Capitolo Tre

1774 Words
Capitolo TreEric e Adam arrivarono alla base quel pomeriggio. Impiegarono più del previsto, soprattutto perché le indicazioni non erano state chiare. Google Maps non sapeva tutto. L’altra ragione era stata il pranzo. L’incontro di Eric con la donna del mistero alla stazione di servizio era stato una grande distrazione. Perché aveva avuto quell’effetto su di lui? Dopo la pausa aveva fatto guidare Adam e aveva trascorso tutto il tempo a pensare al suo incontro. Quella donna era diversa da tutte quelle con cui era stato. Gli era sembrata fiera e sicura di sé, almeno finché non avevano cominciato a parlare. Il suo aspetto elegante e rigido nascondeva un lato più gentile che sembrava metterla a disagio. Non era il tipo di donna cui piaceva mostrare le sue debolezze. «Deve essere questo.» Adam indicò l’edificio alla fine della strada asfaltata male che avevano percorso per le ultime miglia. Adam parcheggiò tra una vecchia Land Rover verde militare, che sembrava trovarsi lì da sempre, e un paio di berline più moderne. Suo fratello aveva ragione, doveva essere quello il posto e non erano stati i primi ad arrivare. Scesero e si guardarono intorno. Nonostante fossero mutaforma di città, era quasi sempre l’istinto a guidarli. Studiare l’ambiente circostante prima di entrare in un posto nuovo era normale. Anche se l’area per l’addestramento in cui si ritrovarono era un vero campo pieno di vita, quella parte in particolare – con gli hangar cadenti, le caserme trascurate e l’armamentario e i veicoli abbandonati – sembrava inutilizzata. La casa perfetta per una task force che sin dalla sua nascita era destinata a non avere alcuna rilevanza. Eric sospirò. «Questo posto sembra un manicomio,» esclamò Adam. Eric si strinse nelle spalle. «Non posso dire di essere sorpreso.» «Lo vedi?» Adam indicò un vecchio carrarmato che era stato abbandonato nel bel mezzo del campo. «Credi che ci permetteranno di guidarli?» Eric corrugò la fronte. Osservò l’erba attorno al veicolo, la natura stava facendo del suo meglio per reclamarlo. Eppure Adan sembrava ancora entusiasta. Scosse la testa, non c’era niente che potesse dire per convincere suo fratello. Doveva pensare da solo alla realtà della situazione. «Di sicuro non quello,» rispose. «Mi chiedo chi altro ci sia all’interno.» Prima che Eric potesse fermarlo, Adam corse verso la porta di ingresso. Lo raggiunse proprio quando disse: «Salve?» Seguirono entrambi un paio di voci maschili provenienti dall’interno dell’edificio ma poi furono fermati da una donna esile con l’uniforme. «Signor King, e… ehm, signor King, suppongo?» chiese, controllando la lista che aveva sulla cartella. «Eric King, sì, e questo è mio fratello, Adam,» spiegò Eric. Adam annuì e offrì la mano alla donna. «Soldato Callahan. Ehm, se volete seguirmi, possiamo sistemarvi all’interno.» La donna fissò la mano di Adam per un secondo, non la strinse e si voltò, dirigendosi verso il corridoio. Adam fece spallucce e poi la seguirono entrambi. L’edificio aveva superato da tempo il suo periodo migliore. C’era uno strato fresco di vernice sulle pareti, che di sicuro avevano applicato per l’addestramento dell’Alpha Squad che si sarebbe tenuto lì e non per nascondere la muffa sotto. L’odore della trascuratezza aleggiava nell’aria e niente lo avrebbe sostituito. Più si addentravano, più le voci diventavano forti. Il soldato Callahan si fermò davanti a una porta e poi si voltò e si fece da parte. «Questi sono i vostri alloggi. Se avrete bisogno di me, mi troverete nell’ufficio accanto all’ingresso.» Prima che potessero dire qualcosa, andò via. Doveva essere una giornata impegnativa, dato che era previsto l’arrivo