3.

2873 Words
3. «Quindi ora hai capito perché è fichissimo, giusto?» disse Amy all’ora di pranzo. Calo aveva riportato tutto a lei e a Diaz. In ogni dettaglio. Tony si grattò la nuca, a disagio. «Ho capito che devo ricordarmi di fare il bucato, questo è certo». Diaz le fece un largo sorriso. «A noi piaci così, un po’ distratta». «Qualcuno gli trovi una donna, prima che inizi a molestare i passanti. Ah, no, aspetta. Lo fa già». «Sei troppo dura con me, Darren» sospirò lui. Amy gli tirò una gomitata prima che potesse fare qualche stupido gioco di parole con “dura” e “duro”. «Comunque penso che dovremmo sbrigarci» disse Calo. «Quanto pensate che ci metta Reich ad aggiornare il comandante?». Amy spostò da una parte il proprio vassoio. «Andiamo». «Non pensi mai di esagerare un pochino, con questa storia di Reich?» le chiese Diaz. «No». «Seriamente, non pensi che possa esserne vagamente imbarazzato?». «No. È così fantastico da accettare la mia venerazione senza mai un segno di irritazione. Quindi o la cosa gli è indifferente o gli piace persino». «Non lo so...» Diaz sembrava piuttosto dubbioso, ma Calo gli fece segno con la testa di lasciar perdere. In quanto a Tony, non era ancora abbastanza intima con Amy per dirle che in effetti a nessuno piace avere una sorta di fanatica come lei sempre addosso. Ma poi... che cosa ne sapeva? Magari a qualcuno piaceva pure. Magari a Reich piaceva pure. Capire che cosa gli frullasse nel cervello non era così facile. +++ Lo trovarono nel suo ufficio che scriveva qualcosa al computer. Sollevò lo sguardo su di loro e disse solo: «Sì, cominciamo tra cinque minuti». Meno di tre minuti più tardi usciva nella sala comune e voltava un foglio della grande lavagna portablocco che era in un angolo. «Cerchiamo di riunire tutti i fatti. Poi qualcuno li scriverà in un documento interno dell’unità. In questo caso non voglio che restino fogli in giro. Introdursi in queste stanze è fin troppo facile». Calo inarcò un sopracciglio, perplesso, ma non commentò. «Posso anche iniziare per primo» disse. «L’unica cosa che ho da riferire è di aver trovato il suo corpo. Non sono riuscito a parlargli». «Già. Ma sapeva che qualcuno sarebbe andato a parlargli. Aveva intenzione di fare rapporto al sergente Cahill». «Capisco quello che intende, signore. Ieri voleva fare rapporto e oggi si toglie la vita. Nel frattempo dev’essere intervenuto qualcosa. O forse no. A volte la gente si scoraggia all’improvviso e decide di lasciare perdere e basta». Reich lo osservò in silenzio per qualche istante, pensieroso. «Non posso darle torto, agente Calogero. E però... bene, procediamo con ordine. Diaz?». Diaz scosse la testa. «C’è parecchia omertà. Anche tra il personale civile non c’è nessuno che ammetta di aver visto Cahill prendersela con Perez in particolare. Eppure quello che ha scritto nella sua segnalazione è piuttosto circonciso». «Circoscritto?». «Mh. Già, quello. Insomma, qualcuno avrebbe dovuto farci caso. Forse ora che si è ammazzato ci diranno qualcosa di più...» «LeRoy?». Per prima cosa Amy arrossì. Poi disse: «Ho cercato di capire che cosa ne pensassero di Perez i suoi commilitoni. Non è stato facile, senza parlare di lui in modo esplicito. Ma penso che non godesse di grandi simpatie, signore. I più gentili erano indifferenti, gli altri lo consideravano... come Cahill, suppongo. Un debole. Un finocchio. Uno che non avrebbe dovuto essere qua. Non l’hanno detto esplicitamente». Si tirò indietro i capelli, accaldata. «Ho usato un piccolo trucco, per spingerli a parlare di lui. Visto che Perez aveva un brevetto da subacqueo – l’ho letto sul suo profilo – ho chiesto se conoscevano qualcuno che potesse aiutarci a recuperare qualcosa dal Tres. Delle prove. Non sono