Educazione, società e arte nella visione del socialismo utopistico britannico.
Educazione, società e arte nella visione del socialismo utopistico britannico.di William Grandi
Alma Mater Studiorum – Università di Bologna
Dipartimento di Scienze dell’educazione
william.grandi@unibo.it
Estratto da: Ricerche di Pedagogia e Didattica (2010), 5, 1
William Morris ovvero la ricerca del Bello come via per l’armonia sociale.
Il bello e il passato come vie per educare le nuove generazioni verso una nuova società, liberata dagli orrori della produzione industriale, furono i principi che orientarono anche le riflessioni di William Morris (1834-1896), un artista, scrittore e pensatore politico inglese dell’Ottocento.
Morris come narratore amava ricorrere al fascino delle leggende antiche e delle fantasie smaglianti con una ricchezza e una coloritura che ricorda certe novelle di Oscar Wilde. Egli faceva ricorso con piacere a metafore e simboli per raccontare storie e rappresentare pensieri. Una cifra stilistica che si può ritrovare anche nei suoi lavori figurativi e nelle sue opere decorative. Una cifra stilistica, infine, che il lettore rinviene anche laddove Morris ha descritto le sue idee politiche; non a caso uno dei suoi più importanti testi sul riformismo socialista è il romanzo fantastico Notizie da nessun luogo{1} in cui egli immagina l’umanità futura in un contesto di socialismo utopistico:
“Nei tempi passati si predicava agli uomini la necessità di amare i propri simili, di credere nella religione dell’umanità e così via. Ma badate, proprio nella misura n cui un uomo era di mente elevata e di cultura sufficiente per essere in grado di valutare questa idea, egli provava repulsione per le caratteristiche evidenti degli individui che formavano l’umanità che avrebbe dovuto amare. Poteva sottrarsi a questo senso di repulsione solo grazie a una visione convenzionalmente astratta dell’umanità, ben poco conciliabile, di fatto e storicamente, con la realtà del genere umano, che vedeva diviso fra ciechi tiranni da un lato e schiavi succubi e degradati dall’altro. Ma che difficoltà c’è ad accettare la religione dell’umanità oggi che il genere umano è fatto di donne e uomini liberi, felici, attivi, spesso più belli anche fisicamente, circondati da cose belle che hanno foggiato con le loro mani e da una natura resa migliore e non peggiore dal contatto con l’umanità? L’era in cui viviamo ci ha riservato tutto questo”{2}.
Queste sono le parole pronunciate da un vecchio saggio che racconta ad un viaggiatore stupefatto le meraviglie di un nuovo ordine sociale seguito ad una rivoluzione contro il vecchio sistema capitalistico-industriale. Siamo, ovviamente, in un contesto utopistico, per molti versi fantascientifico. Detto per inciso, Morris scrisse diversi romanzi utopistici – accanto ad una ampia produzione di romanzi fantastici e storici che ora definiremmo fantasy. Del resto l’Utopia è un genere caro alla letteratura inglese{3}. Notizie da nessun luogo è forse il libro che meglio di ogni altro scritto – teorico o romanzesco – riesce ad esprimere il progetto ideale, politico e umanitario del socialismo utopistico inglese{4}. In esso sono racchiuse alcune tra le riflessioni più illuminanti su questa corrente politica, sebbene non certo espresse con sistematicità e rigore filosofico. Il romanzo racconta di un onesto inglese – seguace dei movimenti riformatori – della fine del XIX secolo, il quale sogna di visitare il suo Paese nel 2003, dopo che una grande rivoluzione popolare contro la società capitalista ha trasformato l’Inghilterra in un Paese comunista. E’ però, ai nostri occhi educati dalla dura lezione della Storia, una strana forma di comunismo{5} quella che il protagonista vede realizzato: la gente vive a lungo e in perfetta forma, abita in confortevoli casette luminose di antica foggia, veste eleganti abiti medievaleggianti, è immersa nella natura, si sposta con carrozze e barchette (metrò e treni a vapore sono stati abbandonati), lavora per il gusto di fare cose utili e belle in tempi distesi e volontari. La proprietà privata è stata abolita, le orribili costruzioni industriali sono state demolite per far posto a boschi o a edifici luminosi e graziosi, i fiumi e l’aria senza scarichi industriali sono puri, le unioni di coppia sono estremamente aperte, quindi romanticamente