Il Bagatto-5

2561 Words
“Lei mi deve dire chi è stato! Porterò questo disgraziato da George e Maggie, dai Waters e anche da Perseus Byron! Lo obbligherò a confessare tutte le sue colpe così ... così ...” Abbassò lo sguardo e la sua voce si affievolì. “Così, anche se non mi vorranno più lo stesso, almeno sapranno che non ho fatto niente di male.” Si sentì travolto da un dispiacere infinito. Yolhair gli rivolse uno sguardo rammaricato. “Capisco come ti senti. Ci sono molte cose che non sai. Devi fidarti di me, se ti dico che non ti farebbe bene saperle tutte ... adesso. Ti prometto che ti dirò ogni cosa, man mano che sarai pronto.” Sospirò, rassegnato e poi, come attraversato da un pensiero improvviso, dubitò perplesso. “Un momento ... Ma lei ... lei come ...” Andò di fronte alla scrivania e puntò uno sguardo di gelo addosso al Praesidens. “Lei come lo sa?” L’uomo rimase in silenzio. “E se lo sapeva, perché non è intervenuto?” lo interrogò, stringendo gli occhi. “Perché non si è fatto avanti per spiegare che non c’entravo niente! Che ero innocente!! PERCHE?! PARLI!” Come tutta risposta, Yolhair si alzò, andò verso un bel tavolino intarsiato alla sua destra, dove troneggiava una splendida composizione floreale, e, dandogli le spalle, armeggiò per pochi istanti. Quando si voltò, aveva in mano un vassoio con due bicchieri e una brocca di cristallo, piena di un liquido ambrato. Il Magister lo appoggiò sulla scrivania, ignorando la sua espressione arrabbiata, riempì i due bicchieri con quello che sembrava tè freddo, gliene porse uno e, prendendo il suo, si accomodò sulla sua ampia e confortevole poltrona rivestita di alcantara bordeaux. “Bevi, ti farà bene.” “Non ho sete. Risponda.” replicò lui, furente. “Siediti e bevi.” lo invitò nuovamente l’altro con calma, prima di sorseggiare la sua bevanda. Ares sentì la rabbia stranamente placarsi. Si sedette adagio, prese meccanicamente il bicchiere, lo portò con mani tremanti alla bocca e bevve. La bibita era fresca e aromatica. Man mano che il liquido scendeva, sentiva rabbia, angoscia e dolore stemperarsi fino a diventare quasi impercettibili. “Tu sei qui per diventare un Bagatto. Così viene definito chi possiede il primo livello di conoscenza dell’Antica Sapienza. Il processo di apprendimento dura cinque anni. Inizierai il terzo anno il prossimo settembre. Hai un mese di tempo per metterti alla pari con gli altri. È importante che tu sia ben preparato, perché alla fine del terzo anno ci sono gli esami di ammissione all’ultimo biennio e, se non li superi a pieni voti, non potrai proseguire. Con le tue capacità, tuttavia, non credo che avrai difficoltà. Inizierai oggi pomeriggio. Avremo modo di parlare ancora in seguito. Per ora è tutto.” Via via che Yolhair parlava, con l’aria più naturale del mondo, lui prima smise di bere, poi appoggiò il bicchiere sulla scrivania e quindi prese a fissarlo come se stesse parlando in una lingua astrusa di cui non capiva una sillaba. Il Praesidens sembrò non accorgersi del suo stupore e gli sorrise, prima di riprendere a bere. Ares si alzò di scatto. Rimase per qualche istante immobile, in piedi, fissandolo irato. Espirò violentemente dalle narici, ficcandosi i pugni nelle tasche dei pantaloni, e andò verso una delle grandi finestre. Guardò fuori senza vedere niente, in silenzio, la mascella pulsante. “Vediamo se ho capito bene.” verificò piano, con voce scossa. “Per quindici anni ho vissuto da orfano, sballottato da una coppia all’altra perché le mie, come le ha chiamate lei, doti spaventavano a morte tutti quelli che pensavano di adottarmi. Per gli ... diciamo incidenti capitati alle ultime due famiglie vengo a sapere, solo un quarto