Mi disse questo con tono così evidente di sorpresa, che io non seppi che risposta dargli; tanto più perchè gli scôrsi in viso, accoppiati con qualche debolezza e incongruenza di modi, dei segni di pensiero profondo e ansioso che mi convinsero ch’egli non poteva essere, come sulle prime ero stato indotto a credere, in uno stato di rimbambimento.
— Io non credo che voi consideriate... — incominciai.
— Io non considero! — esclamò il vecchio interrompendomi. — Io non considero Nella! Oh! come siete lontano dal vero! La piccola Nellina, la piccola Nellina!
Sarebbe stato impossibile a chiunque — non parlo di quella forma di espressione — esprimere più affetto di quel che l’antiquario facesse con quelle quattro parole. Aspettai che parlasse di nuovo, ma egli poggiò il mento alla mano, e scotendo il capo due o tre volte, fissò gli occhi al fuoco.
Mentre eravamo seduti così, in silenzio, l’uscio della cameretta si aperse, e la fanciulla riapparve: aveva la chioma castanea sciolta intorno al collo e il viso arrossato dall’ansia di raggiungerci. Immediatamente si diede d’attorno a preparar da cena, e nell’atto ch’era così affaccendata, notai che il vecchio s’era messo ad osservarmi più minutamente di quanto avesse fatto fino allora. Fui sorpreso nel vedere che, nel frattempo, la fanciulla s’occupava di tutto e che in casa non c’era nessun altro. Colsi l’occasione d’un momento in cui la fanciulla s’era allontanata per arrischiare qualche parola su questa circostanza; ma il vecchio mi rispose che v’erano poche persone adulte più degne di fiducia e più accorte di lei.
— Mi addolora sempre — osservai, mosso da ciò che prendevo per suo egoismo — m’addolora sempre vedere i fanciulli iniziati alle durezze della vita, quando sono appena usciti dall’infanzia. Questo scompiglia la loro fiducia e la loro semplicità... due delle migliori qualità di cui li adorna il Cielo... e fa sì ch’essi partecipino alle nostre tristezze prima che siano capaci di godere dei nostri piaceri.
— Non scompiglierà mai le sue — disse il vecchio, guardandomi fisso — le sorgenti sono troppo profonde. D’altra parte, i figliuoli dei poveri conoscono pochi piaceri. Anche le più tenere gioie della fanciullezza si debbono comprare e pagare.
— Ma... scusatemi se ve lo dico... certo voi non siete così povero... — dissi.
— Essa non è mia figlia, signore — rispose il vecchio. — Sua madre era mia figlia, ed era povera. Io non risparmio nulla... neppure un centesimo... benchè io viva come voi vedete, ma... — mi mise una mano sul braccio e si sporse verso di me bisbigliando: — essa sarà ricca uno di questi giorni; e una grande signora. Non pensate male di me, perchè io mi servo di lei. Essa, come vedete, lavora allegramente, e non si darebbe pace se io tollerassi che qualcun altro facesse per me ciò che le sue manine son capaci di fare. Io non la considero! — esclamò, assumendo improvvisamente un tono querulo. — Ebbene, Iddio sa che questa bambina è l’unico pensiero, l’unico scopo della mia vita, e pure egli non mi favorisce... no, mai!
In quell’istante, il soggetto della nostra conversazione riapparve di nuovo, e il vecchio, accennandomi di avvicinarmi alla tavola, s’interruppe, e non disse più parola.
Avevamo appena cominciato a mangiare, che vi fu un colpo alla porta per la quale ero entrato, e Nella, scoppiando in una risata cordiale, che io fui lieto di udire, perchè era infantile e gioiosa, disse che certo era finalmente Kit di ritorno.
— Sciocchina di Nella! — disse il vecchio, carezzandole i capelli. — Ride sempre del povero Kit.
La fanciulla rise di nuovo e più cordialmente di prima, e io non potei non imitarla e ridere per pura simpatia. Il vecchietto prese una candela e andò ad aprire l’uscio. Quando ritornò, era seguito da Kit.