scesa nello specifico». «Buona idea, LeRoy». Amy diventò ancora più rossa. Sembrava sul punto di avere un infarto, ma Reich ignorava la cosa con una tale determinazione da contagiarli. Neppure Diaz osava ridacchiare. «Insomma, la maggior parte dei soldati con cui ho parlato mi ha indicato un altro tizio con il brevetto da sub, ma due o tre mi hanno parlato di Perez. Gli ho chiesto se fosse un tipo affidabile e la risposta è stata “no”, senza mezzi termini. A quanto pare ha fatto un casino con un ambasciatore. Però ho pensato... una gaffe diplomatica non significa che poi uno non sappia immergersi, per dire. Una commilitona di Perez mi ha detto che era goffo, per questo lei non si sarebbe affidata a lui. Che non era cattivo, ma non si poteva contare su di lui». «Quindi, diciamo, il contesto in cui il soldato Perez si trovava le fanno sembrare credibile l’ipotesi che si sia tolto la vita. Non aveva nessuno dalla sua parte». Amy annuì – e arrossì. «Sì, infatti». «Ho già ascoltato il rapporto di Darren. In buona sostanza conferma quanto scoperto da LeRoy, aggiungendo un ulteriore tassello: i compagni di Perez sono conquistati da Cahill. Gli sembra un personaggio da film, rispecchia il genere di soldato che vorrebbero essere. Sono reclute... pensano ancora che non ci sia niente di meglio dell’odore di Napalm al mattino. Ha qualcosa da aggiungere, agente?». «Non su quella parte, signore». Reich sbuffò. «Già. Ora ci arriviamo. La scena del crimine. Stiamo aspettando i rilievi. Nel frattempo: Perez è stato trovato impiccato nei bagni degli alloggi della sua unità. Quando sono arrivato la sua temperatura corporea era quasi pari a quella ambientale, forse solo leggermente più alta. Visto che ci sono trentadue gradi non penso che sia molto significativo. Il rigor non aveva ancora iniziato a instaurarsi. Anche in questo caso... è caldo. In teoria questo dovrebbe ritardare il momento in cui le membra si irrigidiscono. Sull’ipostasi non saprei che cosa dire. Mi è sembrato il tipico impiccato. Credo che sia morto in mattinata, non prima. Può darsi che quando Calogero l’ha trovato fosse passata un’ora o due, ma dubito che sia successo prima dell’alba. In poche parole... sì, è possibile che nessuno si fosse ancora chiesto dove fosse. Dato il clima nei suoi confronti, no?». «Sì, chiaro» disse Calo. «Poteva essersi presentato all’appello e poi essersi dileguato. Nessuno ha fatto caso a lui, dato che non avevano particolari mansioni, oggi». «Esatto. In quanto alla cintura che ha usato, molto probabilmente era la sua. Il tubo era a un’altezza elevata, ma poteva riuscire a lanciare la cintura sopra di esso, mettendosi in piedi sul water. Suppongo che anche lei abbia notato che il coperchio era alzato, agente Darren?». «Sì, signore. Di per sé non significa nulla, ma se dovessi impiccarmi... be’, immagino che lo chiuderei. È più comodo». Prese fiato. «C’è un’altra cosa». «Sì?». «Non sono un’esperta, ma... un impiccato scalcia. Così dicono». «Glielo confermo. E ha ragione: sulle pareti del cubicolo non ci sono segni di suole». Ci fu qualche secondo di silenzio, mentre tutti riflettevano sulla cosa. Il primo a formulare un’ipotesi fu Calo. «Supponendo che non sia un suicidio, Cahill non sembra il sospetto più probabile». «No?» fece Amy. Reich sorrise lievemente. «L’abbiamo pressato un po’. Suppongo che gliel’abbiano detto. Credo che sarebbe stato più... cauto, se fosse stato coinvolto. Non è uno stupido. Sa quando fermarsi, anche se credo che decida raramente di farlo». Si voltò e guardò la lavagna di carta. Era bianca come all’inizio della riunione. «Mi sono dimenticato di scrivere» ammise, un po’ scornato. «Ho preso appunti» disse Diaz. «Ne sono sollevato. Può trascriverli? Dopo