di tutte le nuove reclute. Eric scrollò le spalle e aprì la porta. Tutti smisero subito di parlare quando si aprì con un cigolio assordante. L’odore della pittura fresco non servì a niente. Quel posto era vecchio e fino a quel momento non era stato utilizzato. Entrò e fu accolto da tre paia di occhi. Due uomini erano sul letto a castello sulla sinistra mentre il terzo era seduto da solo nell’angolo più lontano. Umano, umano e lupo. Eric riconobbe subito i loro odori. «Ciao, io sono Eric King, questo è mio fratello, Adam,» si presentò, avvicinandosi all’umano più vicino e offrendogli la mano. L’uomo, che sembrava avere circa quarant’anni, lo guardò con sospetto. Il suo linguaggio del corpo e il fisico asciutto davano a intuire che avesse ricevuto un addestramento militare o qualcosa di simile. Aspettò qualche secondo di troppo e, quando Eric capì che non gli avrebbe stretto la mano, la allontanò. Poi guardò l’umano più giovane che si trovava sul letto in alto. «Ben Cooper, Polizia di Frontiera. Il tipo scontroso di sotto è Craig Bentley, lavorava per il SAS, le Forze Aeree Speciali.» «Per te sono il capitano Bentley, Cooper,» ruggì l’uomo. Ben Cooper agitò una mano. «Se lo dici tu, amico. Qui siamo tutti sulla stessa barca malandata, no?» Eric annuì lentamente. «Già,» mormorò, attraversando il dormitorio e andando verso l’unico mutaforma nella stanza. «E tu sei?» gli chiese. «Thomas Blackwood.» Il lupo spostò lo sguardo dagli umani a Eric. «Lupo, vengo dal clan Rannoch.» Si strinsero la mano. «Orso bruno, Nuova Alleanza, sede di Londra,» disse Eric. L’umano più grande, Bentley, sbuffò ma non disse niente. Eric gli lanciò un’occhiataccia. «Io sono Adam.» Il fratello di Eric li raggiunse davanti al letto del lupo. «Sai se qualcun altro si unirà a noi?» Thomas si strinse nelle spalle. «Il leader non è ancora arrivato. Il maggiore Williams dell’esercito inglese, o così mi è stato detto.» Eric annuì. «Molto bene, allora suppongo che possiamo prendere quel letto.» Sollevò il bagaglio e lo mise sul letto più lontano. Adam prese quello sopra il suo. Quando Eric si sedette, e il materasso cigolò sotto il suo peso, si sentì lontano dalla sua vita di tutti i giorni. Aveva accettato di andare lì soltanto perché Henry aveva insistito. Erano passati soltanto dieci minuti e sentiva già la puzza di un disastro imminente. Dovevano essere una squadra? Il divario tra gli esseri umani e i mutaforma era profondo, come avrebbero superato i sospetti e pregiudizi radicati? Eric non sapeva molto sulle forze armate, nemmeno di quelle dei mutaforma, ma era certo che in una posizione come quella bisognasse dipendere dagli altri e che a volte fosse necessario mettere la propria vita nelle loro mani. La vecchia e la Nuova Alleanza funzionavano in quel modo. Non si fidava degli umani, soprattutto non di Bentley, che non si era nemmeno disturbato a salutarli quando erano arrivati. Adam si arrampicò sul letto, facendo cigolare ancora di più il metallo. Questo letto farà meglio a reggere. Eric fece un respiro profondo e chiuse gli occhi. Sarebbe dovuto restare alla stazione di servizio e magari provare a parlare di più con la donna del mistero. Oppure avrebbe dovuto rischiare di ottenere la disapprovazione di Henry e rifiutare di unirsi alla squadra. Qualsiasi cosa sarebbe stata meglio di quella situazione. Tornò a pensare alla donna del mistero, una bellezza regale con una voce che gli aveva acceso il cuore. Il suo orso interiore aveva tirato fuori gli artigli ed era stato difficile resistere al bisogno di trasformarsi davanti a lei. Come avrebbe reagito se avesse visto la sua vera forma? Le cose erano cambiate dopo l’arrivo della Nuova