Kit era un ragazzo goffo e sgraziato con una selva foltissima di capelli, la bocca straordinariamente larga, le guance molto rosse, il naso all’insù e la più comica espressione ch’io m’avessi mai vista. Egli s’arrestò sulla porta vedendo un estraneo, e facendo girare in mano un vecchio cappello perfettamente rotondo senza traccia di falde, e sostenendosi ora su una gamba ora sull’altra, e cambiando in continuazione di puntello, rimase dove si trovava con l’occhiata più straordinaria che io m’avessi veduta. Da quel momento mi nacque un sentimento di simpatia per quel ragazzo, perchè sentii che nella vita della fanciulla egli rappresentava il senso del comico e dell’allegria.
— Un bel viaggio, no, Kit? — disse il vecchietto.
— Sì, poi, un bel pezzo di strada, padrone — rispose Kit.
— Hai trovato facilmente la casa?
— Sì, poi, non molto e troppo facilmente, padrone — disse Kit.
— S’intende che sei tornato con una gran fame!
— Sì, poi, credo che sia proprio così — rispose Kit.
Il ragazzo aveva uno strano modo di tenersi di lato, parlando, e di protender la testa su una spalla, come se non potesse usar la voce senza quel gesto. Io credo ch’egli avrebbe divertito chiunque e dovunque, ma il gran divertimento che la sua bizzarria dava alla fanciulla e la consolante idea che v’era qualcosa che la rallegrava in un luogo che sembrava si adattasse così poco a lei, erano assolutamente irresistibili. Era inoltre un gran fatto che lo stesso Kit fosse compiaciuto dell’impressione che faceva, e che dopo parecchi inutili tentativi di conservarsi grave, scoppiasse in un gran strepito, e si mettesse a ridere violentemente con la bocca spalancata e gli occhi socchiusi.
Il vecchio era ricaduto nella sua prima distrazione, non badando a ciò che si svolgeva dinanzi a sè; ma osservai che quando la risata della fanciulla cessò, le lucenti pupille di lei apparvero velate di lagrime, suscitate dalla profonda sincerità con cui ella dava il benvenuto al suo goffo favorito dopo la piccola ansietà della sera. Quanto a Kit (che rise in tal modo che per poco non gridò), egli non fece che portarsi in un angolo un bel pezzo di pane e di carne e un bicchiere di birra, preparandosi a spacciarli con la massima voracità.
— Oh! — disse il vecchio, volgendosi a me con un sospiro, come se gli avessi parlato in quel momento. — Voi non sapete ciò che vi dite, quando mi dite che non la considero.
— Non dovete dar tanta importanza a un’osservazione fondata sulle prime apparenze, caro amico — dissi.
— No — rispose il vecchio pensoso — no. Vieni qui Nella.
La fanciulla si levò sollecita dal suo posto, e gli mise un braccio intorno al collo.
— Ti voglio bene, Nella? — egli disse. — Di’, ti voglio bene o no. Nella!
La fanciulla rispose soltanto con una carezza poggiando la testa sul petto del vecchio.
— Perchè sospiri? — disse il nonno, stringendola forte e dandomi un’occhiata. — Perchè sai che ti voglio bene, e ti dispiace che, con la mia domanda, io sembri dubitarne? Bene, bene... allora diciamo che ti voglio bene tanto tanto.
— Davvero, davvero — rispose la fanciulla con gran serietà — Kit lo sa che tu mi vuoi bene tanto tanto.
Kit, che nello spacciare il pane e la carne aveva, a ogni boccata, inghiottito due terzi del coltello con la freddezza d’un giocoliere, interruppe la sua operazione a quell’allusione, e gridò: — Nessuno è così sciocco da dire che non ti vuol bene! — Dopo di che si rese incapace a continuare la conversazione facendo un solo boccone d’una tartina enorme.
— Essa è povera ora — disse il vecchio, carezzando la guancia della fanciulla — ma, ripeto, s’avvicina il tempo che sarà ricca. Ce n’è voluto, ma deve divenire finalmente; ho atteso tanto, tanto tempo, ma certo deve venire. È venuto anche per altri che non hanno fatto che scialacquare e darsi alla bella vita. Quando verrà per me!
— Io son molto felice così come mi trovo, nonno! — disse la fanciulla.
