Capitolo II
Silvia emise un lungo sospiro. Il risveglio era stato dolce e lei si sentiva talmente bene da pensare di stare ancora sognando. Tenne gli occhi chiusi, assaporando quella sensazione.
Erano passati tre mesi dalla fatidica Fine del Mondo. Erano stati così intensi che erano volati in un baleno. Tuttavia, erano successe così tante cose, che stentava a credere che si fossero tutte verificate in un solo trimestre.
Il ventun dicembre stesso – per la gioia di tutti, in particolar modo dell'avvocato Maximilien Frank-Thomas e del Tesoriere Wilhelm Metz – aveva accettato l'incarico di Segretaria del Circolo Diana. A quella decisione erano collegate le proprietà che Aurore Daviel aveva lasciato in eredità a chi avesse proseguito la sua opera. Si trattava dell'appartamento al secondo piano del Diana che la donna occupava in vita, con tutto il suo contenuto, i suoi gioielli e una cifra che, anche dopo il p*******o delle cospicue imposte, sarebbe stata considerevole. Era stato difficile per Silvia accettare quei lasciti. Da sempre, le era doloroso non solo avere a che fare, ma anche solo pensare di ereditare qualcosa. Quando succedeva – come le era già capitato con suo padre prima, sua madre in seguito e infine sua nonna – era fonte di pena infinita entrare in possesso di cose materiali per la perdita di beni impagabili e insostituibili. Il suo rapporto con Aurore Daviel era stato breve ma, per molti motivi, era legata a lei da profondo affetto e grande stima. C'era voluta tutta la sensibile persuasione di Maxim per farle capire che, rifiutando la volontà di Aurore, le avrebbe fatto torto mentre, accettandola, l'avrebbe resa immortale. La decisione, inaspettatamente, meno onerosa era stata quella relativa all'appartamento. Era bastato che l'architetto Nosedo evocasse un sogno che lei accarezzava da sempre: vivere in un pied-en-ciel, come lei chiamava un attico.
La trasformazione del Diana a Resort prevedeva la creazione di almeno una quarantina di nuove camere per i clienti. Era stato inoltre deciso di rimuovere i gazebo dalla facciata frontale dell'edificio – la zona antistante sarebbe stata arricchita da un vasto giardino articolato – e di riorganizzare il piano terra per creare aree destinate a nuovi servizi per gli ospiti, oltre all'indispensabile ampliamento delle cucine. Nosedo aveva voluto parlare assieme a lei delle diverse alternative. Le fondamenta del fabbricato erano tanto solide che avrebbero potuto innalzarlo senza problemi di due piani ma, per quanto la costruzione fosse priva di pregi architettonici e quindi di vincoli, avevano concordato che il risultato finale sarebbe stato poco gradevole. Avevano pertanto deciso di mantenere inalterato l'aspetto esteriore e sfruttare il terrazzamento sommitale in modo tale che, dal basso, ogni cambiamento risultasse invisibile. La smisurata superficie del lastrico solare sarebbe stata suddivisa in diverse zone distinte, tra le quali il nuovo appartamento di Silvia: il suo pied-en-ciel. Tutti gli ambienti dell'ultimo livello, perfettamente coibentati e confortevoli con ogni tempo, sarebbero stati dotati di enormi vetrate, anche a soffitto che, nella bella stagione, potevano essere rimosse, offrendo una nuova e suggestiva scenografia. Ovunque, sarebbero state collocate piante adeguate, soprattutto bambù, rampicanti, cespugli sempreverdi e arbusti fioriti, creando così un vero e proprio giardino pensile.
Nosedo era famoso per le sue soluzioni innovative, che abbinavano alla perfezione funzionalità, eleganza e totale rispetto per l'ambiente. Il suo progetto definitivo, in particolar modo la realizzazione del roof-garden, per il rinnovamento del Diana – al quale Silvia aveva notevolmente contribuito – era piaciuto a tutti ed era stato approvato all'unanimità dal Consiglio che si era tenuto a gennaio, appena passate le feste.