qualcuno li epurerà da tutti i lapsus dovuti alla sua... corrente condizione, agente». Ci furono diverse risatine. Diaz incrociò le braccia. «Ho dei bisogni, non c’è niente di male». Il sorriso di Reich fu particolarmente blando. «Chi non ne ha». +++ Quel pomeriggio iniziarono a interrogare i commilitoni di Perez. Lo fecero a coppie, come da manuale, e Tony e Calo si assegnarono il ruolo di sbirro buono e sbirro cattivo, ancor più da manuale. Ciò nonostante, capirono presto che sarebbero serviti degli espedienti più raffinati, perché i commilitoni di Perez erano sfuggenti, quando non esplicitamente ostili. Durante l’ultimo interrogatorio entrò nella stanza anche Reich, facendo subito segno a tutti di restare seduti e continuare. «Soldato Makis, stiamo solo cercando di capire» riprese a parlare Calo, come se il loro superiore non ci fosse. «La morte di Perez è un fatto grave. Le forze armate non vogliono pubblicità di questo tipo. È importante che capiamo come fosse, per farci un’idea del perché l’abbia fatto». «Era... ma non lo so. Non era nulla di speciale. Non gli ho mai parlato molto. Non so perché si sia ucciso». «Sappiamo che alcuni lo prendevano in giro». L’altro fece il finto tonto. «Mah, non saprei. Sa com’è... si scherza». «Veramente stiamo parlando di scherzi pesanti. Sfottò. Pensa che fosse omosessuale?». Lui si strinse nelle spalle. «Non lo so. Sul serio. Non è una cosa che chiedi. Non gli hanno fatto l’autopsia?». Calo si limitò a sbattere le palpebre, perplesso. «Che cosa c’entra, scusi?» intervenne Tony. Reich si appoggiò sullo schienale della poltrona di Calo. «Già. Interessa anche a me». «Mah, non so. Si vedrà, se uno è omosessuale, no? Se, insomma, aveva certe abitudini». Reich posò entrambe le mani sulle spalle di Calo. Era un gesto casuale e assolutamente casto, ma aveva anche qualcosa di intimo e affettuoso. «Ah, il culo rotto, intende? Non lo so. Si vedrà?». «Makis, se vuole prenderci in giro...» iniziò Tony, nel frattempo. Si interruppe quando la frase di Reich le arrivò al cervello. «Starà scherzando, signore» disse. Lui fece un’espressione innocente. «È una mia interpretazione. Ho ragione, Makis? È quello che intendeva? Che dai e dai alla fine si vedrà se hai il culo rotto oppure no?». «Ehm... non lo so, signore. Pensavo che ci fossero... dei modi di capirlo». Continuava a guardare da lui a Calo e iniziava a sudare. «Dei modi. Fisici. Be’, è interessante, ma in questo momento le sue paranoie non ci riguardano. Diciamo che Perez fosse gay. Ipotizziamolo. Crede che l’esercito non sia un posto da froci?». «Cioè... dipende. Ma non so se fosse...» «Sì, l’ha già detto. Ma avrà sentito mentre lo chiamavano frocio, no? Mentre gli dicevano che l’esercito non è il posto per gente come lui. L’ha sentito?». «Sì» ammise Makis. Reich sorrise e diede un paio di pacche soddisfatte su una spalla di Calo, prima di allontanarsi e riprendere a girellare per la stanza. «Molto bene. Ci dica i nomi» usò il vantaggio conquistato Calo. Poco più tardi Makis usciva dalla stanza, tutto sudato e leggermente tremante. Reich si lasciò cadere al suo posto. «Mi innervosiscono sempre, i buzzurri come lui. E non ho alcun dubbio che i suoi commilitoni abbiano reso la vita di Perez un mezzo inferno. Ma per trovare l’assassino secondo me dobbiamo scoprire due cose: chi aveva una relazione con Perez e che diavolo è successo con l’ambasciatore o quel che era. Siete riusciti ad appurarlo?». «Non con precisione, signore» rispose Tony. «È pazzesco, in effetti. Nessuno sembra ricordare nulla. La mia idea è che uno scherzo dei suoi commilitoni abbia finito per far fare una pessima figura a tutti. E quando dico scherzo intendo...» «...Nel migliore dei casi una molestia, certo. Calogero, lei