VI.Al ritorno trovai Fritz Keller che fumava la pipa nel giardino recintato, dietro la casa. A quel tempo molti commercianti di vecchio stampo tenevano ufficio e abitazione uniti.
La casa del defunto signor Wagner comprendeva due edifici riuniti per mezzo di comunicazioni interne. Uno era adibito agli uffici e ai magazzini, l’altro, dietro il quale si estendeva il giardino, era adibito ad abitazione.
Fritz mi venne incontro e si fermò, con un improvviso cambio di atteggiamento.
«È accaduto qualcosa», disse, «lo vedo dalla vostra faccia. C’entra il pazzo?»
«Sì, volete che vi racconti, Fritz?»
«Nemmeno per sogno, io chiudo le orecchie a tutti i racconti paurosi o rattristanti. Mi parrebbe di vedere il pazzo! Parliamo d’altro».
«Probabilmente lo vedrete di qui a qualche settimana».
«Volete dire che verrà qui?»
«Temo che sia probabile, se non certo».
Fritz mi guardò sbalordito.
«Ci sono rivelazioni», disse, nel suo tono bizzarro, «che sconvolgono troppo per poterle ascoltare in piedi; sediamoci».
Si diresse a un gazebo situato in fondo al giardino. Sulla tavola di legno c’erano due bicchieri e una bottiglia di quella birra inglese che il mio nuovo amico apprezzava altamente.
«Avevo il presentimento che avremmo avuto bisogno di una consolazione di questo genere», disse Fritz. «Riempite il vostro bicchiere, David, e cominciate dalla parte peggiore, affinché sia finita prima della fine della bottiglia».
Cominciai invece col racconto non troppo brutto della visita al pazzo e Fritz manifestò un vivo interesse, si mostrò molto benevolo per il povero Jack, ma non condivise la fiducia di mia zia.
«Questo Jack è veramente degno di pietà, ma mi pare un vulcano in attesa di eruttare e i vulcani sono pericolosi. La mia sola speranza è nel direttore. Di sicuro non lascerà questo pazzo alla vostra responsabilità, senza nessuno oltre vostra zia che lo tenga alla catena? Che cos’ha detto la signora Wagner quando dopo la visita al pazzo si è intrattenuta col direttore? Aspettate un momento», disse poi frugando sotto la panchina sulla quale eravamo seduti. «Ho avuto un secondo presentimento, ho pensato che avremmo potuto aver bisogno di due bottiglie e... eccola. Riempite il vostro bicchiere e mettiamoci in condizioni, voi di somministrare, io di ricevere un violento colpo morale. Penso, David, che questa seconda bottiglia sia ancora più utile della prima. Dunque, che ha detto vostra zia?»
Non avrei potuto raccontare per filo e per segno tutto quello che mia zia aveva detto.
Insomma si era arrivati a questo: dopo aver visto la frusta, le catene e l’uomo, ella si era decisa a incaricarsi del pericoloso esperimento che suo marito avrebbe voluto tentare. Quanto ai mezzi di procurare la libertà a Jack Straw dalla clinica, la potente influenza che lo aveva fatto ricoverare all’Ospedale, nonostante i regolamenti, avrebbe potuto intervenire di nuovo in suo favore, e poteva essere avvicinata dalla stessa persona il cui interesse per il caso era stato suscitato dal signor Wagner negli ultimi giorni della sua vita. Mia zia si era perciò rivolta al notaio pregandolo di redigere un atto in cui ella avrebbe esposto i suoi desideri e le sue intenzioni, da inviare alla direzione generale dell’istituto.
«E che ha risposto il notaio?»
«Si è rifiutato con queste parole: “Sarebbe imperdonabile, anche per un uomo, esporsi a un simile pericolo. Non credo che ci sia in tutta l’Inghilterra un’altra donna capace di una cosa simile”».
«E queste parole le hanno fatto effetto?»
«Nemmeno per sogno. Ella si è scusata di avergli fatto perdere il suo tempo prezioso e lo ha salutato. “Se nessuno mi vuole aiutare”, ha detto “mi aiuterò da sola”. Poi si è rivolta a me: “Hai visto quell’uomo come sa lavorare con cura” ha detto, “hai visto come al momento di lasciarsi andare a qualche violenza, ha saputo dominarsi in mia presenza. E, soprattutto, nell’unica occasione in cui ha perso il controllo, lo avete visto riprendersi quando gli ho parlato con calma e con bontà. Ti pare giusto condannare un uomo simile alla catena e alla frusta per tutta la vita?” Che cosa potevo rispondere? Ella non mi ha voluto influenzare e mi ha detto di riflettere. Da quel momento ho cercato di non pensarci, ma più rifletto, più temo le conseguenze della venuta di quel pazzo in casa».
Fritz rabbrividì a quel pensiero.
«Il giorno che Jack entrerà in questa casa, me ne andrò io», disse. Le conseguenze sociali dell’esperimento di mia zia gli fecero aggiungere: «Che penseranno gli amici della signora Wagner?», chiese pietosamente. «Rifiuteranno di venirla a trovare e diranno è pazza anche lei».
«Non vi preoccupate, figlioli; non m’importa quel che potranno dire i miei amici».
Ci alzammo in piedi, confusi: mia zia era sulla soglia del gazebo con una lettera in mano.
«Notizie dalla Germania, appena arrivate per voi, Fritz»
Con queste parole gli consegnò la lettera e rientrò.
Ci guardammo reciprocamente e ci vergognammo, se devo essere sincero. Fritz gettò uno sguardo inquieto sulla lettera e riconobbe la scrittura.
«È di mio padre», disse.
Una volta aperta la busta, una seconda lettera che vi era racchiusa cadde a terra. Egli cambiò colore raccogliendola, e la esaminò. Il sigillo era intatto – il timbro postale era di Wurzburg.