— Taci, taci! — rispose il vecchio. — Tu non sai... come potresti sapere! — Poi di nuovo mormorò fra i denti: — Deve venire il tempo, son sicuro che verrà. Più tardi verrà, meglio sarà; — e poi sospirò e ricadde nella sua prima meditazione, e sempre con la fanciulla fra le ginocchia apparve insensibile a tutto ciò che gli stava d’attorno. Mancavano allora solo pochi minuti a mezzanotte, e io mi levai per andarmene, e quest’atto lo richiamò in sè.
— Un momento, signore — egli disse. — Bene, Kit, è già mezzanotte, ragazzo mio, e sei ancora qui. Va’ a casa, va’ a casa, e sii puntuale domani, che c’è molto da fare. Buona sera! Su, digli buona sera, Nella, e lascialo andare!
— Buona sera, Kit — disse la fanciulla, con gli occhi illuminati di letizia e di bontà.
— Buona sera, signorina Nella — rispose il ragazzo.
— E ringrazia questo signore — s’intromise il vecchio — perchè senza di lui, stasera avrei perduto la mia bambina.
— No, no, padrone — disse Kit: — impossibile, impossibile!
— Che vuoi dire? — esclamò il vecchio.
— L’avrei trovata io, padrone — disse Kit — l’avrei trovata io. Scommetto che la troverei anche se fosse sotto terra. Più presto di qualunque altro, padrone. Ah, ah, ah!
Ancora una volta spalancando la bocca e socchiudendo gli occhi e ridendo rumorosamente, Kit gradatamente si ritrasse fino all’uscio, sfogandosi ben bene.
Uscito dalla stanza, il ragazzo non indugiò a partirsene; e quando se ne fu andato, e la fanciulla si mise a sparecchiare, il vecchio disse:
— Vi sembrerà, signore, ch’io non vi abbia ringraziato abbastanza per quanto avete fatto stasera; ma io vi ringrazio umilmente e profondamente; e lo stesso fa lei, e i suoi ringraziamenti sono migliori dei miei. Mi dispiacerebbe che ve n’andaste pensando che io non vi sia grato per la vostra bontà, o che sia incurante di lei... davvero, che non è così.
— Ne ero più che certo — dissi — da ciò che avevo veduto. — Ma — aggiunsi — posso farvi una domanda?
— Ma certo, signore — rispose il vecchio — di che si tratta?
— Questa delicata bambina — io dissi — con tanta bellezza e intelligenza... non ha altri che voi che abbia cura di lei? Non ha altro compagno o altro consigliere?
— No — egli rispose, guardandomi ansioso in viso — no, e non ha bisogno di nessun altro.
— Ma non temete — dissi — di fraintendere un ufficio così tenero? Son certo, che le vostre intenzioni sono ottime; ma siete assolutamente sicuro di saper compiere un ufficio simile? Io son vecchio come voi, e son mosso dall’interessamento dei vecchi per tutto ciò che è giovane e promettente. Credete che quello che stasera ho veduto di voi e di questa piccina debba darmi un sentimento privo d’ogni penosa impressione?
— Signore — aggiunse il vecchio dopo un momento di silenzio — io non ho il diritto d’avermi a male di ciò che dite. È vero che per molti rispetti sono io il bambino e lei la persona adulta... è cosa che avete già vista. Ma vegliando o dormendo, di notte o di giorno, essendo malato o sano, io non penso che a lei; e se voi sapeste quanto, mi guardereste con occhi diversi, sì, proprio. Oh! è una vita tribolata per un vecchio... una vita tribolata, tribolata... ma v’è un grande scopo da raggiungere e a quello unicamente io miro.
Vedendolo eccitato e impaziente, col proposito di non dir nulla, mi voltai per infilarmi il soprabito che m’ero tolto entrando nella stanza. Fui sorpreso dal trovarmi la fanciulla al fianco, con un mantello sul braccio, e nella mano un cappello e una mazza.
— Codesti non sono miei, cara — dissi.
— No — rispose la fanciulla tranquilla — sono del nonno.
— Ma egli non esce stasera.
— Oh, sì che esce — disse la fanciulla, con un sorriso.
— E voi che fate, bella mia?
— Io! Rimango qui, naturalmente. Sempre rimango qui.
Guardai stupito verso il vecchio; ma egli era, o fingeva d’essere, occupato a riassettarsi il vestito. Da lui volsi lo sguardo alla soave leggera figura della fanciulla. Sola! In quel triste luogo per tutta la malinconica notte!