Capitolo II
Il Segno del Comando
Non appena i battenti della bella porta in quercia si chiusero, Ares si voltò rimanendo a bocca aperta. L’anonimo e scuro andito che aveva percorso poche ore prima, aveva lasciato il posto a uno spazioso corridoio con grandi vetrate a piombo ornate da leggeri disegni floreali che lo inondavano di luce, mettendo in risalto l’elegante passatoia e le raffinate console intarsiate, addossate al muro alla sua destra, sulle quali trovavano posto ricche composizioni floreali dalle tenui tonalità pastello. Alle pareti, decorate con linee sinuose e delicato fogliame, erano appesi quadri raffiguranti donne eteree che reggevano tra le braccia cesti di frutta e fasci di fiori.
Dopo qualche istante di smarrimento, scorse in fondo una donna slanciata, vestita in modo insolito, che lo aspettava in piedi dove prima si trovava il piccolo ascensore e dove ora invece scorgeva una magnifica balaustra in ferro battuto nero a volute e foglie d’acanto con particolari dorati. Non senza qualche esitazione, si avvicinò alla donna che rimaneva immobile, il volto impassibile. Ben oltre la quarantina, portava i capelli castano chiaro raccolti e indossava un abito lungo fino a terra in damasco color pesca, dalle ampie maniche con fasce di tulle in tinta inserite a vite che alleggerivano la veste austera, come chi la indossava.
“Buongiorno signor Milton. Sono Leona Douglass. Per tutto il periodo che si tratterrà in questo Lyceum, lei è stato affidato alla mia guida dal Praesidens Danaus Yolhair. Nel primo pomeriggio inizierà il suo addestramento. Ora pranzeremo nel mio studio. Mi segua.”
Rimase paralizzato dov’era, mentre la sua guida, voltandogli le spalle, si accingeva a scendere la sontuosa scala elicoidale in marmo color miele.
“Si regga al corrimano.”
Ares si affrettò a raggiungerla. Non appena messo piede sul primo scalino, evitò di cadere afferrando appena in tempo il sostegno di mogano che sovrastava la bella ringhiera: i gradini si erano messi in moto all’improvviso e scendevano tanto velocemente da farlo vacillare. Dopo pochi istanti si trovò barcollante a pianterreno, senza poter dire quanta distanza avesse percorso anche per l’assenza di piani intermedi.
“Per di qua.” indicò laconica la donna, senza dar segno di aver notato il suo malessere.
La seguì senza fare una grinza solo per puntiglio.
Dopo un lungo porticato, che si affacciava su un bel giardino ombreggiato da parecchi alberi carichi di frutta di stagione, Leona si fermò davanti a una massiccia porta a vetri martellati, con una griglia in ghisa raffigurante strani animali alati, che era apparsa sulla parete in precedenza priva di varchi. La udì pronunciare parole incomprensibili e la porta si spalancò su un vasto locale illuminato da una vetrata ad arco, dal bordo decorato con iris e grappoli di glicine e che occupava l’intera parete di fronte a loro. Oltre i vetri, a riquadri rettangolari, si vedeva chiaramente un giardino rigoglioso di cespugli e piante in piena fioritura.
“Prego, si accomodi.” lo invitò asciutta, mostrandogli il tavolo apparecchiato per due accanto a un grande camino.
Ares si sedette al posto che gli mostrava e, mentre prendeva il tovagliolo, si guardò intorno imbarazzato, non sapendo cosa dire. La stanza era un elegante soggiorno con due divani, diverse poltrone e alcuni tavolini in stile Liberty, così come lo splendido trumeau, gli stipi e la grande libreria in olmo massello che tappezzava due lati del locale, di fronte alla quale troneggiava una notevole scrivania in teak, decorata con fregi in bronzo. Sul ripiano intarsiato c’erano una bella lampada con vetri opalini a forma di ninfea, pile ordinate di tomi antichi e fogli sciolti, oltre ad alcuni strani oggetti in metallo dorato e cristallo. Attese educatamente che Leona Douglass iniziasse a mangiare, prima di tagliare la grossa bistecca che occupava il suo piatto.
“Spero che il menu sia di suo gradimento.” si accertò la donna in tono più affabile, dopo qualche minuto.
La guardò grato per aver rotto quel silenzio che stava diventando per lui imbarazzante. Inghiottì in fretta la gustosa patata arrosto, che aveva appena messo in bocca e rispose allegro. “Oh sì! Mi piace moltissimo.”