In quella seduta, tanto celere quanto allegra e felicemente conclusiva, erano state deliberate molte altre importanti decisioni. La nomina a Vicepresidente di Maximilien Frank-Thomas, che aveva sottoscritto il dieci percento della partecipazione lasciata dal precedente Presidente; un altro cinque percento era stato rilevato da Metz e il rimanente era stato acquistato da Silvia, grazie al capitale ereditato da Aurore. La vendita di quel venti percento portava alle casse del Circolo consistenti capitali che, unitamente agli strepitosi incassi di dicembre, avrebbero finanziato per intero tutti i lavori che erano iniziati immediatamente. Dato il notevole successo riscosso, era stato inoltre stabilito di separare dalle attività del Diana quella di ristorazione e quindi di costituire una società ad hoc. Nelle settimane successive, Carlotta Pessina aveva venduto, facilmente e a un ottimo prezzo, la sua società di catering e, col ricavato, era diventata socia al cinquantun percento del nuovo ristorante che, su proposta di Silvia, avrebbe portato il nome di Artemis. Data la riduzione dello spazio interno ed esterno del ristorante, Silvia aveva suggerito di prevederne una replica al roof-garden. Più di chiunque altro, quella soluzione aveva entusiasmato Carlotta che, oltre a esserne la Cheffe, sarebbe stata a tutti gli effetti la Regina assoluta e indiscussa dell'Artemis.
Silvia lasciò scorrere lo sguardo nella camera in penombra. Era stata la prima notte passata nella sua nuova casa a un passo dal cielo. Rivide nella mente l'appartamento di Aurore.
Verso la fine dell'anno, cedendo alle affettuose sollecitazioni di Maxim e Wilhelm, vi era entrata per la prima volta, timorosa ed emozionata, e ne era rimasta incantata. Raffinato arredamento moderno con molti pregevoli pezzi d'antiquariato, che si incastonavano magnificamente valorizzando l'insieme. I tessuti che lei più amava: alcantara e damasco. Così come i colori: varie tonalità di blu, sapientemente abbinate a tinte pastello. Piante, tappeti, opere d'arte. E ciò che l'aveva sempre affascinata: pareti d'acqua. Flussi che scorrevano tra due vetri, suddividendo con leggerezza alcuni ambienti, e morbide cascate su pareti di pietra e marmi, che regalavano una musicalità magica e rilassante. Una residenza favolosa, che superava ogni suo sogno più ardito. Ma era di Aurore. Non si sarebbe mai sentita a suo agio ad abitare lì. D'altra parte, giudicava un'offesa imperdonabile rifiutare il suo dono. Subito dopo l’Epifania, con l'inizio dei lavori, Silvia era tornata a Villa Milani. Riappropriarsi dei suoi spazi personali era stato piacevole, ma le aveva fatto anche apprezzare quanto fosse bello e gratificante lavorare e vivere al Diana. Quella consapevolezza, corroborata dal suggerimento di Nosedo, aveva agevolato la sua decisione di far costruire il suo appartamento al livello sommitale e di arredarlo con le suppellettili di quello di Aurore. In tal modo, sarebbe stato di entrambe.
Silvia sarebbe stata felicissima di un attico di modeste dimensioni. Tuttavia, per poter ospitare l'intero contenuto dell'appartamento della Daviel, era stato necessario realizzare un'abitazione di notevoli dimensioni, corredata di un’ampia veranda e una vasta terrazza che sarebbe stata riccamente piantumata e parzialmente ombreggiata da berceau con rampicanti. Era abituata a una casa grande, benché disposta su più piani e l'occupasse solo in parte, ma si era impressionata la prima volta che aveva visto la sua nuova proprietà. Gradualmente, ci aveva fatto l'abitudine e, poi, una volta completamente arredata, non le era più parsa enorme come all'inizio.
