Prima di tornare a casa mi fermo al piccolo supermercato distante un paio di isolati da dove abito.
Appena entro, l'aria condizionata mi colpisce in pieno, e mi sembra quasi di stare al polo nord.
Va bene l'estate, il caldo e tutto quanto, ma congelare un supermercato quando siamo a mala pena a metà giugno, non è esagerato? E quando sarà agosto cosa faranno? Tenteranno il suicidio per "cal-depressione"?
Non prendo neanche un carrello, perché tanto devo prendere solo una cosa, e mi dirigo dove ci sono i congelatori. Ho intenzione di comprare del gelato.
I miei genitori adorano il gelato.
Penso un attimo a che gusti posso prendere. Il gusto preferito di mio padre è cookie, mentre quello di mia madre è menta. Prendo una vaschetta per ogni gusto, e già che ci sono ne approfitto per prendere anche il mio gusto preferito: cocco. Vado alla cassa e p**o, poi chiedo una di quelle buste frigo, per evitare che i gelati diventino frappé durante il tragitto.
Esco dal supermercato e torno a casa. Apro la porta per poi richiuderla una volta entrata, e appoggio le chiavi sul tavolino accanto alla porta.
Nessuna traccia dei miei genitori.
Porto le vaschette di gelato in cucina e le metto nel freezer. Poi vado in camera, chiudo la porta e tolgo le scarpe. Vado davanti allo specchio e mi siedo a gambe incrociate per terra.
Ho intenzione di provare il discorso da fare ai miei genitori. Almeno quando sarò davanti a loro non inizierò a parlare di qualsiasi cosa mi passi per la testa.
Prendo un profondo respiro e inizio a parlare con il mio riflesso, come se potesse prendere vita all'improvviso e dirmi "ottimo discorso. I tuoi genitori non ti metteranno in punizione così".
Come no.
«Allora... come potrei iniziare?» Mi gratto il mento. «Mamma, papà, sono nei guai». No, così non posso iniziare. «Mamma, papà, avete presente il tatuaggio che volevo fare? Beh, mamma, papà mi ha dato i soldi perché io l'ho ricattato, così sono andata dal tatuatore, ma quando sono entrata e ho chiuso la porta è caduto il quadro preferito del proprietario». Rifletto un attimo su ciò che ho detto.
«Beh, potrei dire che il tatuaggio l'ho fatto lo stesso, così io mi tengo i soldi e nel mentre faccio un disegno con il pennarello nero e lo spaccio per il mio "nuovo tatuaggio"», rifletto ad alta voce.
Qualcuno si schiarisce la voce dietro di me. «Tu non ti terrai i miei soldi.»
I miei genitori hanno aperto la porta della mia camera e sono in piedi all'entrata. Fantastico.
Mia madre mi guarda confusa. «Cosa vuol dire che hai fatto cadere il quadro preferito del proprietario?» Si massaggia le tempie con gli indici.
«Dobbiamo per caso attaccarti un foglio sulla schiena con scritto "lontani da questa ragazza, porta iella"?!»
Mio padre sospira. «Facciamo così, ora tu ci racconterai cosa è successo. Ma prima scendiamo e mangiamo il gelato che hai comprato» e sparisce.
A sentire l'ultima frase gli occhi di mia madre si illuminano, e poi segue subito l'uomo che ha sposato.
Quei due vanno matti per il gelato. Sono un fottuto genio.
Ritorno pure io in cucina. Mi siedo sul tavolo e apro la vaschetta al cocco. Ne mangio un po' e poi passo la vaschetta a mio padre. Quella che aveva lui prima la passa a mia madre. E quella che aveva lei la passa a me. E facciamo la stessa cosa per un po' di volte. La nostra tradizione gelato funziona così.
Mentre mio padre continua a mangiare, mia madre prende parola. «Allora Brianna, perché non ci dici come è andata?»
Prendo un profondo respiro e poi racconto come è andata. «Sono entrata nel negozio, e appena ho chiuso la porta è caduto un quadro. Dopo un momento di silenzio quello che credo sia il proprietario del negozio mi ha portata nel suo ufficio. Mi ha detto che il quadro che è caduto era di valore dato che la cornice era in oro.» Prendo una cucchiaiata del gelato alla menta, e poi si ripete il giro in cui ci passiamo le vaschette.
«Mi ha dato due possibilità. O pagavo subito i danni, o lavoravo in quel negozio con una parte di stipendio trattenuta ogni mese per ripagare i danni. Ho scelto la seconda opzione, e il proprietario ha detto che inizio lunedì.»
Mio padre mi guarda incredulo. «Fammi capire... tu hai chiuso la porta, e a caso è caduto un quadro, il preferito del proprietario, ed era anche di valore...» Fa una piccola pausa. «Cazzo Brianna, non scherzi quando dici che la sfiga ti perseguita. Partendo dal fatto che sei nata il 29 febbraio». E scoppia a ridere insieme a mia madre.
Ma grazie, ridete delle mie disgrazie.
Ho fatto pure il gioco di parole.
Poi si arrestano di colpo. Mia madre mi guarda incredula. «Un momento... tu hai scelto di lavorare a tempo indeterminato al posto di pagare subito? Merda, stai davvero diventando responsabile e matura.» Impallidisce.
Sgrano gli occhi mentre mio padre la tiene.
Abbiamo avuto lo stesso pensiero. Era talmente pallida che ho temuto che stesse per svenire.
Di certo non gli dirò quanto avrei dovuto pagare. A mia madre sarebbe venuto un infarto. Meglio lavorare, al posto di chiedere una somma del genere.
Fottuta cornice in oro.
Chiudo la vaschetta di gelato. La rimetto nel congelatore e poi torno a guardarli.
«Beh, scappare in Messico non era un'opzione.»
I miei genitori si guardano in faccia, e dopo un momento mio padre le parla.
«Kate, tesoro, la mettiamo in punizione o no?» Mi guarda per un momento. «Di solito non si prende mai le sue responsabilità, quindi la punizione è la cosa più ovvia. Ma... adesso? Che si fa?»
Mia madre riflette un attimo, poi parla. «Beh, Christopher, io direi che per questa volta, solo perché ha fatto la ragazza matura, direi di non fare niente. E pensa al lato positivo. Passeremo mesi senza vederla in casa per la maggior parte della giornata, e questo succederà cinque giorni su sette.»
«Sarà un sogno che si avvera» risponde mio padre con aria sognante.
Oh Gesù, ma come siamo messi in 'sta famiglia?
Li guardo un'ultima volta. «Vabbè, si sa che le vostre giornate senza di me saranno vuote. Addio, babbani.» Me ne vado in camera.
Almeno l'hanno presa bene.