Non un grido era stato emesso. Il dramma non era durato più di trenta secondi.
Quando le vittime persero i sensi, gli strangolatori finirono di metterle fuori combattimento. Il piano era stato studiato minuziosamente. Nulla andò storto. Non vi fu nessuna esitazione. Dalle tasche uscirono all’unisono gli arnesi necessari.Anche a costo di uccidere le vittime per asfissia, le bocche furono riempite di bambagia e imbavagliate. Insieme furono ammanettati con le braccia dietro la schiena, i piedi legati strettamente, i corpi bloccati da più giri di un sottile cavo d’acciaio.
Tutti terminarono il lavoro nel medesimo istante. Con un solo movimento, i cinque assalitori si raddrizzarono.
«Giù la serranda!» ordinò quello che aveva chiesto di parlare al direttore dell’agenzia e che sembrava comandasse gli altri.
Tre dei banditi corsero a mettere in movimento le manovelle delle saracinesche di ferro, che cominciarono a scendere attenuando progressivamente i rumori che venivano dall’esterno.
L’operazione era per metà compiuta quando, a un tratto, il campanello del telefono squillò.
«Fermi!» ordinò il capo della banda. La serranda si fermò nella sua corsa discendente, l’uomo si avvicinò all’apparecchio e staccò il ricevitore. Iniziò la seguente conversazione, di cui soltanto la metà giungeva all’orecchio dei quattro strangolatori, adesso inattivi.
«Pronto?»
«Pronto.»
«Siete voi, Buxton?»
«Sì.»
«È curioso… Non riconosco la vostra voce.»
«È il telefono che ronza.»
«Non il nostro, però.»
«Qui sì. Neppure io riconosco la vostra voce.»
«Mr. Lasone.»
«Ah! Benissimo, benissimo! Adesso la riconosco.»
«Dite, Buxton, la carrozza è passata?»
«Non ancora» assicurò il bandito, dopo breve esitazione.
«Quando verrà, dite al cocchiere di ritornare all’agenzia s. Mi telefonano ora che lì è stato ricevuto un versamento importante dopo la chiusura e la partenza dell’incasso.»
«È grossa la somma?»
«Abbastanza. Circa ventimila sterline.»
«Diamine!»
«Mi farete questo piacere? Posso contare su di voi?»
«Contate su di me!»
«Buonasera, Buxton.»
«Buonasera!»
Il bandito riappese il ricevitore e per un momento rimase immobile, pensieroso. A un tratto, prese la sua decisione, e riunendo i suoi complici attorno a sé: «Si tratta di fare bene le cose, compagni» disse loro, cominciando a spogliarsi febbrilmente. «Avanti! Datemi i panni di quell’uomo!». Con il dito accennava a Store, sempre privo di sensi.
In un batter d’occhio, il cassiere fu spogliato dei suoi abiti che subito l’aggressore indossò, per quanto fossero un po’ stretti per la sua corporatura. Trovate in una delle tasche le chiavi della cassa, aprì prima la cabina, poi la cassaforte da cui furono estratti i sacchi con gli spiccioli, la borsa con il contante e le mazzette di banconote.
Aveva appena terminato, quando si udì una carrozza fermarsi davanti al marciapiede. Quasi subito bussarono ai vetri della porta, coperta in parte dalla saracinesca di ferro.
«Attenti!» disse rapidamente il capo di quella banda di strangolatori, accompagnando le sue parole con dei gesti espressivi. «Via i cappotti, mostrate i vostri abiti, ai vostri posti… e occhio, mi raccomando… non lasciatevi scappare il primo che entra! Ma senza fare rumore! Poi, porta chiusa e non aprite che a me!»
Carico della grossa cartella e di parecchi fasci di titoli, mentre parlava si era avvicinato all’uscio; intanto, a un suo cenno, tre dei complici si sedettero al posto degli impiegati, spinti con un calcio sotto il banco, e il quarto si appostò presso l’ingresso. Il capo aprì la porta con mano ferma. Il frastuono della strada sembrò crescere improvvisamente.
Una vettura per le consegne si era infatti fermata davanti all’agenzia. Nel buio della sera si vedevano brillare i suoi fanali. Il cocchiere, rimasto a cassetta, parlava con un uomo in piedi sul bordo del marciapiede.
Quell’uomo che aveva bussato alla porta qualche minuto prima era un funzionario della Central Bank.
Senza affrettarsi, evitando i passanti che transitavano in file interminabili, l’audace bandito attraversò il marciapiede e si avvicinò alla vettura.
«Salve!» disse.
«Salve!» risposero i due uomini.
Il cocchiere, dopo aver guardato colui che lo interpellava, parve stupito.
«Toh! Non siete Store!» esclamò.
«È il suo giorno di riposo… lo sostituisco io…» spiegò il finto cassiere.