Sorrise, considerando che aveva due dimore. Anzi, due focolari. Uno legato alla sua famiglia vera, quella che non aveva più. L'altro a quella nuova, numerosamente affettuosa e piena di vita, del Diana. Ripensò alle tante manifestazioni di stima e amicizia che aveva ricevuto. Un momento le era particolarmente caro. Quando a Capodanno tutti i dipendenti del Circolo, compresi Equester e Le Grazie, le avevano consegnato il loro regalo. Una scultura di Magda: il suo ritratto. Con pochi segmenti di filo d'alluminio raffigurava alla perfezione non solo i suoi bei lineamenti, ma il suo spirito. Quell'opera così espressiva l'aveva lasciata senza fiato. Aveva fissato a lungo l'essenza di sé nel silenzio totale che regnava nell'Oasi, la confortevole sala relax del Centro Benessere. Infine, senza riuscire a controllare la sua emozione, aveva rivolto a tutti un grazie tanto intensamente commosso da scatenare un gioioso applauso. Nei mesi trascorsi, quella allegra memoria era riecheggiata spesso nella sua mente. Con altri ricordi, le aveva dato la forza necessaria per sostenere la mole di compiti che aveva svolto e avrebbe rappresentato una fonte inesauribile di energia per gli infiniti altri che l'attendevano. I lavori di ristrutturazione del Diana e dell'area dedicata all'equitazione, erano iniziati ai primi di gennaio e proseguiti a ritmo serrato con un'unica sospensione per il lungo week-end di San Valentino. La ragione era tanto semplice quanto fondamentale. Silvia voleva inaugurare il nuovo Circolo il primo giorno di Primavera. Da lì, sarebbe partito un programma semestrale che lei aveva battezzato La Bella Stagione. Mesi di mostre, congressi e svariati eventi mondani, che avevano generato innumerevoli prenotazioni per tutto il periodo. In quei tre mesi, infatti, Silvia aveva avviato collaborazioni con i vari assessorati alla cultura e associazioni ambientalistiche e di tutela del patrimonio, oltre a concludere accordi con tutti i parchi della zona, in particolare il Campo dei Fiori, e aveva organizzato itinerari culturali, rassegne floreali, esposizioni artistiche e vernissage anche di moda. Già per quella stagione, Silvia avrebbe voluto allestire spettacoli nella tenuta. Aveva in mente balletti e concerti all’aperto. L'organizzazione però era molto impegnativa e non c’era tempo a sufficienza. Di conseguenza, era stata costretta a rimandare all'anno successivo.
Per il suo progetto, le erano stati preziosi i suggerimenti e i contatti di Stefano, il taciturno giornalista – non bello, ma di sicuro interessante, oltre che dotato di un certo fascino – che aveva conosciuto alla fine del precedente novembre. Era stata Carlotta a farli incontrare, volendo che collaborassero per rendere giustizia a Gianfranco Anzani, suo amico da tempo, suicidatosi dopo l'assassinio di Aurore Daviel di cui era ritenuto colpevole. La ricerca della verità aveva portato Silvia e Stefano a frequentarsi e ad apprezzarsi a vicenda. A Capodanno, in un lento di dopo mezzanotte, lo schivo quarantenne le aveva espresso con delicatezza i suoi sentimenti. Lei gli aveva risposto che non era pronta, non ancora, per un legame. Stefano aveva compreso e lei ne era felice perché, come lui, ci teneva al rapporto esistente che, in quei mesi si era intensificato, consolidandosi in una sincera amicizia.
Sentì il lieve tonfo familiare che da quasi due anni le dava gioia. Fece finta di dormire per godere dell'avvicinarsi circospetto che sempre la inteneriva, accompagnato da crescenti fusa. Aspettò che le vibrisse le sfiorassero il volto, prima di abbracciare con slancio il suo gatto che, non nuovo a quelle sorprese, manifestò il suo apprezzamento strusciandosi ripetutamente. Quando il felino fece per scostarsi, di certo motivato dall'appetito, Silvia si sollevò col busto e lo agguantò con dolce fermezza.
"Vieni qui, Charlie! Fatti spiumacciare un po'. Sì, sì. Adesso ti cipollo io!" promise, azionando il telecomando per alzare le schermature delle finestre, che occupavano l'intera parete di fronte a lei.
Mentre nella spaziosa camera entrava la luce del giorno, mise sulla schiena lo Scottish Fold che, comprendendo le sue intenzioni, la lasciò fare. Silvia passò velocemente la palma sulla panciotta tonda, suscitando la goduria del gatto che, quando lei faceva così, apriva le fauci come se ridesse sfrenatamente, divertendola un mondo. Il micio le prese poi la mano con le zampotte e iniziò a mordicchiarla. Giocarono così per diversi minuti, finché lei non gli diede un grosso bacio sulla testa e, con un profondo sospiro, si allontanò.
"Non sai quanto mi piacerebbe stare in tua compagnia, ma mi devo preparare."
