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Kyros Cleyton era ormai seduto da dieci minuti al tavolo d’angolo del Tom’s Bar, sulla 57esima, e iniziava a essere irritato. Alex Benjamin, l’assessore che avrebbe dovuto incontrare, era in ritardo e Kyros non amava aspettare. Fece un segno con la testa a Takis, il suo luogotenente, e si alzò. Si aggiustò la cravatta, affettando una calma che non sentiva, e si avviò a lunghi passi verso l’uscita.
Il Tom’s Bar era stato scelto perché era un posto riservato: luci soffuse, conti salati e musica abbastanza alta da rendere difficili le intercettazioni. Ed era pieno di gente ubriaca, che non si sarebbe ricordata nulla dei due uomini che parlavano in un agolo. Se ci fossero stati due uomini a parlare in un angolo, pensò Kyros, facendo un sforzo per non digrignare i denti.
Quella mezza sega di Benjamin si era permesso di farlo aspettare come se fosse uno qualunque dei suoi elettori.
Kyros era quasi alla porta quando fu abbacinato all’improvviso da un flash. Fece uno scatto indietro, finendo addosso a una ragazza che stava tornando a un tavolo con tre bicchieri in mano. Almeno uno di quei bicchieri si rovesciò sulla sua cravatta e sulla sua camicia scura, tutto il resto finì nella scollatura della ragazza e per terra.
«Scusa» borbottò Kyros.
La ragazza sollevò su di lui due occhi blu e insolenti. «Be’, che cazzo...» iniziò.
«Kyros, ci sono i fotografi» sibilò Takis, avvicinandosi e stringendogli un braccio.
Kyros chiuse gli occhi, espirando lentamente. Tornò a guardare la ragazza. Capelli biondo platino raccolti in un nodo disordinato, labbra lucide e sfrontate, un bel nasino, un tubino nero molto corto e le tette tutte bagnate di superalcolici. Era evidentemente incazzata, ma stava anche per scansarlo e tornare al suo tavolo.
Kyros la prese per la vita con nonchalance e le rivolse un sorriso freddo. «In risarcimento per i tuoi drink ti offro una piccola avventura e un paio di centoni, se ti fai fotografare con me dai bastardi qua fuori e mi accompagni fino alla macchina».
La ragazza gli lanciò uno sguardo calcolatore, ma non cercò di scrollarselo di dosso. Kyros aggiustò la sua stima iniziale: non era una “ragazza”, era una donna sulla trentina. Ancora meglio, non sarebbe nemmeno sembrato uno che andava con le ragazzine.
«Chi saresti tu?».
«Kyros Cleyton».
Lei diede un colpo di sopracciglia e lui vide bene di sospirare. «Sono innocente».
La biondina gli rivolse un sorriso di scherno. «Sì, come no. Be’, io sono Grace Willis». Rise e gli passò una mano attorno alla vita, seguendolo tra i tavoli verso l’uscita. «Di’ al tuo amico di avvisare le mie amiche».
Kyros fece un cenno a Takis, che si spostò silenziosamente verso il fondo del locale.
Poi smise di prestare attenzione alla faccenda e si concentrò sui fotografi fuori. Erano solo due o tre, per fortuna. Si chiese se Benjamin l’avesse venduto alla stampa. In quel caso poteva iniziare a cercarsi un nuovo lavoro, forse anche una sedia a rotelle.
Quando uscirono dal Tom’s Bar i fotografi scattarono. I flash abbagliarono di nuovo Kyros, che aveva gli occhi sensibili. «Cristo...» borbottò. Sbatté le palpebre. «Okay, ragazzi... che cosa volete?».
«Chi è la signorina?» fece uno.
Kyros rise senza allegria. «Ti piacerebbe saperlo. Dai, spostatevi, ormai avete scattato».
«È la sua ragazza, signor Cleyton? Devono toglierla da quella classifica?».
Lui inarcò un sopracciglio. «Quale classifica?» chiese. Voleva solo che quegli avvoltoi scomparissero dalla sua vita, ma il suo avvocato gli aveva detto che se faceva il simpatico era meglio per tutti.
«Quella dei criminali più sexy di N.Y.» rispose il fotografo. «Ma se non è più single...»
Kyros gli rivolse un sorriso brillante. «Amico... così mi offendi. Ti sembro un criminale? Ma sul sexy non c’è niente da dire, è innegabile. Fai sì con la testa, amore».
La biondina rise e gli strizzò una chiappa. «Andiamo, sexy-innocente. Ho le tette tutte bagnate».
