I.-3

1429 Words
Ella non parve accorgersi del mio stupore, ma allegramente aiutò il vecchio a mettersi il mantello, e, dopo che vide il nonno pronto, prese una candela per farci lume. Osservando che non la seguivamo, come credeva, si voltò con un sorriso e ci aspettò. Il vecchio mostrò in viso di comprendere benissimo la ragione della mi esitazione; ma mi accennò soltanto col capo di uscir prima dalla stanza, e non disse sillaba. Io non potevo che obbedire. Quando raggiungemmo l’uscio esterno, la fanciulla, deponendo la candela, si volse a dir buona notte e levò il viso per baciarmi. Poi, corse al vecchio che se la strinse fra le braccia e pregò Iddio di benedirla. — Riposa bene, Nella — egli disse sottovoce — e gli angioli ti veglino! Non dimenticar le tue preghiere, gioia mia. — No davvero — rispose fervorosa la fanciulla — così mi fanno tanto felice! — Bene, bene; lo so; ti debbono far felice — disse il vecchio. — Sii benedetta cento volte! Sarò a casa domani mattina presto. — Non sonerai due volte — rispose la fanciulla. — Il campanello mi sveglia anche nel bel mezzo di un sogno. E così si separarono. La fanciulla aperse l’uscio (ora difeso da un’imposta incastrata, come avevo udito, dal ragazzo prima di andarsene) e con un altro addio, il cui limpido e tenero accento ho ricordato mille e mille volte, se ne rimase lì accanto, finchè non fummo usciti. Il vecchio si fermò un momento, mentre l’uscio veniva chiuso e serrato dal di dentro, e assicuratosi che il catenaccio era stato tirato, si mise a camminare a lenti passi. Alla cantonata si fermò. Guardandomi con aspetto turbato, disse che le nostre strade erano assolutamente opposte, e ch’egli doveva congedarsi da me. Io volevo parlare, ma, sforzandomi più di quanto si sarebbe potuto aspettare da un uomo della sua età, egli si affrettò ad andarsene. Vidi che si voltò due o tre volte per accertarsi se io continuassi ad osservarlo o forse per assicurarsi di non esser da me seguito a distanza. L’oscurità della notte favorì la sua scomparsa, e la persona del vecchio fu tosto fuori di vista. Rimasi fermo nel punto dove m’aveva lasciato, riluttante ad andarmene, e pure ignaro del perchè stessi lì a indugiarmi così. Guardai ansioso la via dalla quale eravamo sboccati, e, dopo un po’, vi ritornai. Passai e ripassai innanzi alla casa, e mi fermai per origliare all’uscio: tutto era buio e silente come un sepolcro. Continuai ad aggirarmi lì intorno, senza potermene staccare, pensando a tutti i probabili mali che potevano abbattersi sulla fanciulla — a un incendio, a un assalto di ladri, a un assassinio perfino — con la sensazione che qualche grave disgrazia sarebbe successa, se io avessi abbandonato quel posto. Il chiudersi d’una porta o di una finestra in quella via, mi spingeva ancora una volta innanzi alla bottega dell’antiquario. Traversavo la strada per andare a dare un’occhiata alla casa, per assicurarmi che il rumore non venisse di lì. No, tutto era lo stesso di prima, nero, freddo, e morto. V’era poca gente in giro: la via era triste e lugubre, e quasi tutta a mia disposizione. Pochi ritardatari, usciti dai teatri, si dirigevano in fretta verso casa; di quando in quando, mi tiravo da un lato per scansare qualche ubbriaco che passava cantando e barcollando; ma queste interruzioni erano rare, e cessarono subito. Gli orologi scoccarono l’una. Io continuavo a passeggiare su e giù, e proponendomi che quella sarebbe stata l’ultima volta, dimenticavo il mio proposito e ricominciavo ad andare su e giù. Quanto più pensavo a ciò che mi aveva detto il vecchio, e ai suoi sguardi e alla sua condotta, tanto meno riuscivo a giustificare ciò che avevo veduto o udito. Un vivo spirito di diffidenza mi avvertiva che lo scopo della sua assenza notturna non era buono. Io ero riuscito a sapere la cosa soltanto per il candore della fanciulla; il vecchio, benchè fosse stato presente in quel momento e avesse notato il mio palese stupore, aveva mantenuto uno strano mistero sull’argomento, non dando neppure una parola di spiegazione. Queste riflessioni mi misero di nuovo innanzi, e con più evidenza di prima, il suo viso dalle orbite cave, le sue maniere incerte, i suoi sguardi irrequieti e ansiosi. La sua affezione per la fanciulla non s’accordava con l’idea d’una furfanteria della peggiore specie; ma quella stessa affezione era, in sè e per