Si alzò, indossò la vestaglia di morbida lana color glicine e andò alle vetrate, rallegrandosi della sua decisione. Aveva voluto che la sua camera si aprisse a est per godere del sorgere del sole, così come che il vasto soggiorno fosse disposto a ovest per apprezzare tutte le fasi del tramonto. Le aprì e uscì in terrazza, oltrepassando il pergolato antistante e raggiungendo l'alto parapetto perimetrale. Lo sguardo spaziò dalle prossimità sottostanti, che ospitavano i nuovi giardini armoniosamente organizzati, alle immediate vicinanze riccamente piantumate, spingendosi oltre le vastità erbose e indovinando in lontananza le sagome dell'Equester. Inspirò l'aria prevedibilmente fredda. Davanti a lei, si stava alzando un sole pallido nel cielo tenuamente sereno. Salutò quel dono, che rafforzava il suo buonumore, con un profondo inspiro soddisfatto.
Per la sua Festa di Primavera anche il tempo era stato generoso. Inclemente dall'inizio del mese, quel ventun marzo duemilatredici aveva regalato una giornata non piovosa, come invece il giorno prima, con temperature ragionevoli e quel tanto di foschia da rendere ogni scenario magico. Lei l'aveva giudicato un ottimo auspicio. All’inaugurazione, avevano partecipato numerosi ospiti. Iniziata nel primo pomeriggio, era culminata con la cena al roof-garden riservata alle personalità culturali, politiche e amministrative locali e della regione, oltre a quelle del mondo dell'arte, della moda e dello spettacolo. Per loro, Silvia aveva fatto preparare uno splendido libro illustrato con la storia del Circolo, dalla fondazione al dicembre appena passato, ampiamente documentata dalle gallerie fotografiche che avevano arricchito il sito internet del Diana che, in seguito alla ristrutturazione, era stato totalmente rinnovato. All'ultimo momento, era riuscita a inserire anche qualche foto della nuova versione delle strutture ippiche, le prime a essere state completate.
Un opuscolo che illustrava i servizi era a disposizione di tutti, così come un pieghevole che esponeva tutte le iniziative del programma La Bella Stagione, riportando alla fine un discreto invito a visitare il sito internet per scoprire le interessanti proposte, che potevano essere inviate anche su semplice richiesta telefonica.
A quell'evento era stato dato ampio rilievo dalla stampa locale e periodici specializzati, oltre a essere stato citato da qualche testata a livello nazionale e da alcune riviste. Pur senza averlo voluto ammettere, Stefano aveva di sicuro contribuito parecchio a quella risonanza e lei gli era grata. Il giorno prima, l'amico era stato presente dall'inizio alla fine, tenendosi in disparte mentre lei intratteneva, con la disinvolta classe che le era propria, ospiti di ogni levatura. Comunque, ogni volta che poteva, Silvia gli rivolgeva discretamente uno sguardo o un sorriso. La Festa di Primavera era stata un successo strepitoso e lei, che ne era stata l'artefice e la promotrice, ne era stata la sovrana assoluta. Per tutto il tempo, aveva brillato come una stella attorno alla quale si erano mossi pianeti e astri.
"Meeooww!" protestò Charlie, ricordandole il suo primario dovere mattutino.
"Sì, hai ragione." ammise lei, voltandosi.
Mentre tornava sui suoi passi, rivolse lo sguardo al berceau. Al contrario di quelli antistanti il salone, lo studio e la cucina, la cui struttura era stata realizzata in travature di legno o tralicci più o meno fitti, era costituito da aerei fili zincati sui quali erano stati assicurati lunghi tralci di vite americana in quel periodo totalmente spogli, ma fecondi di minuscole gemme. Era il rampicante più adatto per la camera da letto. Fino a primavera inoltrata non sarebbe stato d'ostacolo alla luce. Successivamente, facendosi più ricco, il fogliame avrebbe schermato l'intensa luminosità estiva. Infine, cosa non da poco, in autunno avrebbe regalato un'ampia gamma di accese sfumature. Silvia aveva subito accettato il suggerimento di Gianni Soldini. Col fratello Renzo, Gianni aveva ampliato l’attività del Vivaio Soldini, proprietà di famiglia da due generazioni, diventando architetto di giardini, mentre il fratello era un ottimo paesaggista. Ambedue collaboravano con Silvia fin dai primi mesi di vita della Trait-d-Union, l'impresa che lei aveva fondato a settembre di due anni prima allo scopo di mettere in contatto clienti dalle svariate esigenze con eccellenti professionisti e artigiani, nonché fornitori di massimo livello. Silvia ne aveva incontrati parecchi prima di selezionare coloro che, Carlotta in testa, avrebbero fatto parte della sua Squadra. Senza di loro – bravissimi, affiatati e affidabili – non sarebbe riuscita a organizzare in modo così impeccabile il Dicembre 2012 al Diana: primo e unico incarico affidatole da Aurore Daviel. Era per lei, per la fiducia che le aveva concesso, che era contenta del grande successo che aveva ripagato l'impegno di tutti, soprattutto il suo.