“Bene, signor Milton. Ci eravamo informati sulle sue preferenze.” replicò con naturalezza Leona, prima di sorseggiare il liquido color rubino che riempiva i loro bicchieri di fine cristallo molato.
“La prego ... ehm Signora, mi dia del tu ... e mi chiami Ares, se vuole.”
Leona piegò appena la testa di lato e convenne, in modo formale. “Sta bene per il tu, ma chiamarti per nome non sarebbe appropriato.”
Ares abbozzò un assenso, mentre lei mormorava “Ora.” Il suo sguardo si era fatto assente, come se stesse pensando a tristi ricordi lontani o bui giorni a venire.
“Tu mi puoi chiamare Magistra o, se preferisci, Professoressa.“ comunicò lei riscuotendosi, con un abbozzo di sorriso che subito addolcì i lineamenti resi più spigolosi da un modo di fare che, più che essere ostile, sembrava non volere far trapelare nulla di sé.
“Ti suggerirei di assaggiarlo.” propose in tono leggero, indicandogli il suo bicchiere colmo della stessa bevanda purpurea. “È ottimo con le carni rosse.”
Le rivolse uno sguardo imbarazzato e obiettò timidamente. “Grazie, ehm ... Magistra, ma non bevo alcoolici.”
L’insegnante ebbe una brevissima risata argentina. “Ovvio che no, mi sarei stupita del contrario. In ogni caso, a parte il fatto che non esistono alcoolici a Lumenalia, non sarebbero certo serviti alla Domus.” Prese un piccolo sorso, chiarendo poi con leggera fierezza. “Tutte le nostre bevande sono a base di erbe e fiori, ortaggi, cereali e frutta ed è vero che innumerevoli preparazioni sono per bouquet e gusto superbi vini, oltre che eccellenti birre e acqueviti senza avere, però, alcun effetto negativo e men che meno nocivo.” Sollevò il bicchiere che, colpito dai raggi solari, scintillò incendiando il suo contenuto. “Questo, per esempio, è Nettare di Melagrana del 1999. Un’annata strepitosa. Ed è, giustamente, il vanto di Sylvia Lur, docente di Flora di questo Lyceum da oltre quindici anni.”
Con un’occhiata lo invitò ad assaggiare la bevanda, bevendo poi un altro sorso che assaporò con soddisfazione. Ares portò esitante il bicchiere alle labbra. Non gli erano mai piaciute le bibite dolciastre con le quali i suoi coetanei si dissetavano profusamente e quindi beveva solo acqua per lo più naturale, solo talvolta gassata.
“Nettare di Melagrana.” ripeté mentalmente reprimendo una smorfia. Immaginava di dover ingollare qualcosa di stucchevolmente zuccheroso, ma per buona educazione si fece forza e sorbì un piccolo sorso. Già al primo assaggio, si dovette ricredere: il Nettare di Sylvia Lur gratificò le sue papille con un corpo inaspettatamente vigoroso senza essere pesante e un aroma fragrante, ma non profumato. Il sapore secco, con una lieve nota appena amarognola alla fine, di un sorso più generoso lo conquistò definitivamente.
“Immagino che ti stia ponendo molti quesiti ...” ipotizzò la Douglass con un accenno di sorriso compiaciuto, vedendolo apprezzare il suo suggerimento. “... a proposito di questo Lyceum o di Lumenalia.” precisò in tono lievemente sostenuto.
Lui comprese che era inutile farle domande sui suoi genitori: l’unica cosa che gli interessasse davvero. Facendo buon viso a cattiva sorte, si informò. “Che cosa ... Quali ... ehm materie insegnate qui?”
“Ti fornirò il programma di studio nel pomeriggio, quando inizieremo l’addestramento.” replicò lei asciutta.
Ares represse un moto di contrarietà. Voleva sapere il più possibile e, non avendo intenzione di perdere quell’opportunità, chiese. “Dove siamo qui? Intendo dire ... Dove si trova questa scuola nel mondo normale? Dal viaggio che ho fatto ieri, direi che siamo nelle Highlands. Siamo a Inverness o più a nord?”
La professoressa alzò un sopracciglio e lui ebbe l’impressione che gli lanciasse un’occhiata soddisfatta.
“Uhm ... Sì, siamo più o meno in zona.” ammise e, dopo qualche istante di silenzio, aggiunse. “Il sito, dove sorge tra l’altro la Domus Horarum, è il Keep. Era il nome stesso del Lyceum fino a quando il Praesidens Danaus Yolhair ne ha assunto la direzione, apportando svariate importanti innovazioni.”