Poi, rivolgendosi al funzionario in piedi accanto a lui: «Oh, amico, datemi una mano…».
«Per far cosa?»
«Per uno dei nostri sacchi. Abbiamo ricevuto molta valuta oggi. È pesante.»
«Purtroppo» disse quello esitando «mi è proibito lasciare la vettura…»
«Via, per un momento… D’altronde vi sostituisco io… uno dei miei impiegati vi aiuterà, mentre io deporrò la cartella e i titoli nella carrozza.»
Il funzionario si allontanò senza insistere oltre e varcò la porta che si richiuse dietro di lui.
«A noi, amico!» diceva frattanto al cocchiere il sostituto di Store. «Apri.»
«Vengo!» disse il cocchiere.
Siccome il cassone del veicolo non aveva nessuna apertura né sul lato posteriore né sui fianchi, l’unico varco consisteva in una porticina metallica a due battenti posta dietro il sedile del conducente. In tal modo, i rischi di furto erano ridotti al minimo.
Per penetrare nella vettura, bisognava dunque necessariamente ribaltare la panchetta del cocchiere, di cui una metà era stata resa mobile a questo scopo. Visto che si trattava di collocare soltanto qualche pacchetto in uno degli scompartimenti all’interno, collocati nella fiancata del veicolo, il cocchiere giudicò superfluo fare questo lavoro e si accontentò di scostarsi leggermente.
«Datemi la cartella» disse.
Quando ebbe ricevuto ciò che chiedeva, il cocchiere, mezzo sdraiato sulla panchetta, scomparve fino a mezza vita nell’interno della carrozza, mentre all’esterno le sue gambe facevano da contrappeso. In quella posizione non poté vedere il suo sedicente collega salire sul predellino e poi, da lì, a cassetta, e chinarsi in modo da allontanare le redini. A ridosso del cocchiere disteso il falso cassiere, quasi fosse curioso di vedere ciò che conteneva il veicolo, si introdusse a sua volta con la parte superiore del corpo e, a un tratto, il suo braccio colpì violentemente nell’ombra.
Se qualcuno dei numerosi passanti che circolavano avesse avuto l’idea di guardare da vicino in quel momento, avrebbe visto le gambe del cocchiere irrigidirsi in modo tanto improvviso quanto strano, poi ricadere inerti sul pavimento del sedile, mentre il busto si piegava dall’altra parte della panchetta.
Allora, rapidamente, l’uomo afferrò alla cintola quel corpo inerte e lo mandò in mezzo ai sacchi e ai pacchetti che riempivano l’interno della vettura.
Questa sequenza di atti, eseguiti con precisione e audacia meravigliosa, aveva richiesto solo qualche istante. I passanti continuavano a girare tranquillamente, senza sospettare affatto gli anomali avvenimenti che si succedevano, così vicino a loro, in mezzo alla folla.
L’uomo si chinò ancor più verso l’interno del veicolo, in modo da non essere abbagliato dalle luci della via, e guardò nell’interno. Sul pavimento, in mezzo a una pozza di sangue che s’ingrandiva a vista d’occhio, giaceva il cocchiere, con un coltello conficcato alla base del cranio, in quel prolungamento del midollo spinale che ha ricevuto i diversi nomi di bulbo, cervelletto, nodo vitale. Non si muoveva più. La morte era stata fulminea.
L’assassino, temendo che il sangue finisse con l’attraversare il pavimento della carrozza e colasse sulla strada, scavalcò il sedile, s’introdusse tutto intero nel veicolo e spogliò il morto della sua palandrana di panno. Se ne servì per tamponare l’orribile ferita; poi, dopo aver estratto il coltello e averlo accuratamente asciugato insieme alle mani insanguinate, richiuse le porte metalliche, sicuro che il sangue, se anche fosse continuato a colare, sarebbe stato assorbito dalla lana come da una spugna.
Presa quella precauzione, discese dalla vettura, attraversò il marciapiede e bussò in modo speciale alla porta dell’agenzia, che venne subito aperta poi richiusa.
«L’uomo?» domandò entrando.
Gli fu mostrato il banco.
«Con gli altri. Legato.»
«Bene! I suoi abiti! Presto!»
Mentre ci si affrettava a obbedirgli, si toglieva gli abiti del cassiere Store e li sostituiva con quelli del riscuotitore: «Due uomini rimarranno qui» ordinò, mentre procedeva a questa trasformazione. «Gli altri con me per sgombrare la carrozza.»
Senza aspettare risposta, riaprì la porta, uscì, seguito dai due compagni, risalì a cassetta e si introdusse all’interno del veicolo, di cui cominciò il saccheggio.