"Speriamo che la primavera arrivi sul serio presto e non solo per godere del mio roof-garden." si augurò, pensando al programma di eventi che aveva pianificato.
Si diresse nella sua bella cucina bianca e nera, seguita dal suo gatto affamato. Gli diede uno dei succulenti pranzetti preparati da Carlotta per lui che, come sempre, lo Scottish Fold gustò immediatamente mentre lei si preparava il caffellatte. Era dall'inizio delle opere edili del Diana, che non faceva più colazione con l'amica a causa del suo rientro a Villa Milani, oltre che degli onerosi compiti di ambedue.
Una volta terminato, andò al bagno padronale, ammirandolo per l'ennesima volta. Se tutto l'appartamento era stato ideato tenendo conto degli arredi di Aurore, che per sua precisa scelta doveva ospitare, per i bagni aveva avuto carta bianca. Aveva voluto che il suo le desse la sensazione di essere nell'acqua. Aveva quindi privilegiato eteree tonalità verdazzurre e cristallo di elevato spessore.
Dopo essersi pettinata e truccata, passò quindi al locale guardaroba primavera-estate. La decisione fu rapida: aveva scelto da tempo i capi adeguati all'occasione. Gli specchi, disposti in modo da potersi controllare di lato e dietro, rifletterono la figura slanciata di una trentacinquenne dotata di innato portamento elegante. Silvia scosse i lunghi capelli, naturalmente mossi di una luminosa tonalità castana, come gli occhi grandi ed espressivi. Quindi li ravviò lateralmente con le dita, liberando il bel viso ovale, dall'incarnato perfetto, che divenne radioso non appena lei sorrise.
"Sì, va bene." giudicò soddisfatta, volgendo quindi le spalle alla sua immagine e andandosene.
All'ingresso trovò Charlie ad aspettarla.
"Fammi gli auguri." gli chiese trepidante. "Oggi è il primo giorno della Bella Stagione."
Il micio si allungò appoggiando le zampine anteriori sulle sue ginocchia e lei lo prese in braccio.
"È la prima volta che mi cimento in questa impresa. Che ne dici, sarò all'altezza?"
"MIIAAAOOOOO!" Fu la determinata conferma del micio, sorpreso che lei dubitasse delle sue capacità di cui lui era certo.
Lo strinse a sé e gli diede un grosso bacio sulla testa, facendolo poi scendere. "Vuoi restare qui o venire con me?" si accertò.
Il gatto si mise davanti all'uscio.
"D'accordo." convenne lei aprendo la grande porta a un battente. "Poi però non posso portarti assieme a me. Ti ricordi?"
Il felino si accigliò.
"Te l'ho spiegato anche ieri notte prima di addormentarci." gli rammentò in tono benevolo.
Corrucciato, lui la guardò storto. Se lo aspettava. Fin da piccolissimo, non era mai rimasto solo. Ovunque dovesse recarsi per lavoro, Charlie era assieme a lei nel retro della sua Panda Natural Power, separato dall'abitacolo da un'apposita rete. Durante il suo soggiorno di dicembre al Diana, i compiti che lei doveva svolgere le avevano imposto di lasciarlo di frequente e a lungo in camera. Pensava che si fosse abituato e invece ... Quel primo trimestre duemilatredici, a causa delle innumerevoli visite che aveva dovuto fare, Silvia aveva ripristinato le vecchie abitudini e, date le basse temperature, lo portava quasi sempre con sé nei vari uffici, con immensa gioia del gatto che suscitava sempre grandi simpatie. Charlie aveva il dono di rubare il bene, come diceva sua nonna, e questo lo portava a credere di potersi permettere di tutto. Lei spesso gliela dava vinta. Ma non era quello il caso.
"È inutile che ti arrabbi."
Lo Scottish Fold le lanciò un'occhiata offesa, prima di voltarle la schiena e, coda diritta, avviarsi fuori trotterellando. Silvia sospirò, rassegnata al broncio che le avrebbe tenuto per chissà quanto, chiuse la porta e lo seguì.