d’ora fa, che si sa che io non c’entro niente, ma nessuno si è degnato di muovere un dito, lasciando che tutti mi credessero un pericoloso spostato. Il fatto che io in questi quindici anni, per quelle che sembrano colpe non mie, abbia avuto una vita ... infelice pare non sia importato a nessuno.” Col fiato corto per l’emozione, fece una pausa, continuando a guardare fuori dalla finestra senza vedere nulla. “Se non fosse stato per quel sant’uomo di Tric ... del Direttore Byron, potevo diventare un delinquente sul serio!” considerò adagio. Prese un rapido respiro e continuò con voce più ferma. “Poi, nel giro di qualche ora, scopro che esiste un mondo speciale, di cui però nessuno sa niente, e che i miei genitori sono davvero morti ... Che hanno sacrificato la loro vita per far fuori un pazzo dittatore criminale. A proposito, visto che vi chiamate Lumen e che, se non ricordo male, siete depositari dell’Antica Saggezza, come me lo spiega che la vostra società non è per niente migliore di quella di noi poveri … com’è che ci chiamate? ... Ah sì ... Opachi? Da quello che mi ha detto, mi sembra che quel vostro ... coso lì ... Belyal possa dar la mano a Hitler ... E non solo a lui.” osservò con durezza, dopo aver girato la testa verso il Magister. Senza aspettare risposta, Ares tornò a guardare oltre i vetri. “Dunque, dicevo, scopro che i miei genitori erano eroi. E questo dovrebbe riempirmi di orgoglio e ...” Si interruppe, da tanto che gli tremava la voce. Si schiarì la gola e riprese. “Ed è così. Peccato, però, che per salvare il mondo ... il vostro mondo, mi abbiano lasciato ... solo ... condannato a … a … quella vita.” Si schiarì di nuovo la voce. “Ma veniamo a noi. Prima mi parla di cose strane, di magia ... Poi, fresco come una rosa, mi dice che devo diventare un qualcosa, un certo tizio che non ricordo più, che in un mese dovrò imparare il programma di due anni ... Chissà di che! ... E che, naturalmente, devo passare gli esami senza fallo, se no chissà cosa succede.” Rimase per qualche momento in silenzio a rimuginare e poi si girò verso l’uomo. “Sa? Fino a stamattina pensavo che questo posto fosse una specie di riformatorio ... Sì, un istituto speciale per ragazzi disadattati.” Yolhair lo guardava impassibile. Ares prese a camminare avanti e indietro. “Ma mi sbagliavo! Mi sbagliavo di grosso! Questo è peggio! Questo è un vero …” Si fermò di botto. Il suo carattere, più che l’educazione impartita alle Esperidi, ebbe il sopravvento sulla sua rabbia. Restò immobile per diversi istanti e poi riprese a camminare energicamente, respirando con vigore. Il viso era pallido, tutti i muscoli contratti, il respiro corto, l’animo travolto da violente emozioni. Per sua natura, ma forse più a causa delle esperienze vissute, Ares non si lasciava mai andare e, men che meno, esternava i suoi sentimenti. Le sue reazioni alle difficoltà e contrarietà della vita si consumavano sempre dentro di lui, limitandosi a palesare il suo malumore isolandosi in un cupo mutismo, o in casi estremi, con qualche breve sfuriata. Un tumulto di pensieri confusi cozzavano senza sosta nella sua mente. Aprì e chiuse più volte i pugni nelle tasche, serrando la mascella contemporaneamente, senza riuscire a calmarsi. Poi, girandosi verso il Magister, rimarcò in tono gelido, lanciandogli uno sguardo furente. “Così qui fate ... magie.” Il viso del Praesidens non ebbe alcuna reazione. Lui tirò fuori le mani dalle tasche e le portò in alto, agitando le dita in aria, come a parodiare i gesti impiegati dai prestigiatori. “Cos’è? Usate la bacchetta o dite abracadabra?” appurò con sarcasmo. “O leggete il futuro? Cosa usate? Le palle di vetro?” Il Magister continuò