La sua frase shock confuse i fotografi abbastanza a lungo perché loro riuscissero a superarli e andare verso la berlina nera che si stava accostando al marciapiede proprio in quel momento. Kyros si sciolse dall’abbraccio e aprì galantemente la portiera alla sua complice. Mentre lei entrava notò che aveva uno stacco di gambe del tutto rispettabile, anche se terminavano in un paio di anfibi di vernice un po’ troppo vistosi per i suoi gusti. Ma sulla carne in quanto tale non aveva proprio niente da dire. Quella Grace aveva una gran bella figura, snella e soda. Scivolò a sedere accanto a lei e chiuse la portiera.
«Tra l’altro è anche vero» disse, battendo sul vetro divisorio per indicare a Jim che poteva partire, «hai le tette tutte bagnate».
Si voltò per guardarle alla fioca luce interna dell’abitacolo. Tette piccole e sode, niente reggiseno, capezzoli duri per il freddo o per chissà quale motivo al di sotto della stoffa elasticizzata del vestito. La pelle chiara di Grace era lucida di alcool, il vestito aveva una macchia fradicia al centro.
«Già. Ce l’hai un fazzoletto?».
Kyros le allungò quello che aveva nel taschino. La biondina lo usò per asciugarsi e nel farlo gli mostrò praticamente tutta la mercanzia.
Kyros tirò fuori dal portafogli duecento dollari e li posò sul sedile accanto a lei. «Ogni promessa è debito, Grace Willis. Posso lasciarti qualche isolato più in là oppure portarti a casa con me. Ma non se devo pagare anche per quello».
Lei rise. «Guarda che sono una fotografa, non una escort». Ma non sembrava offesa. Ora che Kyros ci faceva caso, invece, sembrava parecchio sbronza. «Facciamo una cosa: mentre andiamo a casa tua me la lecchi. Se mi convinci entro con te».
Anche Kyros rise – e quasi strozzò. «Scusa, forse non ho capito. Vuoi che ti lecchi la passera? Ora? Nella cazzo di macchina?».
«Mh» fece lei. «Avessi con me la macchina ti scatterei anche qualche foto... scommetto che me le comprerebbero al volo».
«Quanto accidenti hai bevuto?».
Lei rise di nuovo. «No, sono proprio così. Allora?».
«Che cazzo» concluse lui, stringendosi nelle spalle. Si sfilò la giacca e si slacciò i polsini della camicia, per poi spegnere la luce di cortesia. Jim continuava a guidare come niente fosse, ma ovviamente aveva sentito tutto. Kyros scivolò in ginocchio tra i sedili anteriori e posteriori. Quella matta si stava slacciando una scarpa. Se la tolse e si sollevò il mini-vestito fino a raggiungere l’elastico dei collant. Kyros la vide tirarseli giù alla luce incerta del Williamsburg Bridge. Sotto aveva un paio di slip neri piccolissimi. Kyros li prese per le fettucce laterali e tirò giù anche quelli.
La pazzoide che aveva caricato aveva la fica rapata e un tatuaggio che le arrivava fin quasi alle grandi labbra. Be’, che cos’altro si aspettava?
Le appoggiò le mani sull’interno delle cosce e gliele allargò un altro po’. Sentì l’odore della sua fica, salato e inebriante. Avvicinò il naso alla sua fessura e le sfiorò la punta del clitoride, che le spuntava dalla fichetta come una piccola lingua dispettosa.
Dopo averla annusata (gli stava già venendo duro) le allargò le grandi labbra con le dita e iniziò a leccarla. Era umida, ma non fradicia. Con un sospiro mentale Kyros pensò che forse doveva davvero impegnarsi, dopo tutto. Che forse, dopo tutto, quella tizia evidentemente spostata non gli avrebbe dato anche il resto se non fosse rimasta soddisfatta dalla sua performance.
Le succhiò il clitoride e iniziò a titillarlo delicatamente in punta di lingua. Delicatamente per quanto lo permettessero le circostanze, visto che la macchina continuava ad andare, ogni tanto Jim frenava e l’asfalto non era sempre liscio.
Kyros continuò a stuzzicarla per un bel pezzo, senza ottenere neppure uno straccio di sospiro di incoraggiamento, poi decise che era il momento di darsi un aiutino. Le infilò dentro un dito e sentì che era umida anche dentro. Anzi, dentro era proprio bagnata. Le mise dentro un altro dito, per poi spalmarle i suoi umori anche dietro. Un istante dopo la penetrava nel bocciolo duro del culo. Questa volta ottenne almeno un accenno di gemito. La succhiò più forte e la mordicchiò tutta, strofinandole la faccia tra le grandi labbra. Le accarezzò rudemente il clitoride con la parte ruvida della lingua, fino a farla gemere di nuovo. Ormai il suo cazzo era così duro da fargli male. Gli sbatteva contro la cucitura dei pantaloni ed era davvero fastidioso. Inoltre voleva scoparsela ogni secondo di più. Ma non una semplice scopata tranquilla, no. Voleva riempirla di cazzo fino a farla gridare di piacere – o comunque finché non avrebbe gridato di piacere lui.
