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Lars
La donna non aveva alcun potere contro di me o il mio compagno, le sue braccia fragili strette nel nostro pugno. Continuava a inciampare, ed io dovetti tenerla in piedi più di una volta, la mia espressione seria e arrabbiata e gli occhi puntati al castello. Chi era questa donna, e come aveva fatto ad arrivare così vicina alla nostra fortezza?
Calmati, Lars, mi disse Ivar dentro la mia testa. Non è una minaccia.
Quasi ringhiai in risposta. Il mio compagno riusciva a parlare dentro la mia testa; un regalo lasciatogli alla nascita dalla madre, che era una strega. Io non possedevo quella stessa abilità.
Quando la donna inciampò un’altra volta, il suo profumo mi si schiantò addosso. Respirai profondamente, godendomi quell’odore pregiato.
Ora capivo perché Ivar aveva preso d’un tratto a comportarsi in maniera strana. Aveva sentito l’odore della donna prima di me, e aveva aspettato che lo sentissi anch’io. Odiavo quanto mi teneva nascoste le cose.
Ti chiedo scusa, fratello. Non ero certo di sapere cos’avessi sentito. Non volevo offenderti.
Quella sua educazione mi fece venire soltanto più voglia di ringhiare. La nostra prigioniera aveva l’aria di essere debole, ma il suo viso era troppo familiare, e quel suo odore la rendeva strana. Pericolosa, persino.
Il suo odore libera la mente dalla Bestia… come può essere, questo, pericoloso?
Quella volta ringhiai davvero. C’era qualcosa che non quadrava; la magia era vicina.
Mi fermai di scatto, scuotendo la nostra prigioniera con forza. Lei si morse il labbro, ma non proferì parola.
«Piano!» mi ammonì Ivar quando afferrai il mento della ragazza.
«Chi sei?»
Lei non rispose, ma i suoi occhi presero a bruciare quando incontrarono i miei, guardandomi male. Era molto attraente, anche se un po’ troppo magra. Le sue fattezze erano forti, un po’ troppo forti e selvagge per poter essere considerate bellissime, eppure quella sua bocca ampia, quegli occhi chiari e quei capelli dorati quasi bianchi che le cadevano oltre le spalle la rendevano tremendamente attraente.
«Lars?» mi richiamò Ivar, e fu così che mi resi conto di essermi perso a fissarla.
«Chi sei? Perché sei venuta?» le chiesi ancora, sentendomi completamente inerme di fronte a quel viso deciso e silenzioso. Odiavo sentirmi così. Aveva un viso così familiare… ma dove avrei mai potuto vederlo, prima di quel momento?
«Me lo dirai!» le dissi, scuotendola ancora, ma lei incassò in silenzio un’altra volta. Era più forte di ciò che poteva sembrare.
«Fratello» disse Ivar, di fronte a me. «Qual è il problema?»
«C’è qualcosa che non va» dissi, perché era vero. La mia mente era libera, calma, serena come non era mai stata. Ogni singolo giorno mi svegliavo con un ronzio impossibile da acquietare dentro la testa—certi giorni era così forte da non permettermi neanche di pensare. Era sempre lì, anche quando riuscivo a far finta che non ci fosse.
Ma quando avevo sentito l’odore di quella donna, improvvisamente il ronzio era sparito.
Un urlo dalle porte della fortezza mi fece capire che eravamo stati avvistati. Un contingente di guardie prese a marciare verso di noi, senza dubbio per scoprire chi fosse la nostra prigioniera.
Lars, ascoltami bene. Questa mattina ho sentito un uomo urlare dal dolore, disse Ivar dentro la mia testa. E quell’urlo mi ha svegliato. Ho dovuto toccare più volte le mie labbra, controllare tra i miei ricordi, per assicurarmi di non essere stato io ad emettere quel suono.
Strinsi con forza le labbra. Sapevo benissimo a cosa si stesse riferendo. Con ogni nuova Luna, altri guerrieri perdevano completamente la testa a causa della maledizione che ci era stata inflitta.
Questa donna… c’è qualcosa di speciale, in lei, disse Ivar, accarezzandosi la barba.
«E questo la rende strana» dissi, burbero. Entrambi continuammo a guardare la nostra prigioniera dal viso pulito e dai capelli chiari e selvaggi. La sua fronte prese ad aggrottarsi come se stesse provando dolore, i suoi occhi grigi a guardarci senza riuscire a focalizzarsi su di noi. Fatata… non avrei avuto alcun problema a crederla una fata, arrivata qui da un altro reame.
E alla nostra mercé, adesso, disse Ivar dentro la mia testa. Io mi girai a lanciargli un’occhiataccia. A volte mi convincevo che riuscisse a leggermi nella mente, e non solo a parlarci dentro. Lui alzò le mani in segno di resa e, subito dopo, un gruppo di uomini si avvicinò a noi.
«Lars, che cosa hai trovato?» mi chiese uno di loro, di nome Gaul.
Io mi girai a guardarlo con riluttanza, mettendomi tra lui e la donna, come fossi uno scudo. Una parte di me voleva proteggerla… eppure, i miei sospetti e le mie paure l’avevano portata proprio al cospetto delle guardie del Re. Se il Comandante l’avesse ritenuta pericolosa, allora i guerrieri l’avrebbero fatta a pezzi.
Feci in modo che la mia voce lasciasse le mie labbra con leggerezza e tranquillità. «Un fiore dal buonissimo odore. Ivar ed io l’abbiamo trovato a sbocciare proprio accanto al castello del Lord.»
«Ora che lo dici, ha davvero un buon odore» disse Gaul, ridacchiando. «Che cosa è?»
«Una creatura fatata» dissi io, scrollando le spalle, e i guerrieri risero.
«Non è una creatura. È una donna» disse Ivar, usando la sua voce ancora una volta. E, al suono della sua voce, la donna si girò immediatamente a guardarlo.