a restare impassibile. “E lei chi sarebbe? Mago Merlino?” “Giovanotto!” Fu sufficiente lo sguardo autorevole per rimetterlo al suo posto. “Mi scusi, non volevo offendere ... È che ... sono … sono ...” si rammaricò a mezza voce, rimettendosi a sedere affranto. “Sì, lo so.” rispose Yolhair con un sorriso rassicurante, ma in tono afflitto. Ares si curvò in avanti, le braccia abbandonate in grembo e la testa piegata, e si mise a fissare un curioso disegno del parquet. Il Magister si tolse adagio gli occhiali con entrambe le mani, li appoggiò sulla scrivania e si passò le dita sulla fronte, mormorando. “È tardi ... Troppo tardi.” Un bisbiglio melodioso si librò nell’aria. Una flautata voce femminile sussurrò appena udibile. “No ... Siamo ancora in tempo. Abbi fiducia.” L’anziano docente accennò un lieve assenso. Guardò Ares che, assorto nella sua angoscia, non dava segno di aver sentito nulla, e poi si alzò. Gli andò accanto e si sedette nella poltroncina accanto alla sua. “So cosa provi. Ti senti frastornato, fuori posto ... Anche se ...” Gli mise una mano sulla spalla. “Vorresti fidarti, ma non sai ancora se puoi farlo. So quante speranze sono andate deluse.” Lui continuò a guardare in basso. Ebbe l’impressione di vedere i fregi del pavimento muoversi e formare una faccia tonda che gli sorrideva, ma forse era uno scherzo giocato da inopportune lacrime, che scacciò sbattendo le palpebre. “Non sei obbligato a rimanere, Ares.” Lui girò la testa, rivolgendogli uno sguardo sorpreso. “Puoi tornare alle Esperidi, se preferisci. Nessuno vuole che tu faccia niente contro la tua volontà. Non sarebbe giusto ... E nemmeno servirebbe.” aggiunse come tra sé e sé. “Questa non è una punizione: è un’opportunità che ti viene offerta.” Ares lo fissò, aggrottando le sopracciglia. “Ascolta. Capisco che tu voglia saperne di più. Da quel che ti conosco, tu sei il tipo che vuole sapere il perché delle cose. Non sempre, però, conoscere tutto è un bene. È per questo che è importante la fiducia. La fiducia in qualcuno che ha a cuore il tuo benessere, oltre che il tuo futuro.” Continuò a fissarlo in silenzio. “Sono d’accordo con te, tuttavia, che la fiducia bisogna guadagnarsela. E io non ho ancora fatto nulla per meritarmi la tua.” Lui distese leggermente le sopracciglia e i tratti del viso, mantenendo un’espressione interrogativa. Yolhair prese un profondo respiro, allontanandosi da lui e appoggiandosi allo schienale della sua poltroncina. “Va bene. Sarò io a fidarmi di te, dicendoti qualcosa prima del tempo.” Ares si rilassò un poco, pur sempre teso a sapere. Appoggiando i gomiti ai braccioli, l’uomo alzò le mani verso il viso e, unendo le punte delle lunghe dita, prese a dire in tono pacato, quasi sommesso. “Ti ho già detto che l’Antica Sapienza, ciò che nel Mondo Opaco è conosciuto come Magia, è il dominio sulla materia. Il potere di chi governa l’energia.” Ares annuì. “Ma la Magia, se volta al Male, può essere anche la sovranità sulla volontà altrui. Piante e animali di ogni specie possono essere piegati al volere di chi possiede certi poteri, così come tutti gli altri esseri viventi ... umani e non. Prima ti sei, giustamente interrogato come fosse possibile che qui, da noi, potesse esserci tanta ... malvagità. Lumenalia non è un’oasi di pace, non è Utopia. I Lumen non sono perfetti. E sono ben lungi dall’essere tutti ... buoni. Essere depositari dell’Antica Sapienza, e ahimè non Saggezza, non ci mette al riparo dalle debolezze umane. Anzi ...” “Non capisco.” osservò lui, accigliandosi. “Pensavo che più uno sa, più è ... come dire ... bravo. Voglio dire, una brava persona.” “Oh, no. La conoscenza non va di pari passo con la crescita