In quel momento Grace lo prese per i capelli senza tante cerimonie e gli premette contro la propria fica, muovendo i fianchi come durante un amplesso. Tyros la leccò disperatamente, tipo cane, e la sentì pulsare contro le proprie labbra. Un secondo più tardi un fiotto di liquido salato gli sprizzava sulla lingua. Kyros leccò tutto via, rendendosi conto che la puttanella svalvolata squirtava anche. Era una specie di sogno porno diventato reale e Tyros iniziava a essere così arrapato da piangere.
Si disse di restare calmo e di aspettarsi il peggio. Grace Willis era chiaramente matta, avrebbe potuto anche cercare di accoltellarlo, una volta in casa. Kyros pensò che onestamente se ne fregava.
Scostò la faccia e si asciugò la bocca con il braccio. «La signorina è soddisfatta?» chiese.
Lei si tirò di nuovo su gli slip. «Date le circostanze è stato un buon cunnilingus» concesse. Gli sistemò i capelli e gli scavalcò la testa con una gamba.
La vide allungarsi contro lo schienale, rilassata e soddisfatta. Allungò una mano accanto a sé come se cercasse qualcosa e per un attimo Kyros si illuse che cercasse il suo uccello. Non era così. Grace imprecò tra i denti e disse: «La mia cazzo di borsa».
Kyros tornò a sedersi sul sedile posteriore e cercò di aggiustarsi il pacco. «Sarà rimasta da Tom’s».
«Già. C’erano dentro le mie sigarette». Sollevò lo sguardo verso il vetro divisorio. «Ehi, autista? Non potresti mica accostarti, quando vedi un distributore automatico?».
«Pensi di comprartele con un pezzo da cento?» ridacchiò Kyros.
«Penso che me le comprerai tu con la carta di credito. In cambio puoi scoparmi nel culo. Patto fatto?».
Kyros cercò di nuovo di aggiustarsi il pacco e annuì. Se anche lei l’avesse accoltellato ne sarebbe valsa la pena.
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Finalmente Jim si fermò nel vialetto della sua grande casa a Brooklyn Heights. Sbloccò le portiere e Grace quasi ruzzolò fuori. Si raddrizzò e si aggiustò il vestitino, lanciando un’occhiata tutto attorno.
Kyros scivolò giù dal sedile dietro di lei e le fece segno di seguirlo. Aprì la porta di noce e la precedette nel salotto elegantemente arredato.
«Sei tutto solo, qua?» chiese.
«C’è il personale» spiegò lui.
Grace gli rivolse un sorriso divertito. «Quindi non puoi scopare sul tuo stesso divano?».
Kyros la spinse proprio sul divano. Fu una spinta quasi gentile, unita a uno sbuffo estenuato. Grace ridacchiò e si mise a quattro zampe. Sì, era decisamente un sogno porno, confermò lui.
Le andò alle spalle e le sollevò di nuovo il vestito. Dopo tutta la faccenda del c*********s non aveva nessuna voglia di perdere tempo in preliminari, ma pensò che almeno poteva avvertirla.
«Tesoro... potrei essere un po’ brusco» le disse.
Lei si abbassò i collant e gli slip a mezza coscia. «Sbattimi per bene» lo incoraggiò.
Kyros se lo tirò fuori e tirò fuori anche un preservativo. Quella tizia era matta, ma lui no, grazie tante. Si prese il cazzo in mano e vide che aveva la cappella quasi viola, già del tutto esposta. E le palle iniziavano a fargli male. Si insacchettò scrupolosamente e le sputò sul buchetto posteriore, che era stretto e bruno, e non aveva per niente l’aria vissuta che si aspettava.
Ci appoggiò sopra la punta del glande e iniziò a spingere piano. Non era così stupido da pensare che fosse una cosa gentile, anzi. Sapeva che le stava facendo male e l’idea lo faceva godere.
«Oh, sì... fammelo sentire tutto» sospirò lei, iniziando a sgrillettarsi.
