A letto dopo una discussione.

894 Words
A letto dopo una discussione.Mi disse un amico che una notte, su alla Lega, vi fu una vivace discussione intorno a ciò che accadrebbe all’indomani della rivoluzione, e che la stessa terminò poi in un’energica esposizione dei propri concetti sull’avvenire della nuova società nel suo pieno sviluppo, che ognuno dei vari amici volle enunciare. Tenuto conto del soggetto, continua il nostro amico, la discussione fu corretta; perché gli astanti, avvezzi alle pubbliche adunanze e alle discussioni che si accendono sempre dopo le conferenze, se non si ascoltarono vicendevolmente (il che non era certo da aspettarselo), neppur tentarono di parlare tutti insieme, come di solito accade nella società civile, quando il conversare è cosa interessante per quelli che vi prendono parte. Per altro, si trovavano riunite sei persone, e di conseguenza erano rappresentate sei sezioni del partito; delle quali quattro di saldi principi, ma dalle altre divergenti, perché anarchiche. Una delle sezioni, cioè un individuo, che il nostro amico dice di conoscere tra l’altro molto bene, stette quasi silenzioso al principio della discussione; ma alfine si lanciò in essa a capofitto, prorompendo in invettive e tacciando tutti di follia. Seguì un gran brusìo, poi subentrò la calma, durante la quale la sezione prima accennata, dopo aver detto buona notte molto all’amichevole, si diresse tutta sola alla sua abitazione, posta in un suburbio occidentale della città; servendosi di quei mezzi di locomozione, che la civiltà ci ha imposti come una consuetudine. Sedutosi in quel bagno a vapore dell’umanità affrettata e scontenta, vale a dire in un vagone della ferrovia sotterranea, egli, come gli altri, cominciò a bollire a fuoco lento. Nel frattempo si muoveva degli auto-rimproveri ripensando a tutti gli argomenti eccellenti e conclusivi che aveva sulla punta delle dita, e che gli erano passati di mente nella passata discussione. In più, assuefatto com’era a questo suo difetto di mente, non vi pensò più oltre e, dopo un breve momento di sconforto e dopo un certo disgusto intimo che venivano dalla coscienza di non aver saputo conservare il suo sangue freddo (difetto al quale era anche assuefatto), si ritrovò a un tratto a meditare sul soggetto della discussione, e si sentì ancora scontento, infelice. – Se potessi vederlo per un solo giorno – disse fra sé; – nient’altro che vederlo! Mentre ripensava a queste parole, il treno si fermò alla stazione, a cinque minuti di distanza dalla sua casa, che era posta in riva al Tamigi e vi si andava per una viuzza passando su un brutto ponte sospeso. Egli uscì dalla stazione sentendosi ancora inappagato, inquieto, e sempre mormorando: – se potessi vederlo! Nient’altro che vederlo! – Ma non aveva fatto che pochi passi verso il fiume, e tutto lo sconforto, tutto il dolore si erano dileguati. Era una bella notte d’inverno che cominciava, e l’aria sottile rinfrescava opportunamente dopo la temperatura calda della camera e il tanfo del vagone. Il vento che da poco era mutato, volgendo di qualche grado a Nord-Est, aveva dissipato tutte le nuvole e fatto limpido il cielo, e solo qualche lieve macchietta vagava nel cielo. Una giovane luna brillava nel mezzo del suo cammino nel cielo; e come il nostro viandante la vide, proiettante i suoi raggi fra i rami di un alto e vecchio olmo, poté appena rammentare d’essere in un miserabile sobborgo di Londra; perché quel tetro paese gli si presentava sotto un aspetto così ameno, quale non gli era mai apparso prima. Egli proseguì lungo il fiume e già si notava l’alta marea. Indugiò alquanto guardando la luna che, al di là del basso parapetto, si rifletteva nelle acque, allargando i suoi raggi scintillanti fino a Chiswick Eyot. Al brutto ponte non fece affatto attenzione, né vi pensò se non quando s’accorse che tagliava la striscia di luce sulla corrente. Allora, continua il nostro amico, egli tornò a casa, e quando fu entrato ed ebbe richiuso la porta, ogni rimembranza della logica brillante e delle previsioni che avevano illuminato la recente discussione, nonché la discussione in se stessa non lasciarono altra traccia in lui, che una vaga speranza, grata all’animo, di giorni di pace e di riposo, di purezza e dolce benevolenza. Con questa disposizione egli si mise a letto e si addormentò, come accadeva spesso, in due minuti; ma, contrariamente al solito, poco dopo si ridestò, cadendo in quello stato di dormiveglia cui talvolta soggiacciono anche i migliori dormitori. Quel certo stato, che ci fa sentire acuiti in un modo soprannaturale tutti i nostri sensi, mentre tutte le miserabili stupidità, e i danni e le disgrazie della nostra vita ci sfilano dinanzi per venirsi a sommettere ai giudizi di questi sensi resi più acuti. In tale stato egli giacque, finché cominciò quasi a sentirne piacere, finché la sfilata delle sue stupidità cominciò a dilettarlo; e quella farragine, assumendo una forma, divenne per lui una storia divertente. Egli udì suonar l’una, poi le due, poi le tre e si addormentò di nuovo. Il nostro amico dice che da questo sonno egli si destò una volta ancora e poi passò attraverso strane e meravigliose avventure che meritano d’esser narrate non solo ai nostri compagni, ma anche al pubblico e mi propone di farlo. Se non che, egli crede, sarà meglio che io le narri in prima persona e come se fossero accadute a me medesimo; e sarà per me la cosa più facile e naturale giacché io comprendo a pieno i sentimenti e i desideri del mio amico, e sono in grado di renderli meglio d’ogni altro al mondo. CAPITOLO II.
Free reading for new users
Scan code to download app
Facebookexpand_more
  • author-avatar
    Writer
  • chap_listContents
  • likeADD