morale, con l’etica. La verità è che maggiore è la conoscenza, più grande è il potere e maggiori sono le responsabilità.” Il Magister lo lasciò riflettere per qualche minuto prima di proseguire. “So che, anche se non ti piace, conosci la storia. E, quindi, non puoi pensare che tutti i vari tiranni e dittatori fossero tali in quanto ignoranti, no?” Con un’espressione eloquente riconobbe, anche se non entusiasta, che aveva ragione. “Ma allora?” “Allora, assieme al Sapere bisogna coltivare la Luce. Tu sei qui per questo.” Ares lo fissò intensamente e poi verificò. “Perché ora?” “Perché è giunto il momento per te di essere ... pronto.” “Pronto per cosa?” “Ascolta, Ares, si stanno avvicinando tempi ... difficili. Forse più rapidamente di quanto pensiamo.” Lui rimase per un po’ in silenzio e l’altro attese paziente. “Continuo a non capire perché io ... Perché sono qui ... E adesso.” ammise a mezza voce, titubante. Il Praesidens gli passò un braccio attorno alle spalle, con gesto paterno. “Non puoi pretendere di comprendere tutto adesso. Concediti un po’ di tempo e ... accordami un po’ di fiducia.” Ares non disse nulla. “Facciamo così: segui le lezioni di recupero, così almeno saprai cosa si fa qui. Chissà, potrebbe anche piacerti. Comunque, avrai qualche elemento in più per fare la tua scelta. Prima che inizi l’anno scolastico, deciderai in piena libertà. D’accordo?” Rifletté per qualche istante e poi annuì. “Bene!” esclamò Yolhair con entusiasmo alzandosi, subito imitato da Ares, e aggiungendo in tono allegro. “Perbacco, è già mezzogiorno! Avrai fame.” Lui si passò una mano sullo stomaco, che gorgogliando confermava l’intuizione del Magister, e assentì. “Ottimo. Mi piacerebbe farti compagnia, ma purtroppo ho qualche cosettina da fare prima di poter pranzare. Se non ti va di mangiare da solo, ti affiderò a una persona che è ansiosa di fare la tua conoscenza e che sarà la tua guida per ... agosto.“ Non sapendo bene cosa dire, Ares tacque. Il Praesidens interpretò il suo silenzio come un consenso e sorrise soddisfatto. “Molto bene.” Si guardò poi velocemente attorno, annunciando con voce gaia. “Libertà ragazzi.” Ares sentì distintamente diversi sospiri di sollievo, qualche sbadiglio, un colpo di tosse. Sembrava che nel salone ci fossero almeno una decina di persone invisibili. Quando il mappamondo più grande si mise a zampettare, cominciò a credere di avere le traveggole. “Alla buonora.” borbottò una voce cavernosa, attirando il suo interesse verso il punto da dove sembrava provenire. Sgranò gli occhi nel vedere la ribalta dello scrittoio in mogano alzarsi e abbassarsi da sola. Subito, la sua attenzione fu distolta da una sonnacchiosa voce femminile, che replicava al lato opposto. “Aaah io, invece, mi sono fatta proprio una bella dormita.” E vide gli anelli della sfera armillare più piccola ruotare sempre più vorticosamente. Guardò stupefatto verso il Magister che lo rassicurò con dolcezza. “Oh, non ti preoccupare. Ti ci abituerai. Vieni, è ora che tu vada a pranzo.” Allungò il braccio e, prendendolo per le spalle, lo accompagnò verso la breve scala che portava al vestibolo. Lui si guardò in giro confuso e poi si lasciò condurre via. Quando furono sulla soglia, rivolse al Praesidens uno sguardo implorante, chiedendo con voce malferma. “Può ... può, per favore, dire al Direttore, al Professor Perseus Byron che ... che non sono ... cattivo?” Yolhair sorrise benevolo e assentì. “Senz’altro. Se lo gradisci, potrai metterlo al corrente tu stesso dei tuoi ... progressi.” Ares gli sorrise grato. Era da molto tempo che non aveva avuto motivo di sorridere. Ed era un peccato.
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