«Cristo» ansimò Kyros. Finì di entrarle dentro e guardò il risultato. Il suo cazzo la allargava tutta e le chiappe di lei, ai due lati, erano tonde e sode, color avorio. La prese per i fianchi e si sfilò del tutto. Vide il suo buchetto che pulsava, dilatato, richiudendosi subito. La penetrò di nuovo, facendola gridare. Iniziò a stantuffarle dentro, affondandole nel culo fino all’osso. Le sue palle le schiaffeggiavano la fica a ogni spinta e Grace gemeva e singhiozzava, continuando a sgrillettarsi. Kyros non aveva idea se stesse godendo o meno, ma lui stava godendo, questo era certo. Stava godendo orrendemente, sentendoselo stritolare da quel culetto stretto e fantastico, su quel corpo fantastico, appartenente a quella tizia fantasticamente arrapante...
Come a confermare quest’ultimo pensiero, Grace stessa iniziò a muoversi, a quel punto, piantandosi da sola sul suo uccello e dimenando il sedere.
«Ora ti faccio male» ansimò Kyros.
«Fammi male» lo incoraggiò lei.
Kyros accelerò ancora, infilandole anche un dito nella fica. Quella puttanella era fradicia, segno che farsi inculare rudemente le piaceva.
Sospirò, sentendo che non poteva trattenersi un secondo di più. Il cazzo gli pulsava e stava per eiaculare, lo sentiva arrivare.
Graffiò quelle chiappe sode, emettendo un vocalizzo spezzato. Grace si sgrillettò più energicamente e squirtò sul suo divano mentre lui finiva di aprirla in due o quasi. Le venne dentro in tre lunghi getti, quasi dispiaciuto di avere addosso un preservativo. Gli sarebbe piaciuto vedere il proprio sperma sulle sue natiche. Le rimase dentro ancora un paio di secondi, sentendo il suo buchetto che pulsava e lo stringeva.
Si sfilò con una certa cautela. Pulsava ancora, lievemente divaricato. Un istante più tardi era di nuovo stretto e chiuso, anche se decisamente più gonfio e arrossato di prima.
«Cristo» ripeté Kyros, sedendosi sul divano. Si liberò del preservativo, lo annodò e lo appoggiò sul tramezzo. Durante il sesso doveva essersi allentato la cravatta senza neppure accorgersene, ora la slacciò del tutto. Grace si stese su un fianco, con il vestito ancora sollevato e la biancheria abbassata, rivolgendogli un mezzo sorriso. Il mascara le era colato un po’ sulle guance e i suoi capelli color platino le ricadevano tutto attorno alla faccia.
«Tutto okay?» le chiese.
«Mh... mi piacciono gli uomini egoisti, sono ottimi amanti». Si portò un ginocchio quasi alla bocca per riuscire a sfilarsi la prima scarpa. Un attimo dopo toccò alla seconda, poi si sbarazzò anche si collant e slip. Per ultimo si sfilò il vestitino, restando nuda.
Kyros la guardò con una certa ammirazione. Era snella, soda, con le tette piccole e tonde e le gambe lunghe. Aveva un tatuaggio sulla pancia, che scendeva fino al sesso. Si allungò per guardarlo. «Una piovra?».
Lei rise. «Cthulhu, veramente».
«Sarebbe?».
Grace si voltò in modo da fargli vedere meglio. Kyros vide anche la sua fichetta rapata e un po’ dischiusa, ancora umida dei suoi umori.
«Cthulhu, la divinità blasfema, uno dei Grandi Antichi, adorato da popolazioni degenerate e selvagge...»
Kyros aggrottò le sopracciglia. «Roba satanica?».
Grace rise di nuovo. «Roba letteraria, caro il mio uomo innocente. Che faccio? Mi rivesto e sloggio oppure ti spogli anche tu e mi sbatti di nuovo?».
«Dovresti farla, la escort» considerò lui. «Sul serio, faresti un sacco di soldi».
Grace gli tirò un calcetto. «Guarda che non sono una morta di fame, cafoncello. Se voglio guadagnare mille dollari in un’ora mi basta passare dall’altro lato della macchina fotografica».
Lui finì di slacciarsi la camicia e la appallottolò. Si liberò delle scarpe stringate e si alzò per togliersi anche pantaloni e boxer.
«Andiamo in camera da letto» le disse, tendendole la mano. Grace gli lanciò un’occhiata valutativa, soffermandosi un po’ di più sul suo uccello, che iniziava a essere di nuovo ingrossato.
«Be’, mi piacciono anche gli uomini con il cazzo lungo, in effetti» sospirò, prendendo la sua mano e tirandosi su.
Mentre la precedeva su per le scale Kyros si vide nello specchio a figura intera nell’atrio. A trentanove anni era ancora all’apice della sua forma e dentro di sé credeva di meritarselo tutto, il posto nella classifica dei criminali più sexy di New York. Aveva un bel fisico slanciato, le spalle larghe e i fianchi stretti. Aveva la faccia lunga e il naso a becco, ma in un modo affascinante – così dicevano – oltre che i capelli di un castano scuro appena spruzzato di grigio, folti e con un taglio corto che gli donava.