incostanti o perennemente fedeli a seconda della libera volontà degli innamorati. Si tratta, come è facile intuire, di un sogno più che di una rappresentazione ideologica: un sogno accattivante e suggestivo, il quale, benché difficilmente traducibile in un concreto progetto politico, ha il merito di esprimere una forte tensione utopica verso la riforma della società in un senso alternativo e completamente diverso rispetto alle forme tradizionali di statualità e di convivenza comunitaria. L’utopia di Morris sembra alludere alla necessità di ribaltare le categorie politiche consuete – ormai consumate da secoli di cinismo colpevole e avido – per rilanciare la sfida del sogno e del desiderio, veri motori della speranza e dell’umana ricerca di felicità in questo mondo. L’utopia dell’autore inglese fu in parte realizzata attraverso le sue creazioni artistiche e architettoniche – eseguite personalmente da lui e dai suoi collaboratori con lo spirito delle antiche botteghe medievali – che spaziavano dalla costruzione di vetrate alla produzione di arredi eleganti e di preziose rifiniture per interni. L’ottica era quella di un recupero della produzione autenticamente artigianale di suppellettili e di opere d’arte non solo belle ma anche utili, da contrapporre agli oggetti brutti, facilmente deperibili e spesso inutili proposti dalla produzione industriale di massa{6}. In questa prospettiva diventa importante anche la proposta educativa pensata per le giovani generazioni dallo scrittore e artista inglese: Morris, coerentemente con la sua utopia, fu un fautore dell’educazione con la Natura e nella Natura, un’educazione cioè liberata dai banchi di scuola, per divenire momento ludico di ricerca del Bello. Per molti versi Morris anticipò le indicazioni di Illich e dei descolarizzatori e per altri versi anche le proposte dello scoutismo di Baden Powell. Ecco, per esempio, che cosa vede il suo viaggiatore incantato mentre attraversa una zona della Londra futura:
Per quanto romantico, comunque, il bosco di Kensington non era solitario. Incontrammo molti gruppi di persone che andavano e venivano o passeggiavano ai margini della foresta. C’erano molti bambini e ragazzi fra i sei e gli otto anni e altri di sedici o diciassette, che mi sembravano eccellenti campioni della loro razza e che evidentemente si divertivano molto. Alcuni stavano vicino a piccole tende sull’erba, davanti alle quali bruciavano fuochi di legna, con delle pentole sospese, come fra gli zingari… ” Devono essere piene di bambini” osservai indicando i ragazzi ai lati della strada. “Oh, non tutti vengono dalle case vicine” disse d**k, “ce ne sono parecchi che abitano nelle campagne circostanti. D’estate spesso organizzano delle comitive e vengono a giocare e a divertirsi nel bosco per settimane, vivendo in tenda come vedete. Noi li incoraggiamo a farlo perché così imparano a badare a se stessi e a conoscere gli animali selvatici: e poi, sapete, tanto meno stanno a marcire in casa, tanto meglio è per loro… “Bé, i ragazzi che sono qui saranno freschi e riposati per ritornare sui banchi di scuola alla fine dell’estate”. “Banchi di scuola?” ribatté d**k. “Che cosa intendete dire con questa parola? Non vedo come possa avere a che fare con i ragazzi. Si parla di un banco di aringhe…ma per il resto confesso la mia ignoranza”…”Usavo quel termine nel senso di un sistema di educazione”. “Educazione?” esclamò d**k con aria meditabonda. “Di latino ne so abbastanza per capire che questa parola dovrebbe derivare da educere, tirare su; l’ho anche sentita usare, ma non ho mai conosciuto nessuno che sapesse spiegarmi con chiarezza cosa significhi”. Potete immaginare come crollò la mia stima per i nuovi amici quando udii questa franca confessione. Con un certo disprezzo, dissi: “Bé, educazione significa un sistema per istruire i giovani”. “E perché non anche i vecchi?” replicò lui con un lampo nello sguardo. “Comunque posso dirvi che i nostri figli imparano con un sistema di istruzione o senza…{7}”
