La prima settimana di lavoro è passata, e finalmente c'è il weekend, dove posso dormire fino a tardi.
Le chiamano vacanze e poi ti danno una marea di compiti, devi lavorare perché sei sfigata, rischi di perdere un polmone dopo dieci metri di camminata a causa del caldo e il mare te lo sogni perché i tuoi genitori preferiscono la montagna. E in ogni caso rimarrei più bianca di una mozzarellina. Evviva l'albinismo.
Quando mi sveglio noto che sono solo le dieci del mattino. Troppo presto per i miei standard, ma sono stata svegliata da delle urla, che spero siano di mia madre, perché se fossero di mio padre, per urlare in quel modo avrebbero dovuto chiudergli le palle in un cassetto, e spero per lui che non sia così.
Scendo dal letto e metto le mie ciabatte a forma di panda, che assomigliano un po' a quelle cover giganti in silicone per il cellulare, e inizio a scendere in cucina.
Peccato che su un gradino c'è un calzino di cui mi accorgo troppo tardi, ed ecco che ci scivolo sopra e inizio a cadere rovinosamente giù per le scale, rotolando.
E poi quando dico che sono perseguitata dalla sfiga la gente mi dice che è tutto nella mia testa e che tutti, a volte, sono un po' sfortunati.
Sfortunati sto cazzo, devo chiamare un vero e proprio esorcista per cacciare via la sfiga. Altrimenti sarà la mia di testa a girare di trecentosessanta gradi.
Appena arrivo alla fine delle scale i miei genitori mi guardano sconcertati.
Sorrido e scuoto una mano in aria per salutarli. «Buongiorno gente.»
Mi rialzo in piedi e vado a sedermi sulla mia solita sedia, dove nessuno può sedersi eccetto me. Come il mio solito posto sul divano.
Sì, spesso la gente mi chiede se sono la sorella di Sheldon Cooper di "The Big Bang Theory".
I miei genitori sorridono, felici per qualcosa a me ignoto.
«Stai per avere un bambino» dice mia madre. Poi si rende conto di ciò che ha detto e si corregge. «Cioè io sto per avere un bambino. Tu stai per avere un fratellino. O una sorellina.»
Ignoro momentaneamente quello che ha detto, e decido di farle venire un infarto. «E tu come fai a sapere che sto per avere un bambino?» Rido mentalmente.
Mio padre strabuzza gli occhi. «Tu cosa?» chiede visibilmente scosso.
Decido di continuare a prenderli in giro ancora un po'.
Sì, e poi moriranno di infarto.
«Sono incinta!» esclamo.
Mia madre è confusa. «Ma non sei un po' troppo giovane?»
«E tu non sei un po' troppo vecchia?» ribatto.
Mio padre mi guarda male. «Tua madre ha solo quarant'anni. Io quarantadue. Tu appena diciotto.»
Mia madre si agita sulla sedia. «Okay, niente panico, ci possiamo trasferire per un anno in Amazzonia, così nessuno ci verrà a trovare e non c'è il rischio di incontrare qualcuno che conosciamo, e poi dopo che hai partorito diciamo a tutti che sono due gemelli e che sono miei, così tu puoi continuare la tua vita tranquilla.»
Sorrido. «E se io fossi pronta a diventare madre?»
Entrambi i miei genitori impallidiscono.
Mio padre prende parola. «Hai diciotto anni e sei appena caduta dalle scale. Mi immagino cosa combineresti con un bambino in braccio. Quella povera creatura avrebbe i giorni contati.»
A quel punto scoppio a ridere. «Rilassatevi, non sono incinta, vi stavo prendendo in giro.»
Tirano entrambi un sospiro di sollievo.
«Tornando sull'argomento principale» inizia mia madre, «Sono incinta!» e batte le mani contenta.
«Oddio, quindi volete traumatizzare un'altra creatura innocente» dico teatralmente. Mi porto una mano sulla fronte e simulo uno svenimento.
Mio padre mi tira uno scappellotto. «Magari finalmente avremo un figlio intelligente.»
«Uch, questa fa male!» esclamo.
Poi rifletto su una cosa e mi giro verso mia madre. «Ma una settimana fa non avevi mica il ciclo?» chiedo, confusa.
Ora anche mio padre si gira verso di lei confuso. «Si infatti tesoro, è impossibile.»
Mia madre fa un sorriso innocente. «Oh, beh, sì, non avevo il ciclo ma voglia di dolci, così ho detto di averlo per creare terrore e farti correre al supermercato per farne una scorta. Scusa amore.»
Ci sono dei minuti di silenzio, in cui rifletto.
Diventerò una sorella maggiore. Io, che a diciotto anni faccio cadere quadri, sono perseguitata dalla sfiga e cado dalle scale, sto per diventare una sorella maggiore, un punto di riferimento per il bambino o la bambina che verrà.
Come direbbe Mason in Teen Wolf: intenso.
Già ho paura per quando mamma e papà mi chiederanno di tenere il bebè al pomeriggio mentre loro lavorano, mi immagino che mi faranno cambiare i pannolini, dovrò dargli la pappa, e farlo dormire.
Oddio, che incubo.
I primi mesi urlerà e piangerà sempre, soprattutto di notte.
Non ce la posso fare.
Gli ficcherò il ciuccio in bocca e via. Magari con un goccio di sonnifero sopra.
Poi mi viene in mente una cosa e alzo di scatto la testa. «Non avete concepito il bambino o la bambina mentre io ero nella mia camera, vero?!»
Ho paura della risposta.
Molta paura.
«Oh no no, non ti preoccupare» mi dice mio padre.
Mia madre sorride. «Eri in bagno a farti la doccia.»
«E sapevamo che ci avresti impiegato tanto tempo» continua mio papà, che presto non sarà solo il mio.
«Ed era tanto che non ci dedicavamo, come dire, a certe attività di coppia, se capisci cosa voglio dire» ammicca mia madre.
Faccio una faccia disgustata. «Oddio! Ditemi almeno che non l'avete fatto sul divano.»
Mia madre mi guarda male. «Ma per chi ci hai preso? L'abbiamo concepito in camera nostra il bambino!» esclama, chiaramente indignata.
Mio padre fa un sorrisetto di chi la sa lunga. «Sul divano l'abbiamo fatto la settimana scorsa, quando sei andata a dormire da Carly. E l'abbiamo fatto anche nella doccia. E nel-»
Interrompo subito il suo discorso. «E stop! Questo discorso finisce qui!»
Mi alzo dalla sedia pronta ad andarmene. «Darò fuoco a questa casa. Questa è una promessa!» agito un pugno in aria.
Inizio a salire le scale per ritornare nella mia cameretta.
«L'abbiamo fatto anche sul tavolo della cucina, se ti interessa!» Le urla di mio madre mi raggiungono forti e chiare.
Non mi laverò più in questa casa.
E non mangerò più in cucina.
E non mi metterò mai più sul divano. Addio posti fissi alla Sheldon Cooper.
Faccio prima a trasferirmi da qualche altra parte. Magari a casa di Carly. Tanto i suoi genitori mi adorano.