Passava i pacchi l’uno dopo l’altro ai suoi complici, che li trasportavano nell’agenzia. La porta di questa, rimasta spalancata, lasciava sfuggire un quadrato di vivida luce sul marciapiede. I passanti, venendo dall’oscurità relativa della strada per ritornarvi subito, attraversavano senza badarvi quella zona più luminosa. Nulla li avrebbe trattenuti dall’entrare. Ma quell’idea non veniva a nessuno e la folla passava, indifferente a un’operazione che non la riguardava e che nulla autorizzava a sospettare.
In cinque minuti la carrozza fu svuotata. Chiusa la porta, si procedette alla scelta. I valori, azioni o obbligazioni, furono messi da una parte; il denaro, dall’altra. I primi, respinti senza cura, andarono a giacere sul pavimento. Dei biglietti di banca si fecero cinque parti e ognuno ne prese una, con cui si imbottì il petto.
«E i sacchi?» domandò uno dei banditi.
«Riempitevene le tasche» rispose il capo «quello che avanzerà, nella vettura… me ne incarico io.»
«Un momento!» esclamò poi. «Facciamo le cose per bene! Quando io me ne sarò andato, voi rientrerete qui e finirete di abbassare la saracinesca. Poi» spiegò indicando il corridoio che si apriva in fondo alla stanza «uscirete da lì. L’ultimo chiuderà a doppia mandata e getterà la chiave nella fogna. In fondo c’è il vestibolo e il resto lo conoscete.»
Con il dito indicò l’ufficio del direttore.
«Non dimenticate quello là… sapete, vero, ciò che è stato deciso?»
«Sì, sì» gli risposero. «Sta’ tranquillo!»
Al momento di andarsene, si fermò ancora.
«Diavolo!» disse. «Non pensavo più all’obiettivo principale! Ci deve essere qui un elenco delle altre agenzie…»
Gli mostrarono, affisso all’interno della vetrina, un avviso giallo che dava quell’informazione. Lo passò in rassegna.
«In quanto ai soprabiti» disse loro, quando ebbe trovato l’indirizzo dell’agenzia s «gettateli in un angolo… li trovino pure… l’importante è che non li vedano addosso a noi. Appuntamento dove sapete… Avanti!»
Quanto era avanzato di sacchi d’oro e d’argento fu trasportato nella vettura.
«C’è altro?» domandò uno dei portatori.
Il capo rifletté, poi colpito da un’idea improvvisa: «No, diavolo! E i miei vestiti?».
L’altro partì correndo, per tornare subito con gli abiti che erano stati sostituiti da quelli del cassiere Store e che gettò al volo all’interno del veicolo.
«Adesso c’è tutto?»
«Sì… e mi raccomando, non andate per le lunghe!»
Stavano già obbedendo.
L’uomo scomparve nell’agenzia e la saracinesca di ferro finì di scendere.
Frattanto il cocchiere improvvisato afferrava le redini e spronava i cavalli con un colpo di frusta. La carrozza traballò, risalì Old Broad Street, girò in Throgmorton Street, seguì Lothburg Street, poi Gresham Street, voltò in Aldergate Street e si fermò, finalmente, davanti all’agenzia s, al numero 29 di quest’ultima via.
Il falso funzionario vi entrò arditamente e si diresse verso la cassa.
«Pare che abbiate un plico da consegnarmi…» disse.
Il cassiere alzò gli occhi su quello che lo interpellava.
«Toh!» esclamò. «Non siete Baudruc!»
«No davvero» ammise l’altro, con una grossa risata.
«Non capisco come la sede centrale mandi in tal modo della gente che non si conosce!» brontolò il cassiere.
«È perché di solito non faccio questo quartiere. È stato all’agenzia b che mi hanno detto di passare qui, in seguito a una telefonata della sede principale. A quanto sembra, avete avuto un grosso versamento dopo la chiusura.»
Aveva trovato lì per lì quella risposta plausibile, poiché aveva ancora ben in mente la lista delle agenzie della Central Bank.
«Sì…» riconobbe il cassiere, malgrado tutto sospettoso. «Non conta, mi secca di non conoscervi.»
«Che cosa può importarvene?» ribatté l’altro, stupito.
«Ci sono tanti ladri! Ma, alla fin fine, c’è un mezzo di accomodare ogni cosa. Suppongo che abbiate con voi la vostra commissione?»
Se qualcosa poteva turbare il bandito, era proprio una domanda come quella. Come avrebbe potuto avere la sua commissione? Non capiva neppure cosa potesse significare quell’espressione. Tuttavia non si lasciò prendere dal panico. Quando si arrischiano dei colpi di quel genere, bisogna avere delle qualità speciali; soprattutto un assoluto sangue freddo. Quella dote il falso funzionario della Central Bank la possedeva al massimo grado. Se, dunque, fu turbato udendo la domanda che gli veniva rivolta all’improvviso, nulla ne lasciò trasparire e, con il tono più naturale del mondo, rispose: «Diamine! Si capisce!».