Il romanzo prosegue enumerando innanzitutto le abilità fisiche e pratiche che questo tipo di istruzione fornisce ai piccoli allievi (saper cavalcare, saper nuotare, saper prendersi cura della propria salute fisica, saper cucinare, saper fare lavori di falegnameria), quindi si afferma che anche le attività pratiche offrono occasione di un’educazione mentale comparabile a quella fornita dai libri. Si aggiunge quindi che nella società utopica i bambini hanno la possibilità di imparare a leggere autonomamente a casa sin dai quattro anni perché ogni abitazione è fornita di libri. La prima “disciplina” tradizionale citata da Morris è la Calligrafia a cui viene data particolare attenzione, in quanto con essa è possibile creare da sé dei bei libri. Una volta imparato ad apprezzare l’arte della bella scrittura – a cui molti nel mondo di Morris sono interessati – si passa all’apprendimento delle lingue straniere: francese, tedesco e gallese sono imparate direttamente dai bambini conversando con altri fanciulli giunti in vacanza in Inghilterra dal continente allo stesso scopo. Infine l’educazione è completata con l’apprendimento delle lingue antiche e principalmente latino e greco. La storia è poco praticata perché “è soprattutto nei periodi di disordine, di conflitto e di confusione che la gente si interessa molto di storia{8}”, quindi nel mondo pacificato sognato da Morris non c’è più bisogno, a suo dire, di riandare al passato. Una sorte simile è riservata pure alla matematica. Poiché “è inutile opporsi ai gusti delle persone” ognuno persegue l’apprendimento sulle discipline e sui contenuti che preferisce: paradossalmente i bambini non sono incoraggiati alla lettura, ma lasciati liberi di perseguire questa o un’altra attività formativa, sebbene siano le pratiche fisiche e quelle artistico-manuali ad essere poste sotto l’ottica più favorevole. Morris fa dire ai suoi personaggi che in questa utopia non c’è certo eccesso di gente istruita: chi cresce continuando a studiare sui libri rimane in minoranza rispetto a coloro che si dedicano ad attività artigianali e artistiche. Tuttavia questi studiosi sono molto rispettati e amati: inoltre si sottolinea il fatto che le persone istruite sono sempre ben disposte a trasmettere il loro sapere a chiunque. Un ultimo accenno merita la visita che il viaggiatore incantato di Morris fa alla scuola di Eton: questo collegio era (ed è tuttora) un’istituzione educativa prestigiosa che accoglie tra le sue severe e storiche aule i figli più in vista dell’alta borghesie e dell’aristocrazia britannica. Morris trasforma questa scuola in uno spazio di libero insegnamento, finalmente aperto a tutti coloro che vogliono istruirsi: …il luogo è ora adibito ad alloggio per chi si dedica all’insegnamento e allo studio; la gente dei dintorni ci va per farsi insegnare ciò che vuole apprendere, e c’è una grande biblioteca con i libri migliori.
Questa visione dell’educazione richiama da vicino le “botteghe culturali” dei descolarizzatori{9}, per i quali era necessario superare la visione obbligante e vincolante della scuola tradizionale, aprendo dei luoghi di istruzione libera, dove ciascuno potesse apprendere secondo desideri e necessità personali.
Dal romanzo di Morris emerge però anche un altro dato pedagogico particolarmente significativo, ovvero il valore educativo del lavoro inteso come produzione di bellezza. Si recuperava così l’ideale di Fourier che vedeva nel lavoro non solamente un mezzo per ridurre la miseria, ma pure una via per perseguire felicità, bellezza e sviluppo sociale. Il lavoro in Morris è educativo perché è creazione, perché può divenire simile all’opera dell’artista, quando consente l’espressione di sé e delle proprie necessità più autentiche{10}.
Per molti versi Morris sembra anticipare l’educazione nell’ambiente naturale degli scout, sebbene non vi siano quei riferimenti “militareschi” (quali le divise o i raggruppamenti) così cari a Baden Powell. Anzi, questo incontro tra Natura, Educazione e Infanzia sembra avvenire sotto le insegne del gioco libero e spontaneo. Infine, la visione utopica del nostro autore evoca da vicino le esperienze educative di Summerhill condotte da Alexander S. Neil – nel Novecento e, prevalentemente, in ambito inglese – proprio all’insegna dell’autonomia del bambino e come proposta contro la società repressiva{11}. Restano comunque come punti qualificanti della visione educativa di Morris sia il richiamo alla libertà individuale nel contatto diretto con la Natura, sia il legame formativo mente-corpo nel lavoro artistico-manuale, sia, infine, la necessità del Bello nella crescita personale e sociale{12}.
L’eredità del socialismo utopistico.
