriso cattivo: «Per quanto, è possibile che io sia ormai una vedova, hai ragione. Non secondo le prime indagini di Lord Northdall, certo, ma non disperiamo». «Emily!» «Robert!» gli fece il verso lei. «Non so come tu possa dire una cosa del genere! E adesso torna sottocoperta, forza». Emily avrebbe potuto impuntarsi, ma non ne vide il motivo. Meglio comportarsi da sorellina obbediente e devota finché erano sulla nave. Dopo... Dopo Emily intendeva valutare le proprie opzioni. Anche il marchese, ovviamente, aveva organizzato una spedizione di ricerca, incaricando il suo domestico indiano di andare negli Stati Uniti e ritrovare suo figlio, ma secondo Robert viaggiare con un servitore indigeno sarebbe stato sconveniente per una signora come lei, quindi aveva comprato i biglietti su un diverso transatlantico. Ma una volta arrivati a New York e preso alloggio nell’albergo che era stato loro consigliato da un socio del padre – l’Hotel Victoria tra la 5th Avenue e Broadway – Emily aveva ogni intenzione di contattare mr. Kayal e chiedere la sua assistenza. Perdonava a Robert la stupidità solo perché un tempo l’avrebbe pensata come lui. Un tempo era infarcita di sciocchi pregiudizi borghesi, attaccata a un concetto di rispettabilità a dir poco anacronistico, intrappolata in convenzioni vuote. Cinque anni di matrimonio l’avevano cambiata nel profondo, questo Robert proprio non lo capiva. Il suo non era un matrimonio felice, era vero, ma le aveva aperto le porte di un mondo diverso. La famiglia Northdall, all’apparenza, era quanto di più rispettabile e tradizionalista ci fosse al mondo. Antica aristocrazia. Nessuno di loro aveva mai lavorato un solo minuto. I quattrini che avevano, venivano dalla terra. E, oh, anche da diversi investimenti oculati, Lord Northdall non era fermo al Medio Evo. Era stato frequentando Aylsham Hall e il giro di conoscenze della famiglia che Emily aveva aperto gli occhi su una realtà molto semplice: le convenzioni servivano a rassicurare tutti, ma per stare tranquilli al mondo era importante far mostra di attenervisi, non seguirle davvero. Che una donna da sola fosse perduta era una gran falsità. Che suo fratello fosse più saggio e intelligente di lei solo perché era un uomo, era ridicolo. Che il matrimonio fosse il coronamento di ogni desiderio femminile era un’idiozia. Che la massima felicità di una donna fosse avere dei bambini, un’affermazione perlomeno discutibile. Lei non ne aveva e stava bene lo stesso. Andava contro tutto quello che le avevano insegnato. A livello strategico sarebbe stato meglio produrre un erede, lo sapeva, ma dal punto di vista dei sentimenti? Non aveva in petto nessun grande vuoto, sorry. In quanto a mr. Kayal, le dispiaceva che suo fratello fosse così ignorante. Mr. Kayal non era un “servitore indigeno”. Era uno dei pochi individui per cui suo marito provasse rispetto. Era un ex-soldato, un uomo colto, elegante, impeccabile e non privo di compassione. Nonché bello in modo fenomenale. Se Emily avesse dovuto scommettere su chi sarebbe riuscito a ritrovare Brian, non avrebbe di certo puntato su Robert.
Free reading for new users
Scan code to download app
Facebookexpand_more
  • author-avatar
    Writer
  • chap_listContents
  • likeADD