sè, una bizzarra contraddizione; giacchè, come poteva egli abbandonare la fanciulla? Per quanto io fossi disposto a pensar male di lui, non dubitai che il suo amore per lei non fosse reale. Non potevo ammettere un pensiero simile, ricordando ciò che s’era svolto fra noi, e il tono di voce col quale egli aveva pronunciato il nome di Nella. «Rimango qui, naturalmente», aveva detto la fanciulla rispondendo alla mia domanda. «Rimango sempre qui!» Che cosa mai lo attirava fuori di casa la notte, e tutte le notti? Rivangai tutti gli strani racconti, uditi narrare, di strani delitti nelle grandi città e che sfuggono a ogni indagine per una lunga serie d’anni. Per quanto quei fatti fossero orribili, non mancai di trovarne qualcuno che si adattava a questo mistero, il quale, però, mi si faceva più impenetrabile, a misura che cercavo di spiegarlo. Occupato da pensieri come questi, e da una folla d’altri tutti vôlti allo stesso punto, continuai a passeggiare in quella via per due lunghissime ore; finalmente, cominciò a piovere forte; e allora, stanco e spossato benchè non meno interessato di quanto fossi al principio, salii sulla prima vettura di piazza che mi passò accanto e me n’andai a casa. Il fuoco scoppiettava allegramente nel focolare, la lampada ardeva vivamente, il mio orologio a pendolo mi accolse col suo vecchio familiare benvenuto: tutto era cheto, tepido e lieto, e formava un felice contrasto con la tristezza e la tenebra che avevo lasciato al di fuori. Mi adagiai sulla poltrona, e poggiandomi col dorso sugli ampi cuscini, dipinsi alla mia immaginazione la fanciulla nel suo letto: sola, non vigilata, negletta (tranne che dagli angeli), e pure tranquillamente addormentata. Una creatura così giovane, così eterea, così angelica passare le lunghe, malinconiche notti in un luogo così tetro! Non rivolgevo che questo in mente. Noi siamo tanto abituati a desumer le nostre impressioni dagli oggetti esterni (dovrebbero esser prodotte dalla sola riflessione, ma, senza dei sussidi visibili, spesso ci sfuggono) che io non son certo che sarei stato posseduto così esclusivamente da quell’unico soggetto, se non fosse stato per i mucchi di fantastiche cose di cui era gremita la bottega dell’antiquario. Esse, affollandomisi in mente in relazione con la fanciulla, e raccogliendosi intorno a lei, per così dire, me la rendevano in un certo modo presente e palpabile. Vedevo la sua immagine, senza alcun sforzo di fantasia, circondata e stretta da oggetti estranei alla sua natura e più che possibile lontani dalle simpatie del suo sesso e della sua età. Se fossero mancate tutte quelle idee alla mia fantasia, e io fossi stato costretto a immaginarla in una camera comune, con nulla d’insolito o di bizzarro nell’arredamento, è assai probabile che la stranezza del suo abbandono e della sua solitudine non mi avrebbe fatto tanta impressione. Ma in quella condizione di cose, ella sembrava esistere in una specie d’allegoria; e, con le figurazioni che l’attorniavano, stimolava con tanta forza il mio interesse, che (come ho già notato), per quanto facessi, non potevo cancellarmela dalla memoria. — Sarebbe una figurazione curiosa — dissi dopo degli irrequieti giri su e giù per la stanza — immaginarla nella vita futura, procedendo per la sua via solitaria fra una folla di compagni strani e grotteschi, l’unico essere, in quella calca, puro, fresco e giovanile. Sarebbe curioso trovare... Mi frenai, perchè il tema mi portava innanzi a gran passi, e mi vedevo già in una regione nella quale ero poco disposto a entrare. Mi dissi che il mio era un ozioso almanaccare, e decisi di andare a letto, e tentar di dimenticare. Ma, tutta quella notte, sveglio o addormentato, gli stessi pensieri si riaffacciarono e le stesse immagini si impossessarono del mio cervello. Avevo, sempre innanzi a me, le vecchie stanze tristi e buie — le opprimenti armature di ferro con la loro silenziosa aria spettrale — tutte quelle facce contorte, ghignanti dal legno e dalla pietra — la polvere e la ruggine e l’insetto che vive del legno — e sola in mezzo a tutto quel vecchiume, quel disfacimento e le brutte immagini del passato, la bella fanciulla soavemente addormentata e sorrisa da sogni leggeri e radiosi.
Free reading for new users
Scan code to download app
Facebookexpand_more
  • author-avatar
    Writer
  • chap_listContents
  • likeADD