pensa che fosse gay?». Lui scosse la testa. «Era qua da troppo poco, non lo so. Posso chiedere un po’ in giro». Reich si rialzò. «Mh-mh. Lo faccia. A domani». Dopo che se ne fu andato, dopo che i registratori furono spenti, Tony chiese a Calo: «Ma quindi lui lo sa?». Calo scrollò le spalle. «Sa tutto di tutto, Reich. Ma non gli importa di nulla, o così sembra». «“Etero da matti”» lo citò lei. «Già. Sono gli unici soldati a cui i finocchi non fanno né paura, né schifo». «Non ci avevo mai pensato». «Ma ora ci stai pensando» disse lui, con un sorrisetto malizioso. Sorrise anche Tony. «Magari un po’ sì. Ma dovrei passare sul cadavere di Amy. Oltre che, molto probabilmente, sul suo». «Be’, tu sei più bella». «Di solito non conta, alla fin fine». «Stavo per aggiungere che, però, negli ultimi mesi gli ho visto scansare delle fighe fotoniche. No, penso che abbia... un suo codice deontologico. Chissà quale, eh». «Già. Chissà quale». +++ Quale fosse il suo “codice deontologico” lo scoprì quella sera. Come in ogni base militare, anche nella loro c’era un grande bar. Specie in un paese straniero dalle abitudini così diverse dalle proprie i militari svetlandesi volevano un posto che sapesse di casa. I soldati ci andavano per bere, per scambiarsi pettegolezzi e per uno degli sport più in voga nell’esercito: il sesso occasionale. Le soldatesse in realtà non erano il loro principale interesse, dato che c’erano molte ragazze del luogo molto più esotiche e carine che avevano l’abitudine di frequentare il bar della base, oltre al personale civile. Tony non era particolarmente interessata a fare degli incontri. C’erano stati dei momenti, durante la sua ferma precedente, in cui la tensione era salita così tanto da doverla sfogare in qualche modo. Ma in quei momenti non andavi al bar della base. In quei momenti eri sul campo, in una tenda o in uno scomodo alloggio di fortuna, e tu e uno dei tuoi compagni di unità vi accordavate per un amplesso veloce, scomodo e spesso non molto soddisfacente. No, quella sera Tony era in borghese a bere una pinta e a raccogliere informazioni. Indossava un paio di jeans aderenti e un top nero. I suoi reggiseni erano ancora in asciugatrice e in ogni caso nessuno di essi sarebbe stato adatto, sotto quel top. Avrebbe preferito farsi accompagnare da Amy, ma lei era sparita da qualche parte, Diaz era ancora troppo allupato per portarselo in giro e Calo aveva già degli impegni. Tony andò da sola e si sedette a un tavolo a sorseggiare la sua birra. Inaspettatamente, a un altro tavolo c’era Reich con un suo amico, un caporale dei marine e un tiratore scelto. Stavano semplicemente bevendo una birra e Reich le rivolse un cenno di saluto cordiale, ma nessun invito a raggiungerli. Il suo amico disse qualcosa come “e dai, è una figa” di cui Tony lesse il labiale, ma Reich si limitò a scuotere leggermente la testa e a dire una frase impossibile da decifrare. In ogni caso, presto trovò da chiacchierare con un gruppo misto di marine e si dimenticò di lui. Ne era affascinata, in un certo senso, ma non ne era cotta come Amy. Pensava solo che fosse intelligente, piuttosto belloccio e avesse un modo di fare che le piaceva. Pensava anche che se aveva deciso di stare da solo e limitarsi a fare il suo lavoro non aveva intenzione di tampinarlo. Mentre lei e i suoi nuovi conoscenti bevevano, scherzavano e parlavano del più e del meno lasciò cadere il nome di Perez. Ognuno aveva una sua interpretazione sui motivi del suicidio del marine morto. Nessuno pensava che fosse stato ucciso. Tutti pensavano che fosse stato bulleggiato dai suoi commilitoni. Il problema era che la sua compagnia era arrivata da poco, quindi il tam-tam della base non funzionava ancora a pieno