“Ed è grande? Ha detto che c’è anche altro ... Ci sono paesi, magari città ... luoghi abitati da voi ... Lumen?” si interessò, mentre si serviva un’altra porzione di pomodori al gratin.
“Come il Mentor Maximus ti ha spiegato, Lumenalia esiste ovunque nel territorio Opaco. Il Keep è diffusamente presente nell’Highland Council e la cittadina più vicina è Keep-Baile. Avrai modo di conoscere tutti i dettagli, studiando la geografia di Lumenalia.”
Espirò adagio: quella donna cominciava a innervosirlo. Prima gli aveva fatto credere che avrebbe risposto alle sue domande e adesso gli diceva poco o niente.
Leona Douglass si passò con noncuranza le dita sulla fronte spaziosa come a sistemare un invisibile ricciolo ribelle. Lo fissò per un istante con gli occhi castani, resi più penetranti dalle sopracciglia non molto marcate, ma basse, stringendo le labbra rosa poco carnose che si arricciarono, dando al suo viso un’espressione enigmatica. “Magari, gradiresti avere qualche notizia sulla Domus, su come è organizzata ...”
Assentì poco convinto: non era certo in cima alle sue priorità, ma se non poteva avere di meglio, tanto valeva sapere almeno quello.
Anche se fugacemente, per la prima volta Leona sorrise: forse era proprio quello, che voleva dirgli. “L’attività della Domus Horarum, come è facilmente intuibile dal nome che porta, è cadenzata dalle stagioni. Così come l’anno solare è ripartito in quattro periodi, ognuno con caratteristiche peculiari e uniche, con valori propri, altrettanto la scolaresca è suddivisa in quattro Familiae, ciascuna appartenente alla stagione con la quale si identifica. Così abbiamo la Familia Hiems, i cui componenti privilegiano la razionalità, Ver che eccelle nella creatività, la Familia Autumnus che fa della riflessione un punto d’onore, e infine Aestas col cuore oltre ogni ostacolo. Ogni Familia dispone di una propria Casa, ossia un’area di questo edificio riservata ai suoi membri, dove si trovano gli alloggi femminili e maschili, nonché i Soggiorni, ossia le sale di studio, suddivisi per i cinque anni, e il grande Tablinum, dove gli studenti della Familia possono riunirsi tutti insieme.”
Leona fece una pausa e, alla sua espressione interessata, continuò. “A capo di ogni Familia, c’è un Rector, che è sempre un insegnante di questo Lyceum e che ha potere decisionale, per la propria Familia, secondo solo al Praesidens. Certamente, anche gli allievi hanno voce in capitolo. Per ogni anno sono selezionati i due elementi migliori, un maschio e una femmina, che sono deputati a riferire ai Senatores, lo studente e la studentessa più dotati di tutta la Familia che, a loro volta, hanno come referenti i Dapifer.”
Si fermò per un attimo, proseguendo soddisfatta. “I Dapifer, ovviamente una ragazza e un ragazzo, sono prescelti dal Consiglio dei Docenti tra tutti gli allievi che al termine del quarto anno si sono dimostrati non solo i più brillanti nello studio, ma anche quelli che si sono particolarmente distinti, i più meritevoli in assoluto.”
“Ma allora può accadere che ci siano due ... Dapifer di Familiae differenti.” osservò, mentre attaccava la generosa fetta di crostata di pesche che Leona gli aveva servito.
La Magistra piegò la testa di lato, guardandolo con aria piacevolmente sorpresa. “Sì, è esatto. È molto frequente che i Dapifer appartengano a due Familiae diverse. Anzi, a dire il vero, è piuttosto raro che la stessa Familia offra, nello stesso anno, ben due elementi eccellenti.”
“Sono molti? Voglio dire quanti allievi ci sono per ogni anno?”
“La media è di venticinque, massimo trenta, per ogni singola Familia. Il prossimo primo settembre affolleranno questo Lyceum cinquecentottanta studenti dai dodici ai diciassette anni.”
Aggrottando appena le sopracciglia, si accertò. “Come sarebbe ... dodici? Avevo capito che al primo anno accedono i ragazzi di tredici anni.”
“Esatto. Il tredicesimo compleanno deve verificarsi entro il 31 dicembre dell’anno. Di conseguenza, chi compie gli anni dopo il primo settembre inizia il Lyceum quando ha ancora dodici anni.”