Ancora molto si potrebbe dire sulle correnti che animarono il socialismo utopistico e sui tanti personaggi che, oltre a quelli citati qui, ebbero occasione di elaborare teorie e di diffondere progetti di riforma sociale ed educativa in questo ambito politico. Tuttavia è necessario almeno ricordare che il socialismo utopistico non è scomparso con l’affermarsi del socialismo scientifico di marca marxista, soprattutto a partire dalla Rivoluzione d’ottobre del 1917. L’eredità dei socialisti utopisti è stata raccolta dalla Fabian Society{13} ovvero dai socialisti riformisti inglesi che prevedevano di migliorare le condizioni delle classi povere e lavoratrici del Regno Unito con lente, continue e progressive opere di riforma sociale. Quali erano le basi teoretiche di questo movimento? Non si discostavano di molto da quelle degli autori di cui finora abbiamo trattato, ma che conviene richiamare attraverso le parole di Sydney Olivier, un importante esponente del movimento fabiano:
I più antichi e universali giudizi dell’umanità circa le virtù dell’operosità, dell’onestà, della lealtà e tolleranza tra uomo e uomo, della temperanza, fortezza ed equità, indicano le condizioni elementari necessarie per la sopravvivenza e il rafforzamento di società di individui liberi ed eguali, che dipendono per la propria sussistenza dall’esercizio delle capacità di ciascuno, e dalla sua idoneità a collaborare con i suoi simili{14}.
Probabilmente, non si tratta di una dichiarazione “scientifica”, perché mancano riferimenti storici puntuali e analisi precise dei processi economici, tuttavia si tratta di parole laiche, chiare e significative intorno all’umana aspirazione ad una società giusta e programmaticamente aperta alla libertà e alla dignità. Infine, è necessario aggiungere che il tema della scuola come motore delle riforme sociali era molto sentito dai fabiani: uno dei suoi esponenti più importanti – Graham Wallas – scrisse queste accorate parole, da leggersi con attenzione per il loro intenso carico emotivo e programmatico:
Se vogliamo svezzare i bambini inglesi dall’egoistico isolamento della famiglia inglese, dalle abitudini peggio che selvagge prodotte da quattro generazioni di capitalismo, da quella brama di eccitazione e da quella incapacità di divertirsi in modo sensato che sono il risultato naturale di giorni lavorativi passati nelle fabbriche inglesi, e di domeniche inglesi passate nelle strade inglesi, dobbiamo dare molto, generosamente, alle nostre scuole. Se questa generazione fosse saggia spenderebbe per l’istruzione non solo più di quanto abbia mai speso ogni generazione passata, ma più di quanto ogni altra generazione dovrà spendere in futuro. Renderebbe gli edifici scolastici non solo confortevoli, ma lussuosi; servirebbe le refezioni scolastiche su tavole infiorate, in sale adorne di bei quadri e allietate, come proponeva Milton, da musiche; si proporrebbe seriamente l’ideale di Ibsen: che ogni bambino fosse allevato da nobile. Disgraziatamente questa generazione non è saggia{15}. Parole ancora oggi drammaticamente vere. Forse non c’è indicazione programmatica di riforma scolastica più inascoltata di quella appena letta, soprattutto se pensiamo allo stato penoso in cui si trovano le strutture e le suppellettili di molti dei nostri edifici attuali scolastici.
Di tutto questo che cosa è rimasto? Il socialismo utopistico, in tutte le sue diverse forme e personalità, non è scomparso. E’ stato ereditato, come detto, dai movimenti socialdemocratici e dal partito laburista britannico. Ma è stato “catturato” anche dalle forze ecologiste che spesso proprio a questi autori si richiamano. In generale la sinistra progressista nord-europea fa ampio richiamo al retaggio ideologico e filosofico qui analizzato, spesso per distinguersi dal marxismo, o per “alleggerire” la propria dipendenza ideologica da quest’ultimo{16}. E’ forse il caso di terminare questo intervento con una citazione di Oscar Wilde il quale nel suo famoso saggio L’anima dell’uomo sotto il socialismo diede il suo contributo di esteta e di fine letterato, conoscitore del mondo, all’elaborazione teorica del socialismo utopistico: Il dolore non è la modalità ultima della perfezione: è soltanto provvisorio, una protesta. Si riferisce a circostanze sbagliate, malsane e ingiuste. Quando si rimuovono gli errori e le malattie e le ingiustizie non c’è più posto per il dolore… Perché quel che l’uomo ha sempre cercato, in realtà, non era né il dolore, né il piacere, ma semplicemente la vita. Ha cercato di vivere intensamente, pienamente, perfettamente. Quando potrà farlo senza imporre limiti agli altri e senza soffrirne a sua volta, e tutte le sue attività gli provocheranno piacere, egli sarà più equilibrato, più sano, più civilizzato, più se stesso. Il piacere è la pietra di paragone della natura, il suo segno d’approvazione{17}.
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CAPITOLO I.