regime, su di loro. Anche se non era riuscita a raccogliere grandi informazioni Tony era abbastanza soddisfatta e stava per tornare nel suo alloggio quando Reno Wyte la individuò all’uscita della toilette. Le andò incontro con una risata, come se si fossero lasciati in ottimi termini. Alle sue spalle, Tony vide che Reich spostava la sua attenzione su di lui, senza tuttavia dimostrare l’intenzione di muoversi. «Ecco qua la mia amica di oggi pomeriggio. Che bella sorpresa! Ti sei un po’ calmata, dolcezza?». Mentre lo diceva Reno la prese per la vita e se la tirò contro. Tony lo spinse più in là. «Non mi toccare. Non sono qua per te». «Che bugiarda. Tutta in tiro e senza reggiseno? Lo so che mi stavi cercando» rise lui, e tornò a stringerla. La spinse contro il muro e le strofinò il pacco contro. Che si comportasse così in pubblico era allucinante, ma nessuno sembrò farci molto caso, forse perché lui rideva e lei avrebbe potuto chiamare aiuto quando voleva. E Tony, ovviamente, era in una di quelle posizioni scomode in cui a volte si trovano le donne: scegliere se fare una scenata o cercare di cavarsela con poche palpate. Lo spinse di nuovo più in là. «Stai lontano». Lui ridacchiò e tornò a spingerla contro il muro. Le baciò il collo e le palpò una tetta. Dietro di lui, l’amico di Reich fece per alzarsi dal tavolo, ma Reich lo fermò posandogli una mano su un polso. Oh, grazie tante. Che bello avere come capo un paladino delle pari opportunità. Emise un lento sospiro e disse: «Ah, piccolo...» Wyte lo prese per un incoraggiamento. Le palpò con tutta la mano il seno che aveva già preso di mira e le strofinò il pacco contro. Tony gli palpò l’uccello al di sopra dei pantaloni. Solo un idiota poteva pensare che lei ci stesse così e che lo toccasse in quel modo in un luogo pubblico, ma Wyte doveva essere davvero idiota. Cercò di scostarsi solo un istante prima che Tony lo afferrasse per i testicoli e stringesse. «Forse non mi sono spiegata». Wyte si era piegato in due e guaiva di dolore. «Non mi interessi e non sono qua per te. Hai capito?». Wyte fece freneticamente segno di sì con la testa. Ormai aveva le lacrime agli occhi. Tony sentiva i suoi testicoli pulsarle in mano e dovette ammettere che la sensazione che le dava strizzarglieli le piaceva. Non a un livello sessuale, oh no, ma a un livello puramente tattile. Li lasciò andare a malincuore e lo spinse un po’ più in là. Andò verso il bancone. L’amico di Reich era in piedi lì davanti e spinse un drink dalla sua parte. «Questo glielo offro io, agente». Lei si rivolse direttamente al barista. «Dell’acqua». «Non se la prenda, maggiore, ma voglio solo sciacquarmi la bocca e andarmene a dormire. E può dire al suo amico che comunque non mi sarei offesa se fosse intervenuto». «Oh, lo so». Tony si voltò di scatto. Reich si stava appoggiando al bancone dietro di lei. Al contrario del suo amico era in borghese, con addosso una t-shirt blu che gli tirava sulle spalle e un paio di jeans che mettevano in mostra un culetto niente-male. Chiese il conto con un gesto della mano. «Ma poteva cavarsela e non volevo disturbare. Credo che stasera fosse qua a fare dello straordinario». Tony fece una smorfia e buttò giù un po’ d’acqua. «In un certo senso. Non è giusto, quello che è successo a Perez. Non oggi. Sa... prima». «No, non è giusto» convenne lui. Lasciò qualche banconota sopra al conto e spostò lo sguardo verso il suo amico. «Resti qua, Vince?». Lui gli rivolse un sorriso sornione. «Visto che la tua sottoposta non mi fa compagnia... dovrò trovare qualcun altro». Reich si massaggiò il ponte del naso. «Be’, allora andiamo, Darren. Mi parli di quello che ha scoperto mentre camminiamo».
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