“Cosa ti porto?” chiese una cameriera starnutendo nella manica della sua ridicola uniforme da pin-up americana. Una ragazza del genere meritava di stare sulla carlinga di un aereo da guerra oppure in una vasca da bagno riempita di rose, non certo in una squallida bettola di periferia. I suoi tacchi sbattevano ritmicamente contro il pavimento coperto di gusci di arachide e mozziconi di sigaretta sporchi di rossetto e si facevano strada con assoluta spietatezza verso la superficie oleosa delle piastrelle iridescenti. Senza rendersene conto, Jimmy si era seduto al tavolo con una pantera di qualche anno più grande di lui, occhi da assassina e scollatura demoniaca sul torace traslucido. Parlava in continuazione e succhiava uno strano liquido azzurro da un bicchiere stretto e profondo, mentre