«Oltre che gli uomini vanitosi» lo prese in giro Grace, dandogli uno schiaffo sul sedere.
Lui le pizzicò un capezzolo, per poi spingerla su per le scale. «A me invece piacciono le puttanelle affamate di cazzo. Sarò banale. Passi spesso serate del genere?».
«Solo quando me lo chiedono gentilmente come hai fatto tu» lo prese in giro lei.
Kyros la guidò fino alla sua stanza, ma pensò che arrivare fino al letto fosse inutile. La prese per un braccio e la spinse giù. Quando lei fu in ginocchio, molto semplicemente, le fece aprire la bocca con le dita e ci infilò dentro l’uccello. Grace lo succhiò con espressione quasi pensierosa, bagnandolo tutto di saliva in modo perfetto.
Kyros la prese per i capelli e le guidò la testa sulla propria erezione. Cercò di infilarglielo dritto in gola, ma lei non gli diede la soddisfazione di strozzarsi né di tossire. Invece continuò a succhiarglielo in modo perfetto, prendendolo quasi tutto e stringendogli le chiappe con le mani mentre lo faceva.
Kyros ansimò e si rese conto che stava già per venire. Quello che lei gli stava facendo con la lingua, stuzzicandogli il frenulo e il buchetto dell’uretra era... non riuscì a finire il pensiero. Grace iniziò a massaggiargli i testicoli, poi a succhiarli, poi tornò a occuparsi del suo cazzo, scappellandolo con le labbra... la sua mano risalì lungo l’asta, masturbandolo, e Kyros le venne in bocca. Dopo il primo spruzzo, per puro dispetto, si scostò e le venne in faccia, poi sulle tette. Il suo sperma le gocciolò nel solco tra i seni e una goccia si fermò proprio in cima a uno dei suoi capezzoli.
Kyros barcollò e si appoggiò alle spalle di lei con le mani.
Grace mugolò e gli strofinò la faccia sull’uccello ancora gocciolante.
«Cristo» borbottò lui, per l’ennesima volta. «Cristo, sei...»
Lei gli fece l’occhiolino, rialzandosi. «Un po’ troia. Mi piace così. Vado un attimo in bagno».
Kyros si limitò a indicarle la porta.
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Quando lei tornò in camera da letto Kyros era steso sul materasso a pancia in su, semi-addormentato. Aveva una mano sopra all’uccello, in una posizione quasi protettiva.
Grace salì sul letto e si mise a cavalcioni su di lui.
Kyros guardò il suo corpo sodo e flessuoso, il tatuaggio sulla sua pancia e la sua fica rapata che, in quella posizione, era leggermente aperta.
«Non lo so se ce la faccio la terza volta» ammise, titillandole il clitoride con la punta delle dita.
«Ce la faccio io» replicò lei. «Passami un preservativo».
Poi si rivoltò con un guizzo e cominciò a leccarglielo. Ma no, dire che glielo stava leccando non descriveva nemmeno un decimo di quello che stava facendo. A ogni leccata si strofinava tutta su di lui, accarezzandogli una guancia con l’interno della coscia. Kyros sentiva l’odore della sua fica e la vedeva davanti a sé, bagnata e dischiusa, ma non riusciva ad arrivarci con la bocca. Nel frattempo lei lo succhiava e lo masturbava.
Quando fu abbastanza duro (poco dopo) gli infilò un preservativo e tornò a sedersi a cavalcioni su di lui. Kyros la guardò muoversi all’amazzone, vide il suo uccello che le entrava in quella fichetta stretta e bagnata e vide le mani di lei, che si accarezzavano i seni e il clitoride.
«Cristo» ansimò (non riusciva a dire altro, quella sera) e iniziò a sgroppare sotto di lei, più o meno con le sue ultime forze.
Grace si passò una mano dietro alla schiena e si piegò lievemente all’indietro per raggiungere i suoi testicoli. Li strinse e Kyros iniziò a venire. Gli sembrò di eiaculare fuoco liquido, a quel punto, e gridò tutto il suo tormento. Grace gli squirtò sui peli dell’uccello, sgrillettandosi energicamente.
Piombò su di lui, circondandogli la vita con un braccio e sospirando.
Kyros le spostò il braccio.
«Stanotte puoi restare, se vuoi, ma non abbracciarmi, non lo sopporto».
Grace si limitò a sbadigliare e a rotolare più in là.