Alleanza, ma non tutti la pensavano allo stesso modo. Gli esseri umani erano ancora preoccupati, e perché non avrebbero dovuto esserlo? La maggior parte dei suoi simili aveva un aspetto spaventoso. Avrebbe urlato o sarebbe scappata? Oppure sarebbe stata intrigata? Ovviamente non lo avrebbe mai scoperto, perché si era lasciato sfuggire l’occasione quando Adam lo aveva trascinato a pranzo. Dove si trovava? Stava pensando al loro incontro quanto lui? Così tante domande cui non avrebbe mai avuto risposta… Invece era bloccato in quell’edificio decrepito con un gruppo di sconosciuti e nessuno di loro sembrava voler stare lì. Tranne Blackwood il lupo, forse. Gli era sembrato la persona più allegra dopo Adam. Il rumore della porta che si apriva lo interruppe, ma provò a ignorare l’intrusione. «Sull’attenti!» esclamò il soldato Callahan. Eric aprì gli occhi e si sollevò sul letto, colpendo quasi il materasso sopra di lui con la testa. Il soldato si fece da parte e un’altra donna entrò nella stanza. Stava sognando? Non riusciva a credere ai suoi occhi… era la donna su cui aveva appena fantasticato. «Il maggiore Williams vorrebbe dirvi qualcosa,» comunicò il soldato Callahan. Maggiore Williams. Eric era senza parole. Si aspettava un uomo con i capelli grigi e una barba come il tipo della Forza Aerea Spaziale dall’altro lato della stanza, forse più elegante. Il loro comandante era una donna. La sua donna. Il maggiore Williams perlustrò la stanza lentamente, soffermandosi un secondo su tutte le reclute. Finché non vide Eric e distolse subito lo sguardo. Lo aveva riconosciuto e non sembrava felice di vederlo lì. «Sono il maggiore Janine Williams, il vostro leader. Benvenuti e grazie per esservi uniti all’Alpha Squad. Da domani mi occuperò del vostro addestramento, vi valuterò e riporterò i progressi di questa task force alle autorità superiori. La prima fase dell’addestramento comincerà di mattina e durerà due settimane. Alla fine vi sarà dato un voto su vari aspetti della vostra performance. Chiunque sarà considerato inadatto per continuare dovrà andare via prima dell’inizio della seconda fase. Ci sono domande?» Domande? Eric ne aveva tantissime. Non parlò, però. «Che significa inadatto? Mi è stato detto che mi sarei trasferito per sempre,» si lamentò Ben, l’essere umano più giovane. «Prima di tutto dovete chiamarmi maggiore Williams o signora. Secondo, questa task force non è una passeggiata. Soltanto chi sarà degno arriverà al traguardo.» Il maggiore gli lanciò un’occhiataccia ed Eric restò colpito dalla sua aria autoritaria. Cooper incrociò le braccia sul petto e serrò le labbra. «Hai capito? Come ti chiami?» «Ben Cooper, Signora. Sì, ho capito.» Eric fece fatica a sopprimere un sorriso. Non avrebbe permesso a nessuno di metterle i piedi in testa, era chiaro. Non ci sarebbe voluto molto affinché Adam e il maggiore si scontrassero, dato che avevano personalità simili. Stranamente si ritrovò a tifare per la donna e non per il fratello. L’addestramento con il maggiore sarebbe stato interessante. Lo guardò per una frazione di secondo ed Eric fece del suo meglio per nascondere la sua reazione. Avrebbe fatto il suo dovere e cercato di meritarsi il posto nella squadra. Lo doveva a Henry, ma quella non era l’unica ragione. Il destino gli aveva dato una seconda occasione e non l’avrebbe sprecata. Prima della fine dell’addestramento le avrebbe dimostrato quanto valeva, in un modo o nell’altro. «D’accordo, riposo,» disse. «Vi aspetta una giornata importante e vi suggerisco di riposare.» Eric annuì e si sdraiò di nuovo sul letto. Forse l’Alpha Squad aveva un lato positivo, dopotutto.
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