Aveva abbassato lo sguardo e sotto le ciglia si indovinavano due grandi pupille glauche e pendenti; i denti erano stretti e una familiare contrazione nervosa teneva socchiuse le sue labbra rossa. Quella posa, che avrebbe fatto sembrare volgare un’altra, rendeva lei più affascinante: indicava i suoi tormenti e il suo dolore, scoprendo due piccole file di perle bianche. Si sarebbe venduta l’anima per abbracciare quelle perle, il ritrarsi di quel labbro e quelle gengive che parevano la polpa di una ciliegia matura. Ammiravo la mia amante, mi lasciavo penetrare fino all’ultimo da quei lineamenti adorati per fissarli nel ricordo. Il rumore straziante di quella musica, il fumo aromatico del narghilè, portavano dolcemente verso l’ebbrezza, quella lieve ebbrezza orientale che è annientamento del
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